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Il movimento contro la riforma delle pensioni è stato condotto dall'inizio alla fine sotto il controllo dei sindacati. Sono loro che hanno indetto lo sciopero, loro che hanno scelto e organizzato le giornate d’azione, loro che hanno guidato le rare assemblee generali. E sono loro che ci hanno portato volontariamente alla sconfitta. Non bisogna essere ingenui, il governo e i sindacati hanno lavorato insieme per 2 anni per prepararsi e riuscire a far passare questa riforma!
Di fronte al pericolo di una ripresa della lotta di classe...
Il governo ha dovuto fare tutto il possibile perché questo attacco su larga scala, annunciato da Macron nel 2017 come un vero "big bang", non provocasse una risposta massiccia da parte dell'intera classe lavoratrice. Edouard Philippe, Primo Ministro francese, ha quindi fatto affidamento sulla collaborazione delle "parti sociali", i sindacati, per sabotare l'inevitabile esplosione di rabbia nell’insieme dei lavoratori.
Questo attacco generale contro l'intera classe operaia non poteva che innescare una reazione di indignazione e rabbia spontanea in un settore particolarmente combattivo, quello dei trasporti. Per i lavoratori delle ferrovie, "il troppo è troppo": dopo aver guidato diversi movimenti negli ultimi anni, in particolare lo "sciopero delle perle" del 2018, contro il deterioramento delle loro condizioni di lavoro, contro la rimessa in discussione del loro Statuto, e con cui non avevano ottenuto nulla, l'attacco al loro piano pensionistico non poteva che sfociare nella volontà di riprendere la lotta in modo ancora più determinato con la parola d'ordine: "Ora basta! Non ci arrenderemo!”.
Questo spirito combattivo nel settore dei trasporti ha rischiato di portare a un'esplosione incontrollabile con il pericolo di estendersi a macchia d’olio poiché l'attacco generale alle pensioni ha sollevato la rabbia generale dell'intera classe operaia.
La classe dirigente ha molteplici mezzi per "tastare il polso" del malcontento sociale (in un paese in cui Macron, il "Presidente dei ricchi", è diventato l'uomo più odiato nella maggioranza della popolazione): sondaggi di opinione, indagini di polizia per “misurare la temperatura" dei settori "a rischio", e prima di tutto della classe lavoratrice. Ma lo strumento più importante di questo "termometro sociale" è l’apparato sindacale, che è molto più efficiente dei sociologi degli istituti di sondaggio o dei funzionari di polizia. In effetti, questo dispositivo ha la funzione di strumento per eccellenza per il controllo degli sfruttati al servizio della difesa degli interessi del capitale. L'apparato sindacale dello Stato capitalista ha quasi un secolo di esperienza. È particolarmente attento all’umore dei lavoratori, alla loro volontà e alla loro capacità di impegnarsi nella lotta contro la borghesia. Le forze di controllo della classe operaia hanno il compito di avvertire costantemente i padroni e il governo del pericolo della lotta di classe. Questo è lo scopo delle riunioni periodiche e delle consultazioni tra leader sindacali e datori di lavoro o governo: lavorare insieme, mano nella mano, la migliore strategia che consente al governo e ai datori di lavoro di attaccare la classe lavoratrice con la massima efficienza.
I sindacati hanno capito perfettamente che la classe operaia francese non era più disposta a piegare di nuovo la testa e a sopportare i nuovi attacchi senza batter ciglio. La classe dirigente sa anche che il proletariato oggi non si fa più illusioni su una possibile "uscita dal tunnel": tutti i lavoratori sono ormai consapevoli che "andrà sempre peggio" e che non avranno altra scelta se non quella di combattere a testa alta tutti insieme per difendere le loro condizioni di vita e il futuro dei loro figli. Il livello di popolarità del movimento dei Gilet Gialli contro il carovita e la miseria, di appena un anno fa, è stato un buon indicatore della rabbia che ruggiva nelle viscere della società: l'80% della popolazione diceva di sostenere, comprendere o simpatizzare per questa ondata anti-Macron (anche se la classe operaia non si riconosceva nei metodi di contestazione di questo movimento interclassista[1] iniziato dai piccoli imprenditori asfissiati dalle tasse sui carburanti). La borghesia, quindi, aveva perfettamente percepito, negli ultimi due anni, un reale aumento dello spirito combattivo dei lavoratori. La tenacia dei medici di pronto soccorso o degli impiegati alle poste, in sciopero da mesi, ne era un indice. Un altro era il moltiplicarsi delle lotte nei settori della grande distribuzione, degli autisti di autobus e del trasporto aereo.
