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La CCI ha tenuto riunioni pubbliche in diversi paesi e città in occasione del 50° anniversario del maggio ‘68. In generale i partecipanti si sono dichiarati in accordo globalmente con le principali caratteristiche del movimento da noi presentate:
- Ciò che conferisce a questi eventi il loro carattere storico è il risveglio della lotta di classe espresso dal più imponente sciopero operaio mai esistito in quest’epoca - 10 milioni di operai in sciopero – sviluppatosi non certo per azione dei sindacati, ma solo per iniziativa degli stessi operai che sono entrati spontaneamente in lotta;
- Il movimento della classe operaia, che non è stato per niente a rimorchio di una concomitante, sebbene importante, agitazione studentesca, è stato in parte catalizzato dalla brutale repressione degli studenti che ha suscitato una profonda indignazione tra gli operai;
- Questo episodio storico ha dato vita ad un’atmosfera inedita, che si vede solo durante i grandi movimenti della classe operaia: le parole si liberano nelle strade, nelle università e nelle fabbriche occupate, e queste diventano il centro di intense discussioni politiche;
- Fondamentalmente, questo formidabile movimento è la risposta ai primi morsi della crisi economica aperta, che tornava a colpire una classe operaia costituita da giovani generazioni che non avevano subito la demoralizzazione dovuta al periodo di contro-rivoluzione;
- Questo movimento ha visto crollare un importante ostacolo sul cammino della lotta di classe, il controllo schiacciante dello stalinismo e delle sue cinghie di trasmissione: i sindacati.
Che Maggio 1968 abbia costituito il segno di uno sviluppo di un’ondata di lotte internazionali non ha, in generale, sorpreso i partecipanti a queste riunioni. Ma paradossalmente, esso non è stato recepito come segnale della fine del lungo periodo di contro-rivoluzione seguito alla sconfitta della prima ondata rivoluzionaria mondiale e che, allo stesso tempo, abbia aperto un nuovo corso di scontri di classe tra borghesia e proletariato. Infatti, certe caratteristiche del periodo attuale, come per esempio lo sviluppo del fondamentalismo, la moltiplicazione di guerre sul pianeta e così via, tendono ad essere interpretate come segni di un periodo controrivoluzionario. E questo errore secondo noi è originato da una duplice difficoltà.
Da un lato, la conoscenza insufficiente di ciò che è stato il periodo della contro-rivoluzione a livello mondiale con la sconfitta della prima ondata rivoluzionaria, che rende difficile la comprensione di quello che veramente ha rappresentato per la classe operaia e la sua lotta un tale periodo; ma c’è un altro fattore da considerare e cioè l'aspetto umano, dal momento che la barbarie del capitalismo in crisi non conosce più alcun limite. Ed è per questo motivo che abbiamo deciso di ritornare più dettagliatamente con il seguente articolo su tale periodo.
D'altra parte, il periodo aperto con Maggio 68, anche se è potuto sembrare più familiare alle generazioni che - direttamente o indirettamente - lo hanno conosciuto, ha una dinamica che non si afferra spontaneamente. In particolare essa può essere oscurata da eventi, situazioni che pur essendo importanti non ne costituiscono fattori determinanti. Ed per questo motivo che su questo periodo andiamo ad evidenziare ancora una volta le sue differenze fondamentali con quello della contro-rivoluzione.
La storia della lotta di classe è fatta di avanzamenti e di battute d'arresto
Il fenomeno che tutti immediatamente hanno potuto constatare, e cioè che dopo una lotta la mobilitazione degli operai tende a rifluire e con essa, spesso, la volontà di combattere, esiste anche a un livello più profondo a scala storica. In realtà, ciò ci permette di verificare la validità di quanto è stato segnalato da Marx ne Il 18 Brumaio, vale a dire l'alternanza tra avanzamenti, spesso molto vivaci e folgoranti della lotta proletaria (1848-49, 1864-71, 1917-23) e le sue battute d'arresto (a partire dal 1850, 1872 e 1923) che, inoltre, ogni volta hanno determinato la scomparsa o la degenerazione di organizzazioni politiche che la classe si era data nel periodo montante delle lotte (Lega dei Comunisti: fondata nel 1847, sciolta nel 1852; AIT, Associazione internazionale dei Lavoratori, fondata nel 1864, sciolta nel 1876; l'Internazionale Comunista: fondata nel 1919, degenerata e morta a metà degli anni '20; la vita dell'Internazionale socialista 1889-1914, complessivamente ha seguito un corso simile anche se meno chiaro ("Il corso storico", Révue internationale n°18).
La sconfitta della prima ondata rivoluzionaria mondiale del 1917-23 ha aperto il più lungo, il più profondo e il più terribile periodo di contro-rivoluzione mai sperimentato dal proletariato, che ha significato anche, per la classe operaia, la perdita dei suoi riferimenti politici dato che le poche organizzazioni rimaste fedeli alla rivoluzione si sono trovate ridotte a infime minoranze. Ma essa ha anche aperto la porta a un'esplosione di barbarie che avrebbe superato persino gli orrori della prima guerra mondiale. Di contro dal 1968 si è sviluppata una dinamica opposta, e non c'è ragione di dire che quest'ultima si sia già esaurita, nonostante le gravi difficoltà incontrate dal proletariato dall'inizio degli anni '90 con l'estensione e l’approfondimento della barbarie sul pianeta.
Il periodo 1924 - 1967: la più profonda contro-rivoluzione mai subita dalla classe operaia
L'espressione "È la mezzanotte del secolo", dal titolo di un libro di Victor Serge[1], è perfettamente applicabile alla realtà di questo lungo incubo, durato quasi mezzo secolo.
I diversi e terribili colpi caduti molto presto sull'ondata rivoluzionaria mondiale, aperta con la Rivoluzione russa del 1917, andranno già a costituire l'anticamera della lunga serie di offensive borghesi contro la classe operaia che faranno precipitare il movimento operaio nelle profondità della contro-rivoluzione. Per la borghesia, infatti, non si è trattato di vincere solo la rivoluzione, ma anche di abbattere necessariamente la classe operaia e in maniera definitiva. Di fronte a un'ondata rivoluzionaria che minacciava l'ordine mondiale capitalistico, questo era effettivamente il suo obiettivo cosciente e dichiarato[2], la borghesia non poteva semplicemente accontentarsi di respingere il proletariato. Doveva fare tutto ciò che è in suo potere affinché in futuro quest’esperienza fosse cancellata dalla testa de proletari di tutto il mondo per non farla ripetere. Soprattutto, doveva cercare di screditare per sempre l'idea della rivoluzione comunista e la possibilità di creare una società senza guerra, senza classi e senza sfruttamento. In questo è stata in grado di beneficiare di circostanze politiche che le sono state significativamente favorevoli: la perdita del bastione rivoluzionario in Russia non è stata determinata dalla sconfitta militare contro gli eserciti Bianchi che hanno cercato di invadere la Russia, ma più tardi, dalla sua stessa degenerazione interna (a cui, naturalmente, il considerevole sforzo bellico ha notevolmente contribuito). Ciò ha reso facile alla borghesia far passare per comunismo la mostruosità nata dalla sconfitta politica della rivoluzione, l'URSS stalinista. Allo stesso tempo, è necessario che quest'ultima sia vista come l'inevitabile destino di ogni lotta proletaria per la sua emancipazione. A questa menzogna hanno partecipato tutte le frazioni della borghesia mondiale, in tutti i paesi, dall'estrema destra all'estrema sinistra trotskista[3].
