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Frederick Engels ha predetto più di un secolo fa che il capitalismo, se lasciato libero di agire, avrebbe trascinato la società umana nella barbarie. Lo sviluppo della guerra imperialista durante gli ultimi cento anni ha dimostrato che questa orrenda previsione può realizzarsi. Oggi, il mondo capitalista offre un’altra via per l’apocalisse: il collasso ecologico, che potrebbe rendere la terra inospitale alla vita umana come lo è Marte. Malgrado i difensori dell’ordine capitalista riconoscano che questa è la prospettiva, non c’è nulla di efficace che possano fare per cambiare le cose, perché sia la guerra imperialista che lo scombussolamento del clima sono stati determinati dalla perpetuazione del loro morente modo di produzione.
Guerra imperialista = barbarie
Il fallimento della sanguinosa invasione dell’Iraq nel 2003 da parte della “coalizione” capeggiata dagli Stati Uniti segna un momento decisivo dello sviluppo della guerra imperialista verso la distruzione stessa della società. Dopo quattro anni l’Iraq, invece di essere liberata, è stata trasformata in quello che i giornalisti borghesi chiamano una “società spezzata”. E la situazione in Iraq, così come quella in Libano, in Palestina non sono che parti di un processo di disgregazione che minaccia di inghiottire nuove zone del globo, non escluso le metropoli centrali del capitalismo. Lungi dal creare un “nuovo ordine” in Medio Oriente, la presenza militare degli Stati Uniti ha generato solo più caos.
In un certo senso questa carneficina di massa non è nuova. La Prima Guerra Mondiale del 1914-18 è stata la prima micidiale tappa verso un futuro di barbarie. Con la sconfitta della Rivoluzione dell’ottobre 1917 e delle insurrezioni operaie che ha ispirato nel resto del mondo negli anni 20, si apre la via alla catastrofe del conflitto generalizzato con la Seconda Guerra Mondiale del 1939-45. I civili indifesi delle maggiori città diventano l’obiettivo principale dello sterminio di massa sistematico dei bombardamenti e il genocidio di migliaia e migliaia di esseri umani si attesta nel cuore della civile Europa.
Poi la “Guerra fredda” dal 1947all’89 produce una serie di carneficine altrettanto distruttive in Corea, nel Vietnam, in Cambogia e da un capo all’altro dell’Africa, mentre c’è la minaccia continua di un olocausto nucleare globale fra gli USA e l’URSS.
Quello che c’è di nuovo nella guerra imperialista oggi è che la possibilità della fine dell’insieme della società umana a causa di tale guerra appare ora più chiaramente. Con tutta la loro brutalità e le loro lacerazioni, le guerre mondiali del secolo scorso potevano ancora aprire dei periodi di relativa stabilità. Al contrario, tutti i focolai di guerra della situazione attuale non offrono alcuna prospettiva se non un ulteriore aumento della frammentazione sociale a tutti i livelli, del caos senza fine.
Il deterioramento della biosfera
Mentre rafforza la tendenza imperialista verso una barbarie sempre più evidente, il capitalismo in decomposizione accelera i suoi attacchi contro la biosfera con una ferocia tale da determinare un olocausto climatico che potrebbe anche spazzar via la civiltà umana e la stessa vita sulla terra. Dal rapporto della Commissione Intergovernativa sul Cambiamento Climatico del febbraio 2007 e dallo stesso recente G8, risulta chiaro che la teoria sul surriscaldamento del pianeta dovuto all’accumulazione di elevati livelli di anidride carbonica nell’atmosfera prodotti dalla combustione su larga scala di combustibili fossili, non è più solo un’ipotesi ma una teoria “molto probabile”. Le conseguenze di questo riscaldamento del pianeta prodotto dall’attività umana stanno già iniziando a manifestarsi in maniera allarmante: il cambiamento del tempo ha portato sia alla siccità che a ripetute inondazioni su larga scala, a ondate di caldo mortali nel Nord Europa ed a condizioni climatiche estreme letali per l’agricoltura, il che aumenta rapidamente la carestia, le malattie e gli esodi nel terzo mondo. Naturalmente il capitalismo non può essere incolpato per aver iniziato a bruciare combustibili fossili o per l’azione sull’ambiente di altri modi di produzione con conseguenze impreviste e dannose. Ciò sta accendendo dall'alba della civilizzazione umana.
Il capitalismo è tuttavia responsabile dell’enorme accelerazione del processo di distruzione ambientale. Questo è il risultato della ricerca forsennata di profitto del capitalismo e la conseguente negligenza per i bisogni umani e dell’ambiente, tranne laddove questi coincidano con l’obiettivo di accumulare ricchezza. L’intrinseca competitività fra i capitalisti, in particolare fra gli Stati nazionali, impedisce ogni cooperazione reale a livello mondiale.
Da parte della borghesia solo chiacchiere
I partiti politici della borghesia in tutti i paesi stano virando nelle varie tonalità di verde. Ma le eco-politiche di questi partiti, per quanto radicali possano apparire, nascondono deliberatamente la serietà del problema perché l’unica soluzione ad esso minaccia il sistema stesso di cui questi sono espressione. Il massimo che sanno dire i governi è che “la salvaguardia del pianeta è responsabilità di ognuno di noi”, quando in realtà la stragrande maggioranza degli uomini è privata di ogni potere politico e economico, di ogni controllo sulla produzione ed il consumo, su cosa e come si produce. E la borghesia, che invece ha pieno potere in queste decisioni, riesce sempre meno a soddisfare i bisogni umani e dell’ambiente per salvaguardare il profitto.