Di fronte al crescente malcontento degli sfruttati la borghesia francese doveva "accompagnare" l'applicazione della riforma pensionistica con un "paraurti" per incanalare, inquadrare, dividere, estenuare l'inevitabile risposta del proletariato.
... governo e sindacati hanno manovrato insieme!
Odiate oggi all'interno dei cortei di manifestanti per aver “pugnalato il movimento alle spalle", la CFDT (Confederazione francese democratica del lavoro) e l'UNSA (Unione nazionale dei sindacati autonomi) hanno svolto perfettamente il loro ruolo di "sindacati responsabili e riformisti". È stata una vera e propria messa in scena teatrale[2]:
- Atto 1: il CFDT per 2 anni tesse un testo con il governo affermando che vuole un regime universale "equo ed equilibrato" ma che rifiuta la nozione di "età cardine” (“âge pivot”, prevista a 64 anni). Una vera e propria provocazione il cui unico scopo è quello di focalizzare tutta la rabbia su di essa e quindi distogliere l'attenzione dal soggetto reale, l'attacco generale alle pensioni. Il governo riflette.
- Atto 2: l'11 dicembre il governo annuncia ufficialmente... con rullo di tamburi... che l'età pivot sarà presente nella riforma. La CFDT reagisce perché la "linea rossa" è stata oltrepassata e si unisce al "fronte sindacale". Tutto lo spazio mediatico è occupato da questo "dibattito": età pivot si o no. (Nel mondo teatrale questa è "la grande scena del II atto").
- Atto 3: a sorpresa, il venerdì 10 gennaio, a Matignon, il governo fa marcia indietro sull’ "età pivot"; la CFDT e l'UNSA gridano vittoria e abbandonano il movimento.
Gli spettatori se ne vanno con il "sistema pensionistico a punti" in tasca, ovvero anni di lavoro in più e una pensione ridotta.
Venticinque anni fa, il governo Juppé aveva usato più o meno la stessa strategia: un attacco generale alla classe (la riforma della previdenza sociale che ha significato una minore possibilità di accesso all'assistenza sanitaria) e un attacco specifico contro un settore particolare (la riforma del regime speciale per i lavoratori delle ferrovie, che imponeva loro di lavorare per altri 8 anni!). Dopo un mese di sciopero, con i combattivi lavoratori delle ferrovie in prima linea, Juppé fece marcia indietro e i sindacati gridarono alla vittoria... lo Statuto dei lavoratori delle ferrovie era stato salvato. Questo settore, "locomotiva" della protesta sociale riprese il lavoro ponendo così fine a tutto il movimento di lotta. Il governo poté quindi mantenere la sua riforma della previdenza sociale.
Oggi questa abusata manovra sembra funzionare meno bene. Nessuno rivendica la vittoria, tranne il CFDT e l'UNSA. Tutti denunciano questa trappola per quello che è: una finzione, uno stratagemma per far ingoiare la pillola. Anche per la stampa non è più un segreto. Se, nonostante la loro determinazione, le centinaia di migliaia di manifestanti oggi stanno gradualmente cessando la lotta senza che il governo abbia ritirato l'attacco generale alle pensioni, è perché la manovra è stata più ampia e complessa. Accanto ai sindacati "riformisti" quelli "radicali", la CGT, la FO e i Solidaires[3], hanno fatto la loro parte per isolare e sfiancare gli scioperanti. Dato il livello di rabbia e di combattività della nostra classe, questa usura programmata è stata semplicemente più lunga del previsto. C'è voluta anche tutta l'abilità di questi specialisti del sabotaggio delle lotte per raggiungere i loro obiettivi.