Quando le principali borghesie coinvolte nella guerra mondiale le mettono fine nel novembre 1918, è con il chiaro obiettivo di evitare che nuovi focolai rivoluzionari possano ingrossare la marea della rivoluzione, vittoriosa in Russia e che minaccia la Germania, in un momento in cui la borghesia di questo paese risulta indebolita dalla sconfitta militare. Ciò ha evitato che la febbre rivoluzionaria, alimentata dalla barbarie del campo di battaglia, così come dallo sfruttamento e dalla miseria insopportabile nelle retrovie, potesse colpire altri paesi come la Francia, Gran Bretagna, ... E questo obiettivo è stato raggiunto a livello globale. Nei paesi vincitori, il proletariato che aveva con fervore applaudito la rivoluzione russa, non si impegna in maniera massiccia dietro la bandiera della rivoluzione per il rovesciamento del capitalismo, al fine di porre fine per sempre agli orrori della guerra. Esausto per quattro anni di sofferenze nelle trincee o nelle fabbriche di armamenti, ora aspira a riposare "approfittando" della pace che gli è appena stata offerta dai briganti imperialisti. E poiché in tutte le guerre è sempre il vinto che, alla fine, viene additato come l'iniziatore di quest'ultime, nelle argomentazioni dell'Intesa (Francia, Regno Unito, Russia) la responsabilità del capitalismo come un tutto viene nascosta addossando la colpa ai soli imperi centrali (Germania, Austria, Ungheria). Peggio ancora, in Francia, la borghesia promette ai lavoratori una nuova era di prosperità sulla base delle riparazioni di guerra che sarebbero state imposte alla Germania. In tal modo il proletariato in Germania e in Russia tenderà ad essere ancora più isolato.
Ma ciò che stava accadendo nei paesi conquistatori e in quelli vinti è proprio quel futuro che Rosa Luxemburg aveva tracciato nella sua brochure di Junius: se il proletariato mondiale non riesce, con la sua lotta rivoluzionaria, ad erigere una nuova società al di sopra delle rovine fumanti del capitalismo, inevitabilmente quest’ultimo avrebbe inflitto all'umanità calamità ancora peggiori.
La storia di questa nuova discesa agli inferi, che culminerà con gli orrori della Seconda Guerra Mondiale, su molti aspetti è confusa con quella della contro-rivoluzione che conoscerà il suo culmine alla fine di tale conflitto.
L’offensiva degli eserciti bianchi contro la Russia sovietica e il fallimento dei tentativi rivoluzionari in Germania e Ungheria
Ben presto, dopo l'ottobre 1917, il potere sovietico si scontra con le offensive militari dell'imperialismo tedesco che non vuole sentire parlare di pace[4]. Gli eserciti bianchi, economicamente sostenuti dall'estero, si strutturano in diverse parti del paese. E poi, nuovi eserciti bianchi, direttamente preparati dall'estero, vengono lanciati contro la rivoluzione fino al 1920. Il paese è circondato, preso nella morsa degli eserciti bianchi e soffocato economicamente. La guerra civile lascia dietro di sé un paese totalmente esangue. Quasi 980.000 morti nelle file dell'Armata Rossa, circa 3 milioni nella popolazione civile[5].
In Germania, l'asse della contro-rivoluzione è costituito dall'alleanza di due forze principali: il SPD traditore e l'esercito. Queste sono all'origine dell'istituzione di una nuova forza, i Free Corps o corpi franchi, i mercenari contro-rivoluzionari, il nucleo di quello che diventerà il movimento nazista. La borghesia infligge un colpo terribile al proletariato di Berlino inducendolo ad un'insurrezione prematura a Berlino, brutalmente repressa nel gennaio 1919 (la comune di Berlino). Migliaia di operai berlinesi e comunisti - la cui maggior parte è costituita comunque da operai - vengono uccisi (1200 operai vengono passati per le armi), torturati e gettati in prigione. R. Luxemburg, K. Liebknecht e dopo poco Leo Jogisches vengono assassinati. La classe operaia perde una parte della sua avanguardia e il suo più lucido leader nella persona di Rosa Luxemburg, la quale avrebbe potuto rappresentare una preziosa bussola di fronte alle future tormente.
Oltre alla sua incapacità per contrastare queste manovre, il movimento operaio in Germania soffre anche di una grave mancanza di coordinamento tra i diversi centri del movimento: Dopo la comune di Berlino, lotte difensive scoppiano nella Ruhr coinvolgendo minatori, siderurgici, operai tessili, nelle regioni industriali del Basso Reno e della Vestfalia (1° trimestre 1919); seguiranno altre lotte alla fine di marzo nella Germania centrale e di nuovo a Berlino. Il consiglio esecutivo della Repubblica dei consigli di Baviera viene proclamato a Monaco, poi viene rovesciato e la repressione lo abbatte. Berlino, la Ruhr, di nuovo Berlino, Amburgo, Brema, Germania centrale, Baviera, ovunque il proletariato è schiacciato pezzo dopo pezzo. Tutta la ferocia, la barbarie, l'astuzia, l’appello alla delazione e la tecnologia militare vengono usate dalla repressione. Ad esempio, "per riconquistare Alexanderplatz a Berlino, vengono utilizzate per la prima volta nella storia delle rivoluzioni tutte le armi utilizzate sul campo di battaglia: artiglieria leggera e pesante, bombe di peso fino a un quintale, ricognizione e bombardamento aereo" [6]. Migliaia di lavoratori vengono fucilati o uccisi nei combattimenti; i comunisti sono braccati e molti condannati a morte.
A marzo anche gli operai in Ungheria si sollevano contro il capitale dando luogo a scontri rivoluzionari. Il 21 marzo 1919 viene proclamata la Repubblica dei Consigli, ma essa è schiacciata l'estate successiva dalle truppe controrivoluzionarie.[7]
Nonostante i successivi eroici tentativi del proletariato in Germania, nel 1920 (di fronte al colpo di Stato di Kapp) e nel 1921 (azione di Marzo)[8], che testimoniano la persistenza di un forte spirito combattivo, la dinamica non sarà più verso un rafforzamento politico dell'insieme del proletariato tedesco, ma verso il suo contrario.
La degenerazione della rivoluzione nella stessa Russia
Le devastazioni della guerra, in particolare le considerevoli perdite subite dal proletariato, l'indebolimento politico di quest'ultimo con la perdita del suo potere politico nei consigli operai e lo scioglimento della Guardia rossa, l'isolamento politico della rivoluzione, tutto questo ha costituito il terreno per lo sviluppo dell'opportunismo all'interno del partito bolscevico e dell'Internazionale comunista[9]. La repressione dell'insurrezione di Kronstadt nel 1921, che ha luogo in reazione alla perdita del loro potere da parte dei soviet, è ordinata dal partito bolscevico. Da avanguardia della rivoluzione al momento della presa del potere, quest'ultimo sarebbe diventato l'avanguardia della controrivoluzione al termine di una degenerazione interna che le frazioni staccatesi da questo partito per combattere contro l'aumento dell'opportunismo non hanno potuto impedire[10].
Sono scomparse le grandi masse che in Russia, Germania, Ungheria, ... erano partite all'assalto del cielo. Quest'ultime, esangui, sfinite, sconfitte, non ce la fanno più. Nei paesi vittoriosi della guerra, il proletariato non si manifesta sufficientemente. Tutto ciò significò la sconfitta politica del proletariato in ogni parte del mondo.
