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“Basta!” “Quando è troppo è troppo!” Lo stesso sentimento di rivolta, di rabbia e di esasperazione si diffonde fra le file dei proletari, dalla Gran Bretagna agli Stati Uniti, passando per la Francia e i paesi scandinavi.
Gli attacchi alle nostre condizioni di vita e di lavoro, l’atteggiamento brutale, arrogante e cinico dei governi e dei padroni privati non hanno fatto altro che rafforzare la combattività e la determinazione a lottare.
Questo sentimento domina anche in Quebec, dove lo sciopero ha mobilitato in maniera massiccia i 565.000 dipendenti pubblici della provincia federale (ovvero il 15% della popolazione attiva), di fronte all’aumento dei prezzi e al generale deterioramento delle condizioni di sfruttamento.
Nei paesi centrali del capitalismo, come ad esempio negli Stati Uniti, una parte sempre più grande di proletari si ritrova immersa nell’impoverimento assoluto.
Gli scioperi che hanno avuto luogo per più di un mese nel settore pubblico in Canada, costituiscono la piena conferma della ripresa internazionale delle lotte della classe operaia. Questi scioperi hanno assunto una portata che non si vedeva da più di cinquant’anni, quando l’11 aprile 1972 uno sciopero con occupazione di fabbriche e miniere paralizzò il territorio del Quebec.
Ciò costituisce anche un prolungamento dell’ondata di lotte avutesi negli Stati Uniti, in particolare nel settore automobilistico, dove il sindacato UAW ha alla fine firmato lo stesso accordo in sequenza con Ford, Stellantis e GM, tra il 25 e il 30 ottobre, accordo presentato come una “vittoria” e che ha messo fine a più di un mese di conflitto sociale.
A un livello più ampio, essi confermano la rottura con trent’anni di arretramento e di disorientamento che avevamo evidenziato nel “Rapporto e risoluzione del 25° Congresso della CCI”[1], in cui sottolineavamo che la ripresa della combattività operaia in numerosi paesi, centri economici vitali del capitalismo, ha costituito un evento storico importante.
Una forte combattività
Un fortissimo sentimento di rabbia, determinazione e indignazione si è manifestato per più di un mese nell’ondata di scioperi che ha mobilitato massicciamente il settore pubblico in Quebec, mostrando la fortissima combattività dei proletari.
Ciò in risposta fronte all’atteggiamento provocatorio e arrogante del governo federale nei suoi attacchi contro gli insegnanti e il personale del settore sanitario, con l’obiettivo di inasprire e precarizzare ulteriormente le loro condizioni di lavoro che sono diventate sempre più intollerabili. Il numero di insegnanti che si sono dimessi è raddoppiato in quattro anni (più di 4.000!), mentre la carenza di insegnanti è evidente nelle scuole pubbliche del Quebec, dove le classi sono state chiuse un mese per un milione di studenti. Questa massiccia mobilitazione ha interessato tutti i livelli della professione docente (istruzione primaria, secondaria, superiore), ma anche i trasporti scolastici, gli asili nido e il personale amministrativo.
La stessa esasperazione si esprime sia nei servizi sanitari che in quelli sociali, di fronte alla minaccia di una “vasta riforma del sistema sanitario”. La borghesia si prepara anche in quel settore ad aumentare drasticamente il deterioramento delle condizioni di vita e di lavoro. Il governo federale promette di andare ancora oltre, con l’istituzione di centri di gestione sanitaria più autonomi e competitivi, puntando su una maggiore mobilità e flessibilità del personale, trasferimenti volontari in base alle esigenze dei servizi, il che implica una carenza ancora maggiore di posti di lavoro e un aumento del sovraccarico per il personale, compiti individuali già estenuanti, ore aggiuntive di lavoro non retribuito. Un tecnico di laboratorio, ad esempio, ha detto: “Lavoriamo già come cani nei fine settimana, nei giorni festivi e di notte. E ci viene detto: questo non basta”.
In questo contesto, il governo ha mostrato la sua intransigenza e il suo disprezzo con il massimo cinismo offrendo solo aumenti salariali negoziabili in “cambio” e al prezzo di una “flessibilità” ancora maggiore, più forte ed estesa, scommettendo deliberatamente su un esaurimento dello sciopero. Ciò sia attraverso le dichiarazioni di “fermezza” del primo ministro François Legault che della presidente del Consiglio incaricato delle Finanze pubbliche, Sonia Le Bel.
Ma la rabbia e la mobilitazione massiccia sono già riuscite a provocare una rottura con la tendenza al ripiego individuale e con il clima di profonda demoralizzazione che pesava prima.