Settembre
A settembre viene ufficialmente lanciata la campagna sulla riforma delle pensioni. FO, Solidaires e CGT utilizzano ogni mezzo a loro disposizione. Come? Moltiplicando il numero di giorni di mobilitazione settoriale. Ogni settore ha il suo giorno di sciopero e le sue specifiche rivendicazioni. "Ognuno per sé, i sindacati per tutti". L'obiettivo è quello di logorare la volontà di lottare prima di lanciare un movimento più ampio e controllato.
Tuttavia questa frammentazione organizzata è molto criticata. Nelle manifestazioni i lavoratori che esprimono la loro insoddisfazione per questa divisione non sono pochi, vogliono che i sindacati si riuniscano perché "siamo tutti nella stessa barca, dobbiamo lottare tutti insieme". A questa spinta risponde l'annuncio del 20 settembre per la grande manifestazione unitaria del 5 dicembre. Ancora una volta niente è lasciato al caso: questa data è scelta perché è abbastanza lontana (più di due mesi) per poter continuare nel frattempo l’opera di frammentazione e sfinimento. Cade anche poco prima delle feste di fine anno e della famosa trêve des confiseurs (“tregua dei pasticcieri”, come i francesi chiamano questo periodo di festività dove tutto è sospeso) che rendono impopolare qualsiasi blocco dei trasporti e isolano i più combattivi.
Ottobre
Durante i mesi di ottobre e novembre, i sindacati "radicali" continuano a minare il movimento attraverso scioperi isolati e settoriali. Mentre la rabbia dei lavoratori è palpabile in molti settori, essi si guardano bene dal proporre Assemblee Generali di massa e aperte a tutti per unificare tra loro aziende e settori inviando delegazioni per discutere ed estendere lo sciopero. Niente di tutto questo! Solo scioperi e azioni isolate in attesa della promessa della grande manifestazione del 5 dicembre. Ma questa strategia di sfinimento e demoralizzazione è ancora una volta insufficiente. La classe operaia continua a premere e la combattività continua a crescere.
Il 16 ottobre i lavoratori delle ferrovie improvvisamente interrompono il lavoro a seguito di un incidente ferroviario nelle Ardenne. Spontaneamente, attraverso i cellulari si passano la voce e estendono lo sciopero a tutta una sezione della SNCF. Il personale dell'Île-de-France è particolarmente combattivo. Le linee RER sono bloccate. I sindacati colgono la palla al balzo e si pongono alla guida dello sciopero appellandosi al "diritto di sciopero". In altre parole, si aggrappano alla mobilitazione in corso. Alla borghesia non piacerà l'autonomia di questi lavoratori e questa dinamica di prendere nelle proprie mani le lotte ed estenderle, tanto che governo e padronato denunciano l'illegalità di questo "sciopero selvaggio" e minacciano sanzioni per gli scioperanti. Questo permetterà ai sindacati di riprendere il controllo della situazione una volta per tutte, ponendosi come protettori degli scioperanti e difensori del diritto di sciopero. Durante questo mese di ottobre, la SNCF subirà una serie di scioperi selvaggi, in particolare nel centro di manutenzione di Châtillon dove, senza aver consultato i sindacati, 200 lavoratori su 700 si riuniscono per protestare contro le misure che peggiorano le condizioni di lavoro, misure che vengono rapidamente ritirate per fermare immediatamente lo sciopero e impedire così che il movimento acquisti notorietà e spinga i lavoratori a riflettere[4].
Novembre
I sindacati sono quindi avvertiti, devono essere più combattivi e aderire al movimento per averne il pieno controllo. Il 9 novembre la CGT si unisce a UNSA-Ferroviaire[5] e Sud/Solidaires nell'appello per uno sciopero a oltranza del 5 dicembre. Annuncia che questa azione coinvolgerà anche la SNCF. In seguito anche il CFDT-Ferrovieri si unisce al movimento[6].