Lo stalinismo diventa la punta di lancia della borghesia mondiale contro la rivoluzione
Il processo di degenerazione della rivoluzione russa conosce un'accelerazione con la presa del controllo del partito bolscevico da parte di Stalin. L'adozione nel 1925 della tesi del "socialismo in un paese", che diviene la dottrina del partito bolscevico e dell'Internazionale comunista, costituisce un punto di rottura e di non ritorno. Questo vero tradimento dell'internazionalismo proletario, principio fondamentale della lotta proletaria e della rivoluzione comunista, è ormai adottato e difeso da tutti i partiti comunisti del mondo[11] contro il progetto storico della classe operaia. Nello stesso tempo in cui segna l'abbandono di qualsiasi progetto proletario, la tesi del socialismo in un paese solo corrisponde anche al processo di inserimento della Russia nel capitalismo mondiale.
Verso la metà degli anni '20, Stalin comincia a condurre una politica spietata per liquidare tutti gli ex compagni di Lenin utilizzando ad oltranza gli organi repressivi che il Partito bolscevico aveva messo in atto per resistere agli eserciti bianchi (specialmente la polizia politica, Ceka)[12]. L'intero mondo capitalista sta riconoscendo in Stalin l'uomo della provvidenza, colui che sta per sradicare le ultime vestigia della rivoluzione d'Ottobre e al quale si deve dare tutto il sostegno necessario per spezzare, per sterminare la generazione dei proletari e dei rivoluzionari che, nel pieno della guerra mondiale, ha osato impegnarsi nella lotta a morte contro l'ordine capitalista[13].
I rivoluzionari, ovunque essi si trovino, sono braccati e repressi dallo stalinismo, con l'aiuto complice delle grandi democrazie, le stesse che avevano inviato i loro eserciti bianchi ad affamare e a tentare di rovesciare il potere dei soviet.
D'ora in poi, "il socialismo è l'URSS di Stalin", mentre il vero progetto proletario tende a sparire dalle coscienze
La Russia di Stalin sarà presentata dalla borghesia staliniana, e dal resto della borghesia mondiale, come la realizzazione dell'obiettivo finale del proletariato, l'instaurazione del socialismo. In questa impresa, collaboreranno tutte le frazioni mondiali della borghesia, sia quelle democratiche che i vari PC nazionali.
La stragrande maggioranza di coloro che credono ancora nella rivoluzione identificherà il suo obiettivo con l'istaurazione di un regime stile USSR negli altri paesi. Più luce sarà fatta sulla realtà della condizioni della classe operaia nell'URSS e più profonda sarà la divisione nel proletariato mondiale: quelli che continueranno a difendere il carattere "progressista" (nonostante tutti i suoi difetti), "senza borghesia", dell'Unione Sovietica e coloro per i quali, al contrario, la situazione nell'URSS sarà un incubo, ma senza avere la forza di concepire un progetto alternativo. Il progetto proletario viene quindi sostenuto solo da minoranze di rivoluzionari, sempre più ridotte, che gli sono rimaste fedeli.
Il proletariato di fronte alla crisi del 1929 e degli anni '30
Gli anni successivi alla crisi del 1929 sono drammatici per le condizioni di vita del proletariato mondiale, specialmente in Europa e negli Stati Uniti. Ma in generale le sue reazioni a questa situazione non costituiranno una risposta capace di poter sviluppare una dinamica di lotta di classe tale da mettere in discussione l'ordine costituito. Lungi da ciò. Ma peggio ancora, le reazioni degne di nota in Francia e in Spagna saranno deviate sul terreno dell'impasse della lotta antifascista.
In Francia, la grande ondata di scioperi che seguirà l'arrivo al governo del Fronte popolare nel 1936 esprime chiaramente i limiti della classe operaia sotto il peso della contro-rivoluzione. L'ondata di scioperi inizia con occupazioni spontanee di fabbriche mostrando comunque una certa combattività degli operai. Ma, fin dai primi giorni, la sinistra sarà in grado di utilizzare questa massa gigantesca per manovrarla ed imporre all'intera borghesia francese le misure di capitalismo di Stato necessarie per affrontare la crisi economica e preparare la guerra. Se è vero che per la prima volta si assiste in Francia ad occupazioni di fabbriche, è anche vero che per la prima volta si vedono operai cantare sia l'internazionale che la marsigliese, marciando dietro lo sventolio della bandiera rossa mescolato con quello della bandiera tricolore[14]. L'apparato di inquadramento costituito dal PC e dai sindacati è padrone della situazione, riuscendo a racchiudere nelle fabbriche gli operai che si lasciano cullare al suono di fisarmonica.
Il proletariato spagnolo, rimasto relativamente isolato dalla prima guerra mondiale e dall'ondata rivoluzionaria[15], si è ritrovato le sue forze fisiche relativamente intatte per affrontare gli attacchi di cui sarà vittima negli anni '30. Infatti, tra il 1931 e il 1939 si conteranno più di un milione di morti, soprattutto come conseguenza della guerra civile tra il campo repubblicano e quello del generale Franco, e questa guerra civile non ha più nulla a che fare con la lotta di classe del proletariato, essa è la permessa dal suo indebolimento. La situazione precipitò nel 1936 con il colpo di Stato del generale Franco. La risposta dei lavoratori fu immediata: il 19 luglio ‘36 gli operai dichiareranno lo sciopero ed in massa si recheranno alla caserma per ostacolare questo tentativo, senza preoccuparsi delle direttive contrarie del Fronte popolare e del governo repubblicano. Unendo la lotta rivendicativa alla lotta politica, gli operai fermano con questa azione la mano micidiale di Franco. Ma non quella della frazione della borghesia organizzata nel Fronte popolare. Appena un anno dopo, nel maggio 1937, il proletariato di Barcellona si solleva nuovamente, ma viene massacrato dal governo del Fronte popolare, con in testa il Partito comunista spagnolo e il suo ramo catalano del PSUC, mentre le truppe franchiste interrompono volontariamente la loro avanzata per permettere ai carnefici stalinisti di schiacciare gli operai.
Questa terribile tragedia operaia, ancora oggi presentata in modo menzognero come "una rivoluzione sociale spagnola" o "una grande esperienza rivoluzionaria" segna al contrario, attraverso lo schiacciamento ideologico e fisico delle ultime forze vive del proletariato europeo, il trionfo della contro-rivoluzione. Questo massacro è la prova generale che aprirà la strada maestra allo scatenamento della guerra imperialista[16].
Anni '30: la borghesia ha di nuovo le mani libere per imporre la sua soluzione di fronte alla crisi
La Repubblica di Weimar si è messa in evidenza per l'introduzione di un'estrema razionalizzazione dello sfruttamento della classe operaia in Germania accompagnata da misure di rappresentanza operaie nelle fabbriche per imbrogliarle.
In Germania, tra la Repubblica di Weimar (1923) e il Nazismo (1933), non emergerà alcuna opposizione: la prima ha permesso di schiacciare la minaccia rivoluzionaria, disperdere il proletariato, confondere la sua coscienza; il secondo, il nazismo, alla fine di questa evoluzione, terminerà questo lavoro, realizzando con mano di ferro l’unità della società capitalista sulla base della soppressione di ogni minaccia proletaria[17].
In tutti i paesi europei si sviluppano così partiti che si rifanno a Hitler o Mussolini, il cui programma è il rafforzamento e la concentrazione del potere politico ed economico nelle mani di un singolo partito nello Stato. Il loro sviluppo è combinato con una vasta offensiva anti-operaia dello Stato, facendo affidamento su un apparato repressivo rinforzato dall'esercito e dalle truppe fasciste in caso di bisogno. Dalla Romania alla Grecia si sviluppano organizzazioni di tipo fascista che, con la complicità dello Stato nazionale, si adoperano per impedire qualsiasi reazione operaia. La dittatura capitalista diventa aperta e molto spesso prende la forma del modello mussoliniano o hitleriano.