Basta guardare i risultati delle precedenti politiche dei governi per ridurre le emissioni dell’anidride carbonica per constatare la completa inefficacia degli Stati capitalisti. Anziché una stabilizzazione delle emissioni di gas serra ai livelli degli anni 90 entro il 2000, sulla quale si erano modestamente impegnati i firmatari del Protocollo di Kyoto nel 1995, alla fine del secolo c’è stato un aumento del 10,1% nei maggiori paesi industrializzati ed è previsto che ci sarà un aumentato del 25,3% entro il 2010.
C’è chi, riconoscendo che il profitto è un potente disincentivo ad un’efficace limitazione dell’inquinamento, crede che il problema possa essere risolto sostituendo le politiche liberali con soluzioni statali ben organizzate. Ma è chiaro, soprattutto a livello internazionale, che gli Stati capitalisti sono incapaci di cooperare su questo problema, perché ciascuno di loro dovrebbe farsi carico dei conseguenti costi economici. Il capitalismo è concorrenza ed oggi più che mai è dominato dalla regola del “tutti contro tutti”.
Per i proletari non tutto è perso, hanno ancora un mondo da conquistare
Sarebbe tuttavia sbagliato rassegnarsi e pensare che la società umana deve necessariamente cadere nell’oblio a causa di queste forti tendenze - di imperialismo e distruzione ambientale - verso una barbarie crescente. Il fatalismo di fronte all’inconsistenza di tutte le mezze misure capitaliste proposte per portare la pace e l’armonia con la natura è sbagliato quanto il credere in queste cure cosmetiche.
La società capitalista, così come ha sacrificato tutto all’ottenimento del profitto ed alla concorrenza, ha anche involontariamente prodotto gli elementi per la propria distruzione come sistema di sfruttamento. Ha generato i potenziali mezzi tecnologici e culturali per un sistema di produzione mondiale unificato e pianificato adattato ai bisogni degli esseri umani e della natura. Ha prodotto una classe, il proletariato, che non ha bisogno di pregiudizi nazionali o competitivi, ma ha tutto l’interesse a sviluppare la solidarietà internazionale. La classe operaia non ha interesse nel rapace desiderio di profitto. In altre parole il capitalismo ha posto le basi per un più elevato ordine sociale, per la sua sostituzione con il socialismo. Il capitalismo sta mostrandosi capace di distruggere la società umana, ma al tempo stesso ha generato il proprio affossatore, la classe operaia, che può preservare la società umana e elevarla a nuovi livelli.
Il capitalismo ha prodotto conoscenze scientifiche tali da identificare e misurare i gas invisibili come l’anidride carbonica sia nell’atmosfera attuale che nell’atmosfera di 10.000 anni fa. Gli scienziati possono identificare gli isotopi specifici dell’anidride carbonica che risultano dalla combustione dei combustibili fossili. La Comunità scientifica ha potuto testare e verificare l’ipotesi dell’effetto della serra. Tuttavia è finita da tempo l’epoca in cui il capitalismo, in quanto sistema sociale, poteva usare il metodo scientifico ed i suoi risultati a favore dell'’evoluzione dell’essere umano. L’insieme della ricerca e delle scoperte scientifiche sono oggi rivolte alla distruzione; all’elaborazione di sempre più sofisticati metodi di sterminio di massa. Soltanto un nuovo ordine sociale, una società comunista, può mettere la scienza al servizio di umanità.
Malgrado i 100 anni di declino del capitalismo e le severe sconfitte per la classe operaia, queste basi per la costruzione di una società nuova sono ancora intatte.
La ripresa del proletariato mondiale dal 1968 lo dimostra. Lo sviluppo della lotta di classe contro la pressione costante sulle condizioni di vita dei proletari nelle decadi successive ha impedito la barbara soluzione prospettata dalla “guerra fredda”: una terza guerra mondiale. Dal 1989 tuttavia e con la scomparsa dei blocchi imperialisti, la posizione difensiva della classe operaia non ha potuto impedire la successione di orribili guerre locali che minacciano di svilupparsi in una spirale senza controllo, estendendosi in un numero crescente di parti del pianeta. Nella fase attuale, di decomposizione del capitalismo, il tempo non gioca a favore del proletariato, specialmente perché c’è la pressione di una catastrofe ecologica che va aggiunta nell’equazione storica.
Dal 2003 la classe operaia ha ripreso la via della lotta con rinnovato vigore dopo il crollo del Blocco dell’Est che determinò un provvisorio arresto della ripresa iniziata nel 1968.
In queste condizioni di sviluppo della fiducia della classe in se stessa, l’incremento dei pericoli derivanti dalla guerra imperialista e dalla catastrofe ambientale, invece di indurre un sentimento di impotenza e di fatalismo, possono condurre ad una riflessione politica maggiore sulla posta in gioco nella situazione mondiale e sulla necessità di un rovesciamento rivoluzionario della società capitalista.
Como 5/5/7
(da World Revolution n°304)