Ma dietro il "fronte sindacale" e la retorica dell'unità di tutti i settori, tutti continuano dietro le quinte la stessa opera di indebolimento e divisione. Il sabotaggio dell'unità del movimento nel settore ospedaliero è particolarmente significativo: da marzo i sindacati e i loro "collettivi inter-emergenza" svolgono azioni ultra-corporative separando la protesta dei medici di pronto soccorso da tutti gli altri servizi ospedalieri. Ma sotto la crescente pressione della volontà di "combattere tutti insieme" cambiano discorso e chiamano a due manifestazioni "unitarie", il 14 e il 30 novembre, unitarie alla... struttura ospedaliera! Questo per separare meglio questa lotta dal movimento generale contro la riforma delle pensioni in nome della "specificità degli ospedali" (e quindi, soprattutto, per dividere meglio). Questa decisione sindacale creerà una grande rabbia all'interno delle Assemblee generali del personale ospedaliero e molti si mobiliteranno comunque, al di là delle indicazioni dei sindacati, il 5 dicembre.
Dicembre
Durante le grandi manifestazioni di dicembre, il bisogno di solidarietà tra settori e generazioni, di lottare tutti insieme, trova eco negli slogan sparati dagli altoparlanti dei furgoni del sindacato. Per fare cosa? Niente. Basta ripetere questi slogan più e più volte in ogni giorno di mobilitazione. Ma in concreto ogni settore è chiamato a marciare nel suo orticello sindacale, a volte addirittura delimitato, rinchiuso, tagliato fuori dagli altri da una corda e da un "servizio d'ordine", l'ordine sindacale. Nessun grande raduno per discutere alla fine della manifestazione, anche se molti lavoratori vogliono farlo. I sindacati e i poliziotti disperdono la folla. Il tempo stringe: gli autobus devono partire.
A metà dicembre, i lavoratori delle ferrovie in sciopero della SNCF e della RATP sono consapevoli che se rimangono isolati il movimento è destinato alla sconfitta. Allora, cosa fanno i sindacati? Organizzano una parvenza di estensione: alcuni rappresentanti della CGT vanno ad incontrare altri rappresentanti della CGT di un'altra azienda.
Durante le manifestazioni del sabato, organizzate ufficialmente dai sindacati per permettere ai lavoratori del settore privato di partecipare al movimento, la CGT, la FO e Solidaires non fanno alcuno sforzo per mobilitare le fabbriche. Al contrario, tutti i loro discorsi si concentrano sul coraggio dei ferrovieri "che si battono per tutti noi", sulla forza di blocco di questo settore (il che implica che gli altri lavoratori sono impotenti) e sulla necessità di sostenerli... alimentando i fondi di solidarietà organizzati soprattutto dalla CGT invece della solidarietà attiva dei lavoratori nella lotta e nell'estensione del movimento (anche se era comprensibile che tutti sentissero la necessità di aiutare finanziariamente i ferrovieri per la perdita di un mese di stipendio!)
Per tutto il mese di dicembre i sindacati coltivano l’idea dello sciopero per procura!
In questo modo, da soli in uno sciopero “a oltranza”, i ferrovieri sono incoraggiati a resistere, "a qualsiasi costo" durante i 15 giorni di feste di fine anno con la parola d'ordine: nessuna “tregua dei pasticcieri”!
Gennaio
Ma ancora una volta, nonostante i media che denunciano "la presa in ostaggio di famiglie che vogliono semplicemente riunirsi per Natale", queste due settimane di "tregua" durante le quali i ferrovieri lottano da soli, non bastano a esaurire la rabbia e la combattività generale, né a rendere "impopolare" lo sciopero.
Il 9 gennaio, la nuova giornata di mobilitazione multisettoriale, vede di nuovo scendere in piazza centinaia di migliaia di manifestanti, sempre decisi a respingere la riforma.