Il mantenimento del quadro democratico è tuttavia reso possibile nei paesi industrializzati meno colpiti dalla crisi. E la democrazia è anche una necessità per mistificare il proletariato. Il fascismo, avendo dato alla luce “l’antifascismo”, ha rafforzato le capacità di mistificazione delle “potenze democratiche”. Sotto la copertura dell'ideologia dei Fronti Popolari[18], che permettono di mantenere i lavoratori disorientati dietro i programmi di unità nazionale e di preparazione per la guerra imperialista, e in complicità con la borghesia russa, la maggior parte dei PC asserviti al nuovo imperialismo organizzeranno una vasta campagna sull'avanzamento del pericolo fascista[19]. La borghesia può condurre la guerra alla sola condizione di ingannare i proletari, facendo loro credere che quella è anche la loro guerra: "È la fine della lotta di classe, o più esattamente la distruzione della potenza di classe del proletariato, la distruzione della sua coscienza, la deviazione delle sue lotte, che la borghesia riesce ad ottenere attraverso suoi agenti nel proletariato, svuotando le sue lotte del loro contenuto rivoluzionario e impegnandole sui binari del riformismo e del nazionalismo, che è la condizione ultima e decisiva per lo scoppio della guerra imperialista". (Relazione sulla situazione internazionale della conferenza di luglio 1945 della Sinistra comunista di Francia)[20].
I massacri della seconda guerra mondiale
La maggior parte dei combattenti arruolati in entrambi i campi non sono partiti col sorriso fra i denti, paralizzati come erano dalla morte dei loro padri solo 25 anni prima. E ciò che incontreranno certamente non gli risolleverà il morale: la "Guerra lampo" causerà comunque 90.000 morti e 120.000 feriti francesi, 27.000 morti tedeschi. Il disastro in Francia ha sprofondato dieci milioni di persone nelle più spaventose delle condizioni. Un milione e mezzo di prigionieri vengono inviati in Germania. Ovunque le condizioni di sopravvivenza sono disumane: l'esodo di massa in Francia, il terrore dello Stato nazista che irreggimenta la popolazione tedesca.
In Italia come in Francia, molti operai si uniscono alla Resistenza di quest'epoca (in Francia “maquis”). Il partito stalinista e i trotskisti indicano loro l'esempio mistificato della Comune di Parigi (non si oppongono i lavoratori alla loro stessa borghesia guidata da Pétain, il nuovo Thiers, mentre i tedeschi occupano la Francia?). Nel bel mezzo di una popolazione terrorizzata e indifesa allo scatenarsi della guerra, molti operai francesi ed europei, reclutati nelle bande della resistenza, saranno uccisi credendo di combattere per la "liberazione socialista" della Francia, dell'Italia, .... Le bande della resistenza staliniste e trotskiste concentrano la loro propaganda odiosa soprattutto affinché gli operai possano impegnarsi "in prima linea nella lotta per l'indipendenza dei popoli".
Se la prima guerra mondiale ha causato 20 milioni di morti, la seconda ne farà 50 milioni, di cui 20 milioni di russi caduti sul fronte europeo. 10 milioni di persone sono morte nei campi di concentramento, 6 milioni delle quali sono da mettere sul conto della politica nazista di sterminio degli ebrei. Sebbene nessuna delle atrocità raccapriccianti del nazismo è oggi sconosciuta al grande pubblico, contrariamente ai crimini delle grandi democrazie, i crimini nazisti rimangono un esempio inconfutabile della barbarie senza limiti del capitalismo decadente, ... e anche dell'odiosa ipocrisia del campo degli alleati. In effetti, solo durante la liberazione, gli alleati fingono di scoprire i campi di concentramento. Pura mascherata per nascondere la propria barbarie esponendo quella del nemico sconfitto. In realtà la borghesia, sia inglese che americana, conosceva perfettamente l'esistenza dei campi e quello che stava succedendo. Eppure, guarda che stranezza, non ne parla praticamente durante la guerra e non ne fa un tema centrale della sua propaganda. In realtà, i governi di Churchill e Roosevelt hanno temuto come la peste che i nazisti espellessero gli ebrei in maniera massiccia per svuotare i campi. Così hanno rifiutato le offerte per lo scambio di 1 milione di ebrei. Non li volevano nemmeno senza dare nulla in cambio?[21]
Nell'ultimo anno di guerra, ad essere prese direttamente di mira dai bombardamenti saranno le concentrazioni operaie per indebolire il più possibile la classe operaia decimandola o terrorizzandola.
La borghesia mondiale prende le sue misure per eliminare ogni rischio di sollevamento proletariato
L'obiettivo è prevenire la ripetizione di un sollevamento proletario come nel 1917 e 18 di fronte agli orrori della guerra. Questo è il motivo per cui i bombardamenti anglo-americani - principalmente sulla Germania, ma anche sulla Francia – sono stati così barbaramente efficaci. Il risultato di quello che è stato indubbiamente uno dei più grandi crimini di guerra del secondo massacro mondiale, sono i circa 200.000 morti[22], quasi tutti civili, del bombardamento nel 1945 di Dresda, città riparo di rifugiati che non aveva alcun interesse strategico. Solo per decimare e terrorizzare la popolazione civile[23]. Allo stesso titolo, l’altro crimine efferato su Hiroshima che causò 75.000 morti e i terribili bombardamenti americani su Tokyo nel marzo 1945 che causarono 85.000 morti!
Nel 1943, quando Mussolini è rovesciato e sostituito dal maresciallo Badoglio, favorevole agli Alleati, questi ultimi, che già controllano il Sud del paese, non fanno niente per spostarsi a Nord. E ciò per consentire ai fascisti di regolare i loro conti con le masse operaie che cominciano a sollevarsi su basi di classe nelle regioni industriali del nord Italia. Interpellato per questa passività, Churchill risponderà: "E’ necessario far cuocere gli italiani nel loro brodo".
Appena finita la guerra, gli alleati favoriscono l'occupazione russa ovunque sorgevano rivolte operaie. L'Armata Rossa è la meglio piazzata per mettere ordine in questi paesi, o massacrando il proletariato o deviandolo dal suo terreno di classe in nome del "socialismo".
Una condivisione del lavoro dello stesso tipo si attua tra l'Armata Rossa e l'Esercito tedesco. A Varsavia e Budapest, quando si trova già nei loro sobborghi, l '"Armata Rossa" lascerà, senza muovere un dito, schiacciare dall'esercito tedesco le insurrezioni contro quest'ultimo. Stalin quindi affida a Hitler il compito di massacrare decine di migliaia di operai armati che avrebbero potuto contrastare i suoi piani[24].
Non contento di offrire a Stalin i territori ad "alto rischio sociale", la "democratica" borghesia dei paesi vincitori chiama i PC al governo nella maggior parte dei paesi europei (in particolare in Francia e in Italia) affidando loro un posto di prim’ordine nei vari ministeri (Thorez - segretario del Partito comunista francese - in Francia sarà nominato vicepresidente del Consiglio nel 1944).
Nell’immediato dopoguerra, il terrore imposto alla popolazione tedesca
Nella continuità dei massacri preventivi destinati a impedire un sollevamento proletario in Germania alla fine della guerra, quelli che si avranno dopo non saranno meno sanguinosi.