Una ricerca di solidarietà
Questa situazione e questo stallo hanno innescato e stimolato allo stesso tempo un’ondata di reciproco aiuto e solidarietà. Per gli insegnanti, ad esempio, è stato creato sui social network o durante i picchetti di sciopero un gruppo di sostegno, in particolare per fornire donazioni di cibo o vestiti a sostegno agli scioperanti non retribuiti. Il movimento, anche nel settore privato, gode ancora della simpatia o del sostegno del 70% della popolazione.
Allo stesso modo, il numero, la frequenza e l’intensità delle mobilitazioni hanno dimostrato la grande determinazione degli scioperanti e la combattività del movimento.
I Sindacati, coscienti di quanto montava tra i lavoratori, avevano già preso l’iniziativa di incanalare la rabbia e controllare il movimento, organizzando la mobilitazione in ordine sparso per dividerla meglio. Abbiamo visto così la Federazione Autonoma dell’Istruzione (FAE) invitare i suoi 66.000 iscritti ad uno sciopero a tempo indeterminato, a partire dal 13 novembre, mentre le quattro principali confederazioni sindacali che compongono il “Fronte Comune” del settore pubblico, che rappresentano 420.000 dipendenti, hanno indetto uno sciopero differenziato, dal 21 al 23 novembre, poi dall’8 al 14 dicembre. Da parte sua, la Federazione Interprofessionale Sanitaria ha invitato i suoi 80.000 iscritti a sospendere il lavoro il 6, 8, 9, 23 e 24 novembre, poi dall’11 al 14 dicembre.
Tutti avevano anche promesso di lanciare uno sciopero più duro se le trattative con il governo non avessero avuto successo, risparmiando tempo ma rinviando questa eventualità... a dopo le vacanze di fine anno!
La borghesia sabota la lotta e divide i lavoratori
Tuttavia, il governo ha tirato fuori un altro asso dalla manica che non ha mancato di sfruttare sino in fondo nella sua manovra volta a cercare di disinnescare questa combattività e instaurare un clima di divisione e di concorrenza: si è impegnato a negoziare sia per settore di attività che separatamente con questo o quel centro sindacale e ha potuto contare pienamente sul lavoro di indebolimento, divisione e controllo delle lotte da parte dei diversi sindacati.
Così, dal 20 dicembre, nel settore dell’istruzione, una parte del “Fronte comune” ha cominciato a dividersi, la FSE-FSQ ha manifestato il desiderio di concludere un accordo separato con il governo e il Consiglio del Tesoro. Mentre, allo stesso tempo, la frazione più “radicale” degli scioperanti, aderente alla FAE in sciopero a tempo indeterminato, moltiplicava spettacolari “azioni di commando” minoritarie, come il blocco dell’accesso ai porti di Montreal e del Quebec, prima di concludere infine un accordo anch’essa, ponendo fine allo sciopero degli insegnanti il 28 dicembre. Così, i sindacati e lo Stato del Quebec sono riusciti a trovare una via d’uscita attraverso alcune misure specifiche di rivalutazione caso per caso degli stipendi e delle pensioni e limitando il sovraccarico di personale per classe. Nessun accordo, invece, sembra essere stato ancora raggiunto nel settore infermieristico, il che mostra un tentativo di divisione, spingendo un settore particolarmente combattivo a proseguire lo sciopero in isolamento.
Ciò non esclude la possibilità che presto scoppino nuovi scioperi in altri settori, visto che il malcontento è tanto profondo.
La continua maturazione di una coscienza operaia
Nonostante i suoi limiti attuali e l’avvertimento che contiene sui pericoli mortali per lo sviluppo delle lotte future se ci si lascia imprigionare dalle manovre della borghesia e dalle trappole della gestione sindacale, lo sciopero del settore pubblico in Quebec rivela soprattutto il potenziale di questa ripresa internazionale della combattività e della determinazione dei lavoratori, in un contesto globale di crescita delle lotte e di maturazione della coscienza operaia nei paesi centrali del capitalismo.
Soprattutto, riafferma la piena capacità del proletariato di sviluppare le sue lotte di classe sotto i colpi della crisi mondiale e gli attacchi a tutto campo della borghesia e di tutti i suoi governi, sia di sinistra che di destra, manifestazioni di una società capitalista agonizzante e in piena decomposizione. Queste lotte costituiscono una tappa indispensabile e fondamentale per il proletariato nel cammino per la riappropriazione della sua identità e della sua coscienza di classe.
Di fronte a tutta la propaganda e al carico di menzogne diffuse a partire dal 1989 sul presunto fallimento o morte del comunismo, esse mostrano che il proletariato esiste e costituisce più che mai l’unica classe portatrice di una prospettiva rivoluzionaria per il rovesciamento del capitalismo e di un futuro per l’umanità, in contrapposizione all’inesorabile sprofondamento della società capitalista in un oceano di miseria, caos, guerra generalizzata e barbarie.
GD, 4 gennaio 2024
[1] Rivista Internazionale n. 37, Rivista Internazionale n.37 | Corrente Comunista Internazionale (internationalism.org)