Il 10 gennaio Philippe negozia con i sindacati e annuncia "un dialogo costruttivo e dei progressi", promettendo di chiedere il giorno dopo al presidente Macron se è possibile ritirare l'"âge pivot". Tutti i sindacati accolgono con favore questa vittoria, una grande vittoria per la CFDT e l'UNSA, un piccolo passo avanti per la CGT, FO e Solidaire, che avrebbe portato il governo a fare un passo indietro sotto la pressione della piazza e degli scioperanti nel settore dei trasporti.
Il giorno dopo una nuova manifestazione. Sabato 11 gennaio, a Marsiglia, i sindacati organizzano degli spettacoli al termine della manifestazione per rendere impossibile qualsiasi discussione. A Parigi lasciano campo libero alla polizia per usare di nuovo i lacrimogeni, disperdere e persino picchiare i manifestanti. Bisogna impedirgli di discutere. Ma soprattutto l'affluenza è in forte calo, i treni ricominciano a circolare, lo sfinimento si fa sentire e l'atmosfera nei cortei è meno imponente e meno combattiva.
Il colpo di grazia può essere dato. Phillipe annuncia il ritiro dell'"âge pivot"... ma temporaneamente. Il tempismo è perfetto.
L'appello dei sindacati per l'estensione... della sconfitta!
Ora che il movimento si sta esaurendo, che i lavoratori delle ferrovie in sciopero non ne possono più e, dissanguati economicamente, stanno gradualmente tornando al lavoro, cosa fanno i sindacati "radicali"? Naturalmente chiedono l'estensione di un movimento che è in una dinamica di riflusso, arringando il settore privato a "prendere il testimone", denunciando la "vigliaccheria dello sciopero per procura"! Il 9 gennaio abbiamo dovuto sentire il signor Mélenchon dire su tutti i canali: “Lo sciopero per procura comincia a funzionare, ora tutti devono darsi da fare!”
Ora parlano solo di "assemblee generali sovrane" per far credere alla gente che loro sono solo i portavoce dei lavoratori e che se alcuni continuano a logorarsi in scioperi isolati, loro non possono farci niente, "è l’Assemblea Generale e la base che decidono se i ferrovieri vogliono perdere altri giorni di salario" (così il leader della CGT, Philippe Martinez in TV).
Adesso si danno da fare per dimostrare che i lavoratori non vogliono rafforzare e generalizzare la mobilitazione in modo da addossare a loro la colpa della sconfitta! In una settimana i sindacati chiamano ad almeno tre giorni di mobilitazione, il 14, 15 e 16 gennaio, anche se i ferrovieri stanno tornando gradualmente al lavoro.
Adesso il leader della CGT, Martinez, facendo eco al leader del partito La France Insoumise (La Francia non sottomessa) di Mélenchon è su ogni palco, su tutte le radio e in mezzo agli scioperanti per denunciare la violenza della polizia... che va avanti da mesi! Eppure i sindacati (CGT in testa) hanno finora permesso il pestaggio dei manifestanti, la dispersione dei capannelli alla fine delle manifestazioni con il lancio di lacrimogeni, senza battere ciglio e senza protestare. Mélenchon ha dovuto chiedere le dimissioni del prefetto di polizia di Parigi perché anche i sindacati cominciassero a gridare (a squarciagola) contro la repressione degli scioperanti.
Adesso tutti i sindacati stanno facendo il gioco della trattativa con il governo per " tenere conto delle difficoltà e dell’usura del lavoro", un nuovo passo per una frammentazione corporativista del movimento quando tutti lavorano sotto pressione e lo sfruttamento è doloroso per tutti! Questo "aspetto della trattativa" viene attentamente esaminato con un unico obiettivo: dividere o addirittura mettere in competizione i lavoratori in trattative destinate al fallimento, ramo per ramo, per determinare se un certo lavoro e più logorante di altri. Il "fronte del sindacato" farà senza dubbio una bella figura quando la CGT-Ferrovieri e la CFDT-Carrefour faranno a gara per sapere chi fa il lavoro più "duro"!