La Germania in effetti è trasformata in un vasto campo di sterminio dalle potenze occupanti russe, britanniche, francesi e americane. A guerra finita saranno morti, a causa dei bombardamenti e nei campi di concentramento, molti più tedeschi di quelli caduti in battaglia,. Secondo James Bacque, autore di "Crimini e misericordie: la sorte dei civili tedeschi sotto occupazione alleata, 1944-1950"[25], oltre 9 milioni di persone sono morte a causa della politica dell'imperialismo alleato tra il 1945 e il 1950.
Solo quando viene raggiunto questo obiettivo omicida l'imperialismo americano si rende conto che la devastazione dell'Europa, dopo la guerra, avrebbe rischiato di portare al potere l'imperialismo russo in tutto il continente e di conseguenza la politica di Potsdam viene cambiata. La ricostruzione dell'Europa occidentale richiede la rinascita dell'economia tedesca. Il ponte aereo di Berlino del 1948 è stato il simbolo di questo cambio di strategia[26]. Proprio come per il bombardamento di Dresda, "... il migliore raid terroristico di tutta la guerra messo in opera dagli Alleati vittoriosi", la borghesia democratica ha fatto il possibile per oscurare la realtà del vero costo della Barbarie ampiamente condivisa nei due campi della guerra mondiale.
Il proletariato non è stato in grado di sollevarsi in una lotta frontale contro la guerra
Nonostante puntuali manifestazioni di lotte in diversi luoghi, specialmente in Italia nel 1943, il proletariato non riesce ad alzare la testa contro la barbarie della Seconda Guerra Mondiale, come aveva fatto con la Prima guerra mondiale.
La prima guerra mondiale aveva conquistato milioni di lavoratori all'internazionalismo, la seconda li ha sprofondati nei bassifondi del più abietto sciovinismo, la caccia ai "boches"[27] e ai "collaborazionisti"[28].
Il proletariato tocca il fondo. Ciò che gli viene presentato, e che interpreta come sua grande "vittoria", il trionfo della democrazia contro il fascismo, costituisce la sua più totale sconfitta storica. Essa permette di erigere i pilastri ideologici dell'ordine capitalista: il sentimento di vittoria e l'euforia che travolge il proletariato, la sua fede nelle "virtù sacre" della democrazia borghese - proprio quella che l'ha portato a due macelli imperialisti e che ha schiacciato la sua rivoluzione nei primi anni 1920. E, dopo, il periodo di ricostruzione, poi il boom economico del dopoguerra, il momentaneo miglioramento delle sue condizioni di vita in Occidente, non gli consentono di misurare la vera sconfitta che ha subito[29].
Nei paesi dell'Europa dell'Est, che non beneficiano della manna americana del piano Marshall, in quanto i partiti stalinisti l'hanno rifiutato su ordine di Mosca, la situazione richiede più tempo per migliorare un po'. La mistificazione che viene presentata ai lavoratori è quella della "costruzione del socialismo". E tale mistificazione riporta un certo successo, come ad esempio in Cecoslovacchia dove il "colpo di Praga" del febbraio 1948, cioè la presa del controllo del governo da parte degli stalinisti, è realizzata con la simpatia di molti operai.
Una volta che questa illusione si è esaurita, cominciano a manifestarsi rivolte operaie, come quella in Ungheria nel 1956, ma esse sono duramente represse dalle truppe russe[30].
Il coinvolgimento delle truppe russe nella repressione è quindi un ulteriore alimento per il nazionalismo nei paesi dell'Europa dell'Est. Allo stesso tempo, tale repressione è ampiamente utilizzata dalla propaganda dei settori "democratici" e filo-americani della borghesia dei paesi dell'Europa occidentale, mentre i partiti stalinisti di questi paesi usano questa stessa propaganda per presentare l'insurrezione dei lavoratori ungheresi come un movimento sciovinista, persino "fascista", al soldo dell'imperialismo USA.
Inoltre, durante la "Guerra fredda", e anche quando essa lascia il posto alla "coesistenza pacifica" dopo il 1956, la divisione del mondo in due blocchi costituirà uno strumento di prim'ordine per ingannare la classe operaia.
Negli anni '50, lo stesso tipo di politica degli anni '30 continua a dividere e a disorientare la classe operaia: una parte di quest'ultima non vuole più sentir parlare di comunismo (identificandolo con l'URSS) mentre un'altra parte continua a subire il dominio ideologico dei partiti stalinisti e dei loro sindacati. Così, dalla Guerra di Corea, lo scontro Est-Ovest viene usato per opporre gli uni contro gli altri i diversi settori della classe operaia e per imbrigliare milioni di operai dietro il campo sovietico nel nome della "lotta contro l'imperialismo". Allo stesso tempo, le guerre coloniali offrono un'ulteriore opportunità per deviare gli operai dal loro terreno di classe nel nome, ancora una volta, della "lotta contro l'imperialismo" (e non della lotta contro il capitalismo) rispetto alla quale l'Unione Sovietica viene presentata come il paladino del "diritto e della libertà dei popoli". Questo tipo di campagna continuerà in molti paesi negli anni '50 e '60, in particolare con la guerra del Vietnam, dove gli Stati Uniti si impegnano in maniera massiccia dal 1961[31].
Un'altra conseguenza di questo lungo e profondo riflusso della classe operaia è stata la rottura organica con le frazioni comuniste del passato[32], imponendo così alle future generazioni di rivoluzionari la necessità di riappropriarsi in modo critico delle acquisizioni del movimento operaio.
Maggio 1968, fine della contro-rivoluzione
La crisi del 1929 e degli anni 1930, ha, nel migliore dei casi, suscitato alcune reazioni di combattività proletarie in Francia e in Spagna, ma, come abbiamo visto sopra, queste sono state deviate dal terreno di classe verso la difesa dell'antifascismo e della democrazia, grazie al lavoro degli stalinisti, dei trotskisti, dei sindacati. E ciò non ha fatto che approfondire ulteriormente la contro-rivoluzione.
Nel 1968, siamo solo all'inizio di una nuova manifestazione della crisi economica mondiale. E saranno gli effetti in Francia di questa crisi economica globale (aumento della disoccupazione, congelamento degli aumenti salariali, intensificazione dei ritmi di lavoro, attacchi alla Sicurezza sociale) a spiegare in gran parte la crescente combattività operaia in questo paese a partire dal 1967. Invece di lasciarsi incanalare dagli stalinisti e dai sindacati, il risveglio della combattività operaia comincia ad allontanarsi dagli "scioperetti" e dalle giornate d'azione sindacale. Già dal 1967, assistiamo a conflitti molto duri, molto determinati di fronte alla violenta repressione padronale e della polizia, e in cui i sindacati vengono più volte messi alle corde. Lo scopo di questo articolo non è quello di tornare su tutti i principali aspetti del Maggio 68 in Francia. Per questo rimandiamo il lettore agli articoli "Maggio 68 e la prospettiva rivoluzionaria" scritti in occasione del 40° anniversario di questi eventi[33].
Tuttavia, il richiamo di alcuni fatti è importante per illustrare il cambiamento della dinamica della lotta di classe avvenuta a Maggio 1968.
