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Dal 2020 si sono susseguiti colpi di Stato nell’Africa occidentale e centrale, dalla Guinea al Gabon passando per il Mali, il Burkina Faso e il Niger. Per non parlare dei “colpi di Stato costituzionali” avvenuti anche in Costa d’Avorio e in Ciad.
Una regione ancora più instabile
In Mali, Burkina Faso e Niger, i regimi corrotti e sanguinari sostenuti dalla Francia sono stati rovesciati da fazioni militari (altrettanto corrotte e sanguinarie) tra gli applausi della folla che non sopporta più di morire di fame a causa di predatori senza scrupoli e dei loro complici occidentali. Ma i manifestanti si illudono: né i golpisti, né i candidati che si precipitano alla porta per sostituire la Francia nella sua tradizionale zona d’influenza (Russia, Cina, ecc.) sono preoccupati per il destino della popolazione. Al contrario, questi colpi di Stato sono l’espressione di un’accelerata destabilizzazione della regione e la promessa di una miseria sempre maggiore.
La regione del Sahel, in cui il Niger occupa una posizione centrale, è caratterizzata da una crescente instabilità causata in particolare dall’acuta sofferenza economica delle popolazioni, dal deterioramento della sicurezza, dal rapido aumento della popolazione, dai massicci movimenti di migranti (4.1 milioni di persone sfollate solo nel 2022) e dal terribile degrado dell’ambiente.
L’intera regione sta vivendo un devastante aumento di attacchi effettuati da gruppi islamici armati, che approfittano della porosità e dell’estensione dei confini. Questi gruppi terroristici attaccano regolarmente le istituzioni statali, prendono di mira le comunità e bloccano i centri urbani interrompendo strade e linee di rifornimento. Burkina Faso, Mali e Niger sono tra i dieci paesi più colpiti dal terrorismo.
Secondo State Fragility Index (Indice di fragilità degli Stati), i paesi del Sahel sono tra i 25 Stati più fragili. La maggior parte dei loro governi non è in grado di controllare il proprio territorio. In Burkina Faso, ad esempio, i gruppi islamici armati controllano fino al 40% del territorio. Nonostante il “sostegno” del gruppo Wagner al governo maliano, in un anno lo Stato islamico ha raddoppiato il suo territorio nel paese.
L'espressione del caos crescente
Dopo il Mali e il Burkina Faso, l’imperialismo francese è costretto a evacuare il Niger con armi e bagagli, tra lo scherno dei manifestanti. Il Niger era considerato un “paese sicuro” sul quale diverse potenze imperialiste, in particolare Francia e Stati Uniti, contavano per preservare i propri interessi.
Ma, contrariamente a quanto sostiene la stampa borghese, questo colpo di Stato (come quelli che lo hanno recentemente preceduto in Mali o in Burkina Faso) non è un semplice capovolgimento di alleanze come quelli che capitavano durante la Guerra Fredda, con dei golpisti che oramai preferiscono trattare con la Russia o la Cina piuttosto che con i paesi occidentali. Si tratta, in realtà, dell'espressione di una forte accelerazione nella decomposizione della società borghese che tende a travolgere le aree più fragili del capitalismo nel caos più assoluto.
Lungi dall’essere un riorientamento imperialista a favore di un nuovo “partner”, vediamo invece fazioni borghesi totalmente irresponsabili che approfittano della destabilizzazione dei governi e della fragilità degli Stati per “tentare la fortuna”. Adottano qualsiasi discorso che permetta loro di conquistare il potere e sono pronti ad allearsi con chiunque sia in grado di sostenerli in quel momento. In Niger, il golpe è stato portato avanti apertamente contro l'ex potenza coloniale, con l'appoggio del Mali, del Burkina Faso e del relativo appoggio del gruppo Wagner, arma russa di destabilizzazione. Ma nessuno può escludere la possibilità che la giunta al potere faccia marcia indietro e finisca per negoziare con la Francia.
Il ciascuno per sé aumenta l'instabilità
Le grandi potenze imperialiste non si preoccupano del destino delle popolazioni o del mantenimento dei governi “democraticamente eletti” (che grande battuta!), ma delle conseguenze dei colpi di Stato in difesa dei loro sordidi interessi. In Gabon, ad esempio, i golpisti hanno cacciato Ali Bongo, grande difensore degli interessi francesi, senza mettere in discussione l'enorme influenza francese nel paese ... Infatti, questo colpo di Stato è stato descritto dalla stampa occidentale come un "riaggiustamento" e non ha suscitato “forte emozione” del Quai d'Orsay (Ministero degli Affari Esteri francese). In Niger, invece, i golpisti sono stati minacciati di sanzioni economiche e di intervento militare.
Ma le stesse reazioni dei grandi squali imperialisti sono avvenute in un contesto in cui regna l'ognuno per sé. Parigi ha subito tentato di organizzare un intervento militare ma, ancora una volta, ha dato prova della sua incapacità. Macron ha anche provato a mostrare i muscoli dicendosi "irremovibile" sul "ritorno alla legalità", quando tutto indica che non ne ha i mezzi: "La Francia spinge la Comunità economica degli Stati dell'Africa occidentale a intervenire [...]. Ma sta anche cercando di coinvolgere i suoi partner europei nella mischia. Il problema è che i tedeschi non sono convinti dell’utilità dell’intervento, così come non lo sono gli italiani, che non hanno dimenticato i drammatici errori francesi in Libia. Per quanto riguarda gli Stati Uniti, questi vogliono mantenere le loro posizioni in Niger”[1]. Mentre “i diplomatici francesi e il personale militare francese sottolineano con amarezza lo “sporco gioco in Niger” di Washington, che non ha nemmeno usato il termine “colpo di Stato”, […] un generale americano ha risposto: “A partire dal Niger stiamo combattendo contro l’influenza e la pressione della Russia, per il tramite della Wagner, e della Cina. Così come contro il terrorismo internazionale nel Sahel"[2].
Il caos in Niger è così bruciante e l’incapacità degli occidentali di agire di concerto è così evidente da costringere queste potenze imperialiste a rivedere il loro posizionamento sul posto per non perdere troppe “piume”. Questo vale anche per Washington, che considera il Niger come una pedina centrale nella lotta contro l’influenza di Cina e Russia nell’area, ma senza avere la certezza di poter contare sui golpisti.
In breve: “In Niger, l’Occidente non è nella posizione di sostenere un’invasione, anche se guidata da Stati regionali privi di legittimità interna. In ogni caso verrebbero percepiti come agenti guidati dall’Occidente”[3]. Soprattutto, “l’Occidente” ricorda senza dubbio il suo disastroso intervento militare in Libia nel 2011, che ebbe tra le sue conseguenze l’estensione del terrorismo jihadista in tutto il Sahel e il collasso di uno Stato in una situazione ancora inestricabile.
Tutti gli imperialismi presenti nella zona del Sahel si stanno quindi riposizionando per difendere meglio i propri interessi, anche se ciò significa accelerare il caos e accentuare le turbolenze imperialiste.
Amina, 25 settembre 2023