I sindacati avevano fatto la stessa cosa durante lo sciopero dei lavoratori delle ferrovie nell'inverno del 1986, chiedendo un prolungamento dello sciopero alla fine del movimento, quando i lavoratori delle ferrovie cominciavano a tornare al lavoro[7]. In realtà, questi pompieri sociali cercano solo l’estensione e il rafforzamento della sconfitta per tagliare l'erba sotto i piedi e cercare di spezzare le reni della classe operaia. L’obiettivo è dare tutte le garanzie al governo affinché questa riforma possa passare in Parlamento senza difficoltà (e quindi permettere al governo di far passare ulteriori attacchi)!
No, la classe operaia non deve lasciarsi colpevolizzare dai sindacati!
No, quelli che tornano al lavoro non sono crumiri!
No, ai settori che non sono tornati a lottare non è mancato il coraggio e la solidarietà!
Sono stati i sindacati, mano nella mano con il governo, a pianificare e orchestrare questa sconfitta!
Sono stati i sindacati, mano nella mano con il governo, a impedire ogni possibile unità, ogni reale estensione del movimento! La classe operaia, al contrario, deve essere consapevole del passo che ha compiuto. Dopo dieci anni di inerzia, in seguito al lungo, estenuante e impotente movimento del 2010 indetto da tutti i sindacati, i lavoratori hanno cominciato a raddrizzare la testa, a voler lottare insieme, a volersi unire, a volersi riconoscere come fratelli di classe. Gli ultimi mesi sono stati animati dallo sviluppo della solidarietà tra settori e tra generazioni!
Questa è la vittoria del movimento perché il vero guadagno della lotta è la lotta stessa dove tutte le categorie professionali, tutte le generazioni si sono finalmente ritrovate insieme nella stessa lotta di piazza contro una riforma che è un attacco a tutti gli sfruttati! Questo è ciò che il governo e i sindacati cercheranno di cancellare nelle settimane e nei mesi a venire.
Sta a noi riunirci per discutere, per trarre insegnamenti, per non dimenticare e per, nelle lotte di domani, essere ancora più numerosi e più forti man mano che iniziamo a capire e a contrastare i sindacati, i professionisti... della sconfitta. I sindacati saranno sempre gli ultimi bastioni dello Stato nelle fila dei lavoratori in difesa dell'ordine capitalista!
Léa, 14 gennaio 2020
[1] L'occupazione delle rotatorie, l'ostentato sventolio di simboli repubblicani e nazionalisti come le bandiere tricolori o la Marsigliese
[2] Vedi i nostri volantini dove annunciavamo la manovra già dall'inizio di dicembre Unifichiamo le nostre lotte contro gli attacchi dei nostri sfruttatori!; Contro gli attacchi del governo, la lotta massiccia e unita di tutti gli sfruttati! Volantino della CCI in Francia
[3] Rispettivamente Confederation Génerale du Travail, Force ouvrière, Unione sindacale Solidale
[4] La dichiarazione dei lavoratori di Châtillon è stata pubblicata in Révolution International n. 479. Ecco un brevissimo estratto: "Noi personale in sciopero delle attrezzature del centro tecnico di Châtillon, sulla rete TGV Atlantique, abbiamo smesso di lavorare in modo massiccio dalla sera di lunedì 21 ottobre, senza consultarci né essere guidati dai sindacati. (...) La nostra rabbia è reale e profonda, siamo determinati a batterci fino in fondo per le nostre rivendicazioni, per il rispetto e la dignità. (...) Stanchi di riorganizzazioni, di bassi salari, di tagli al personale e della carenza di personale! Chiediamo a tutti i lavoratori delle ferrovie di alzare la testa con noi, perché la situazione oggi a Châtillon è in realtà il riflesso di una politica nazionale".
[5] ... mentre l'UNSA (Unione nazionale sindacati autonomi) degli altri settori non chiede lo sciopero! Anche in questo caso, infatti, l'UNSA-ferrovie è costretta ad adattarsi alla combattività del settore per evitare di essere completamente screditata.
[6] ... mentre a livello nazionale la CFDT non richiede nemmeno uno sciopero!
[7] In Revolution Internationale n. 480, articolo in francese sulle lezioni dello sciopero del 1986: “I lavoratori possono lottare senza i sindacati”