A Maggio, l'atmosfera sociale cambia radicalmente. "Il 13 maggio, tutte le città del paese conoscono le più importanti manifestazioni [in solidarietà con gli studenti vittime della repressione] dalla fine della Seconda Guerra Mondiale. La classe operaia è presente in modo massiccio accanto agli studenti (...) Alla fine delle manifestazioni, praticamente tutte le università sono occupate non solo dagli studenti ma anche da molti giovani operai. Ovunque si parla liberamente. Le discussioni non si limitano a questioni universitarie, alla repressione. Esse cominciano ad affrontare tutti i problemi sociali: le condizioni di lavoro, lo sfruttamento, il futuro della società (...) Il 14 maggio, in molte fabbriche, le discussioni continuano. Dopo le grandi dimostrazioni del giorno prima, con l'entusiasmo e il senso di forza emersi, è difficile tornare a lavorare come se niente fosse successo. A Nantes, i lavoratori di Sud-Aviation, coinvolti dai più giovani tra loro, lanciano uno sciopero spontaneo e decidono di occupare la fabbrica. La classe operaia inizia a prendere il sopravvento"[34].
L'apparato classico d’inquadramento della borghese non riesce ad averla vinta sulla spontaneità della classe operaia ad entrare in lotta. Così, nei tre giorni successivi alla manifestazione del 13 maggio, lo sciopero si estende spontaneamente alle fabbriche in tutta la Francia. I sindacati superati e messi da parte non possono che mettersi al rimorchio del movimento seguendone l'esempio. Nessuna richiesta specifica. Una tratto comune: sciopero totale, occupazione illimitata, sequestro della Direzione, bandiera rossa innalzata. Alla fine, la CGT chiede l'estensione, cercando di "salire sul treno in marcia"[35]. Ma ancora prima che l'appello della CGT sia noto, già un milione di lavoratori è sceso in sciopero.
La coscienza crescente della propria forza da parte della classe operaia stimola la discussione al suo interno e la discussione politica in particolare. Ciò ricorda, con le dovute proporzioni, la vita politica che attraversò la classe operaia, come riportato dagli scritti di Trotsky e J. Reed sulla effervescenza rivoluzionaria del 1917.
Il velo di menzogne tessuto per decenni dalla contro-rivoluzione e dai suoi sostenitori stalinisti e democratici sta iniziando a svanire. Video amatoriali girati nella fabbrica occupata Sud-Aviation a Nantes mostrano una appassionata discussione all'interno di un gruppo di lavoratori sul ruolo dei comitati di sciopero nella "dualità del potere". La dualità del potere nel 1917 è stato il prodotto della lotta per il potere reale tra lo Stato borghese e i consigli operai. In molte fabbriche in sciopero nel 1968, gli operai hanno eletto dei comitati di sciopero. Siamo molto lontani dall'essere in una situazione pre-rivoluzionaria, ma quello che sta succedendo è un tentativo da parte della classe operaia di rivendicare la propria esperienza, il suo passato rivoluzionario. Un'altra esperienza lo attesta: "Alcuni operai chiedono a coloro che difendono l'idea della rivoluzione di andare a difendere il loro punto di vista nella loro impresa occupata. Così a Tolosa, dove il piccolo nucleo che fonderà in seguito la sezione della CCI in Francia è invitato ad andare ad esporre l'idea dei consigli operai nella fabbrica JOB (carta e cartone) occupata E la cosa più significativa è che questo invito proviene da militanti ... della CGT e del PCF. Questi ultimi dovranno discutere per un'ora con i funzionari della CGT della grande fabbrica Sud-Aviation che è giunta a "rafforzare" il picchetto della JOB per ottenere l'autorizzazione lasciare entrare dei "gauchiste" in fabbrica. Per più di sei ore, operai e rivoluzionari, seduti su rotoli di cartone, discuteranno della rivoluzione, della storia del movimento operaio, dei soviet e dei tradimenti ... del PCF e della CGT ... "[36].
Una tale riflessione consentirà a migliaia di operai di riscoprire il ruolo storico dei consigli operai, nonché i grandi eventi della lotta della classe operaia, come ad esempio i tentativi rivoluzionari in Germania nel 1919. Allo stesso modo, si sviluppa un critica del ruolo svolto dal PC (che definisce se stesso come un partito dell'ordine) in relazione agli stessi eventi del 1968 ma anche della rivoluzione russa. Questa è stata la prima rimessa in causa di un certo spessore allo stalinismo e al ruolo dei PC come custodi dell'ordine stabilito. La critica colpisce anche i sindacati, che crescerà quando essi si manifesteranno apertamente come gli agenti della divisione della classe operaia per riportarla al lavoro[37].
È un'altra epoca che si sta aprendo, caratterizzata da una "rinascita" nella coscienza di classe nelle vaste masse operaie. Questa rottura con la contro-rivoluzione non significa che quest'ultima non avrebbe continuato a pesare negativamente sull'ulteriore sviluppo della lotta di classe, né che la coscienza dei lavoratori fosse libera da forti illusioni soprattutto nei riguardi degli ostacoli da superare sul cammino della rivoluzione, molto più lontana di come la grande maggioranza l'aveva immaginata all'epoca.
Una tale caratteristica del Maggio 68, come dimostrazione della fine del periodo di contro-rivoluzione, troverà la sua conferma nel fatto che, lungi dall'essere un fenomeno isolato, questi eventi costituiscono piuttosto il punto di partenza per la ripresa della lotta di classe a livello internazionale, stimolata dalla profonda crisi economica e il cui corollario è stato lo sviluppo di un movimento politico proletario internazionale[38]. La fondazione nel 1968 di "Révolution Internationale" ne costituisce un esempio, dal momento che questo gruppo svolgerà un ruolo di primo piano nel processo di raggruppamento che porterà alla fondazione della CCI nel 1975, e di cui "Révolution Internationale" sarà la sezione in Francia. A differenza del periodo buio della contro-rivoluzione, la borghesia ha ora di fronte una classe che non è pronta ad accettare i sacrifici della guerra economica mondiale, e che pertanto costituisce un ostacolo allo scoppio della seconda guerra mondiale, come vedremo più avanti.
La ripresa internazionale della lotta di classe dal 1968
La CCI ha appena dedicato un articolo su questa questione, "Gli avanzamenti e i riflussi della lotta di classe dopo il 1968"[39] che consigliamo ai nostri lettori e da cui prendiamo molti elementi necessari per evidenziare le differenze tra il periodo di contro-rivoluzione e il periodo storico aperto con maggio 1968. In poche parole la differenza fondamentale tra il pe riodo di contro-rivoluzione, iniziato da una profonda sconfitta della classe operaia, e quella aperta con il maggio 68, risiede nel fatto che dalla rinascita della lotta, e nonostante tutte le difficoltà con cui il proletariato si è confrontato, quest'ultimo non ha subito una sconfitta profonda.
L'approfondimento della crisi economica aperta, che agli inizi degli anni '60 era ancora ai suoi inizi, è stata da stimolo per il proletariato per sviluppare il suo spirito combattivo e la sua coscienza.
Tre ondate di lotta si sono sviluppate nei due decenni successivi al 68
La prima, senza dubbio la più spettacolare, ha visto l’autunno caldo italiano nel '69, la violenta rivolta a Cordoba in Argentina nel 69 e in Polonia nel '70, e importanti movimenti in Spagna e in Gran Bretagna nel 1972. C'è stato anche un autunno caldo in Germania nel '69 con numerosi scioperi selvaggi. In Spagna, in particolare, i lavoratori hanno iniziato ad organizzarsi attraverso assemblee di massa, un processo culminato a Vitoria nel 1976. La dimensione internazionale dell'ondata è stata dimostrata dai suoi echi in Israele (1969) e in Egitto (1972) e, in seguito, dalle insurrezioni nelle township (divisioni territoriali costituite dall’apartheid) del Sud Africa dirette da comitati di lotta (i Civics).
Dopo una breve pausa a metà degli anni '70, c'è stata una seconda ondata di scioperi degli operai petroliferi iraniani, degli operai siderurgici in Francia nel 1978, "l'inverno del malcontento" in Gran Bretagna, lo sciopero dei portuali a Rotterdam, guidato da un comitato di sciopero indipendente, e gli scioperi dei lavoratori dell'industria siderurgica in Brasile nel 1979, che hanno anche sfidato il controllo sindacale. In Asia c'è stata la rivolta di Kwangju (Corea del Sud). Questa ondata di lotte è culminata in Polonia nel 1980, certamente l'episodio più importante della lotta di classe dal 1968, e anche dagli anni '20.
Sebbene la severa repressione dei lavoratori polacchi abbia fermato questa ondata, non è passato molto tempo per assistere ad un nuovo movimento di lotte in Belgio nel 1983 e nel 1986, lo sciopero generale in Danimarca nel 1985, lo sciopero dei minatori in Inghilterra nel 1984-85, le lotte dei ferrovieri e degli operatori sanitari in Francia nel 1986 e 1988, e il movimento degli insegnanti in Italia nel 1987. Le lotte in Francia e in Italia, in particolare, come lo sciopero di massa in Polonia, hanno mostrato una reale capacità di auto-organizzazione con assemblee generali e comitati di sciopero.
Questo movimento di ondate di lotte non è girato a vuoto, ha determinato, infatti, veri progressi nella coscienza di classe espressi attraverso le seguenti caratteristiche:
- una perdita di illusioni sulle forze politiche della sinistra del capitale e, prima di tutto, sui sindacati nei cui riguardi le illusioni hanno lasciato il posto alla sfiducia e ad un'ostilità sempre più aperta;
- l'abbandono sempre più marcato di forme di mobilitazione inefficaci, impasse in cui i sindacati hanno tante volte convogliato la combattività operaia: giornate d'azione, dimostrazioni, passeggiate, o scioperi lunghi e isolati ...
Ma l'esperienza di questi 20 anni di lotta non ha solo dato alla classe operaia insegnamenti "negativi" (cosa non fare). Ha anche portato lezioni su come:
- ricercare l'estensione della lotta (in particolare Belgio1986);
- ricercare la presa in mano delle proprie lotte, organizzandosi in assemblee e comitati di sciopero eletti e revocabili (Principalmente in Francia fine 86 ed Italia 1987).
Allo stesso modo, le manovre più sofisticate sviluppate dalla borghesia per affrontare la lotta di classe hanno dimostrato proprio lo sviluppo di quest'ultima durante questo periodo. Per esempio essa ha dovuto affrontare il crescente disincanto di fronte ai sindacati ufficiali e alla minaccia di auto-organizzazione sviluppando un tipo di sindacalismo che potrebbe ricoprire anche forme "al di fuori dei sindacati" (ad esempio, i coordinamenti creati dall'estrema sinistra in Francia).
Il proletariato ostacola la guerra
Alla fine di questi vent'anni dopo il 1968, la borghesia non è riuscita ad infliggere una decisiva sconfitta storica alla classe operaia, e quindi non ha potuto mobilitarla per una nuova guerra mondiale, a differenza degli anni '30 come abbiamo già mostrato in questo articolo.
In effetti, la borghesia non può lanciarsi in una guerra mondiale senza prima essersi assicurata di una certa docilità del proletariato. Infatti, quest’ultima costituisce la condizione essenziale per fargli accettare i sacrifici richiesti dallo stato di guerra, che richiede la mobilitazione di tutte le forze vive della nazione sia nella produzione che al fronte. Intanto, un simile obiettivo è del tutto irrealistico visto che il proletariato non si è dimostrato nemmeno pronto ad accettare con obbedienza cieca le misure di austerità che la borghesia doveva prender per far fronte alle conseguenze della crisi economica. E questo è il motivo per cui la Terza Guerra Mondiale non ha avuto luogo durante questo periodo, nonostante che le tensioni tra i blocchi avevano raggiunto il loro apice e le alleanze erano già state formate attraverso i due blocchi. Inoltre, in nessuna delle concentrazioni storiche del proletariato la borghesia ha cercato di mobilitarlo massicciamente per farlo partecipare come carne da macello nelle varie guerre locali, espressioni della rivalità Est-Ovest, e che anche durante questo periodo hanno insanguinato il mondo.
Ciò è particolarmente vero per la classe operaia in Occidente, ma anche per quella dell'Est, sebbene quest’ultima sia politicamente più debole dato il danno provocato dal rullo compressore dello stalinismo, specialmente in URSS. In effetti, la borghesia staliniana, impantanata in una palude economica, ha avuto di fronte una classe reattiva, che lottava (come illustrato in particolare dagli scioperi in Polonia nel 1980) e quindi era chiaramente impossibile mobilitarla in modo massiccio in una soluzione militare a causa del fallimento della sua economia.
Ciò detto, anche se la classe operaia ha rappresentato un ostacolo alla guerra mondiale fino alla fine degli anni '80, se è stata in grado di sviluppare le sue lotte di resistenza contro gli attacchi del capitale nei due decenni successivi al 1968, senza subire una profonda sconfitta e invertendo una dinamica globale di sviluppo dello scontro tra classi, non ha potuto comunque impedire l’avvicendarsi di guerre su altre parti del pianeta. In effetti, durante questo periodo, le guerre non si sono mai fermate.
Nella maggior parte dei casi, esse, espressione delle rivalità imperialiste tra l’Est e l’Ovest e in mancanza di uno scontro frontale tra questi, sono scoppiate attraverso paesi interposti. E in questi paesi appartenenti al capitalismo periferico, il proletariato non ha avuto una forza in grado di paralizzare il braccio armato della borghesia.
Il proletariato di fronte alla decomposizione del capitalismo
Nonostante questi progressi della lotta di classe, in particolare attraverso importanti sviluppi nella coscienza di classe, e anche perché la borghesia non è stata in grado di mobilitare il proletariato per un nuovo conflitto mondiale, la classe operaia non è riuscita a sviluppare la prospettiva della rivoluzione, di porre la propria alternativa politica alla crisi del sistema.
Quindi, nessuna delle due classi fondamentali è stata in grado di imporre la sua soluzione alla crisi del capitalismo. Privato di ogni via d'uscita ma ancora bloccato da una crisi economica di lunga durata, il capitalismo ha cominciato a marcire e questo putridume ha colpito la società capitalista a tutti i livelli. Il capitalismo è così entrato in una nuova fase della sua decadenza, quella della sua decomposizione sociale. Come abbiamo già spesso messo in evidenza, questa fase è sinonimo di maggiori difficoltà per la lotta del proletariato[40].
Andando indietro negli ultimi tre decenni, possiamo dire che il declino della coscienza si è approfondito, causando una sorta di amnesia nei confronti dei risultati e dei progressi del periodo 1968-1989 e che si spiega fondamentalmente attraverso due fattori:
- L'enorme impatto del crollo del blocco dell'Est nel 1989-91, falsamente fatto identificare dalle campagne della borghesia come il crollo del comunismo;
- Le caratteristiche dello stesso periodo di decomposizione, inaugurato da questo crollo, ed in particolare: l'aumento permanente della criminalità, l'insicurezza, la violenza urbana; lo sviluppo del nichilismo, del suicidio giovanile, della disperazione, dell'odio e della xenofobia; l'ondata di droga; la profusione di sette, il risveglio dello spirito religioso, anche in alcuni paesi avanzati; il rifiuto di un pensiero razionale, coerente, costruito; l'invasione dei media con spettacoli di violenza, orrore, sangue, massacri (...) lo sviluppo del terrorismo, la presa di ostaggi, come mezzi di guerra tra Stati.
Nonostante queste enormi difficoltà della classe operaia dal 1990, per comprendere seriamente l'attuale periodo devono essere presi in considerazione due elementi:
- le crescenti difficoltà e persino le sconfitte parziali non sono ancora sinonimo di una sconfitta storica della classe e della scomparsa della possibilità del comunismo;
- la maturazione sotterranea continua perché, nonostante la decomposizione, il capitalismo continua a sopravvivere e le due classi antagoniste della società si fronteggiano.
In effetti, negli ultimi decenni, ci sono stati una serie di movimenti importanti che forniscono una base per questa analisi:
- Nel 2006, la massiccia mobilitazione degli studenti in Francia contro il CPE[41]. I suoi protagonisti hanno riscoperto forme di lotta che erano apparse nel maggio 1968, in particolare le assemblee generali in cui si sono potute svolgere vere discussioni e dove i giovani partecipanti sono stati pronti ad ascoltare le testimonianze dei compagni più anziani invitati a prendere parte agli eventi. Questo movimento, che ha sopraffatto la leadership sindacale, rischiava seriamente di attrarre dipendenti pubblici ed operai in modo altrettanto "incontrollato", proprio come nel maggio 1968, ed è per questo che il governo ha ritirato il suo progetto di legge CPE.
- Inoltre, nel maggio 2006, 23.000 metallurgici a Vigo, nella provincia della Galizia in Spagna, hanno scioperato contro una riforma del lavoro in questo settore e invece di rimanere chiusi in fabbrica sono andati a cercare solidarietà in altre fabbriche, soprattutto alle porte dei cantieri navali e delle fabbriche Citroën; poi hanno organizzato manifestazioni nella città per radunare l'intera popolazione e soprattutto assemblee pubbliche quotidianamente aperte ad altri lavoratori, occupati, disoccupati o in pensione.
- Nel 2011, l'ondata di rivolte sociali in Medio Oriente e in Grecia, che è culminata nel movimento degli "Indignados" in Spagna. L'elemento proletario in questi movimenti è variato da un paese all'altro, ma è stato più forte in Spagna, dove si é avuto lo sviluppo di assemblee generali; un potente slancio internazionalista che ha salutato con espressioni di solidarietà i partecipanti di tutti gli angoli del mondo e dove lo slogan "rivoluzione mondiale" è stato preso sul serio, forse per la prima volta dall'ondata rivoluzionaria del 1917; un riconoscimento che "il sistema è obsoleto" e una forte volontà di discutere della possibilità di una nuova forma di organizzazione sociale. Nelle molteplici e vivaci discussioni che hanno avuto luogo nelle assemblee e commissioni sulle questioni morali, la scienza e la cultura, nella rimessa in discussione, molto presente, dei dogmi secondo il quale i rapporti di produzione capitalistici sono eterni - abbiamo visto qui di nuovo lo spirito reale di Maggio 68 prendere forma. Ovviamente, questo movimento ha avuto molte debolezze che abbiamo analizzato altrove[42], non ultimo la tendenza da parte delle persone coinvolte a vedere se stessi come "cittadini", piuttosto che come proletari, e quindi una reale vulnerabilità all'ideologia democratica.
Le minacce che la sopravvivenza del capitalismo fa correre all'umanità provano che la rivoluzione è più che mai una necessità per la specie umana: estensione del caos militare, catastrofe ecologica, carestia e malattie su scala mai vista prima. La decadenza del capitalismo e della decomposizione minacciano di distruggere definitivamente la base oggettiva di una nuova società se la decomposizione avanza oltre un certo punto. Ma anche nella sua ultima fase, il capitalismo produce ancora le forze che possono essere utilizzate per rovesciarlo - nei termini del Manifesto comunista del 1848, "ciò che la borghesia soprattutto produce è il suo becchino" (il proletariato).
Così, con l'entrata del capitalismo nella sua fase di decomposizione, anche se ciò comporta maggiori difficoltà per il proletariato, non c'è nulla che indichi che quest'ultimo abbia subito una sconfitta con conseguenze irreversibili e che sia disposto ad accettare ogni sacrificio richiesto sia riguardo alle condizioni di lavoro, che in una marcia verso la guerra imperialista. Non sappiamo quando, né con quale ampiezza si svolgeranno le prossime manifestazioni di tali potenzialità del proletariato. Ciò che sappiamo, tuttavia, è che l'intervento determinato e appropriato della minoranza rivoluzionaria condiziona già da oggi il futuro rafforzamento della lotta di classe.
Silvio (luglio 2018)
[1] Victor Serge è noto soprattutto per la sua famosa narrazione della storia della rivoluzione russa: “L'anno I della Rivoluzione russa”, Einaudi.
[2] "Una nuova era è sorta: il tempo della disintegrazione del capitalismo, del suo crollo interno. L'era della rivoluzione comunista del proletariato". Lettera di invito al primo congresso dell'Internazionale comunista. A tale proposito, leggi il nostro articolo della serie "Il comunismo non è un bell'ideale, esso è all'ordine del giorno della storia", "La Piattaforma dell'Internazionale comunista". Révue internationale n°94.
[3] La Quarta Internazionale, sostenendo la Russia imperialista (dopo la morte di Trotsky), tradì a sua volta l'internazionalismo proletario. Vedi il nostro articolo "Il trotskismo e la seconda guerra mondiale" all'interno della nostra brochure "Il trotskismo contro la classe operaia".
[4] Cosa che porterà alla necessità per il potere in Russia a firmare gli accordi di Brest-Litovsk, al fine di evitare il peggio.
[5] Leggi il nostro articolo “La borghesia mondiale contro la rivoluzione di ottobre” (parte I), su Révue Internationale n°160.
[6] Paul Frölich, Rudolf Lindau, Albert Schreiner, Jakob Walcher, “Rivoluzione e contro-rivoluzione in Germania 1918-1920”, Edizioni Pantarei.
[7] Per ulteriori informazioni vedere gli articoli dedicati alla Rivoluzione in Germania su Rivoluzione Internazionale nn.158 e 159, sulla Rivista Internazionale n. 30 e su CCI on line 25/01/2019.
[8] Leggi il nostro articolo "L'azione di marzo 1921, il pericolo dell'impazienza piccolo-borghese" della Révue internationale n°93.
[9] "I tentativi di ottenere il sostegno delle masse in una fase di declino dell'attività di queste masse hanno portato a "soluzioni "opportunistiche - la crescente insistenza sul lavoro all'interno del parlamento e dei sindacati, gli appelli ai "Popoli dell'Est" a sollevarsi contro l'imperialismo e, soprattutto, alla politica del fronte unico con i partiti socialista e socialdemocratico gettando fuori bordo tutta la chiarezza acquisita sulla natura capitalista di coloro che erano diventati dei socialpatrioti". "La sinistra comunista e la continuità del marxismo" in "Cos'è la CCI?" sul nostro sito in francese.
[10] Leggi nella serie "Il comunismo non è un bell'ideale, esso è all'ordine del giorno della storia" il nostro articolo "1922-23: frazioni comuniste contro l'ascesa della contro-rivoluzione" dalla Révue internationale n°101.
[11] Anche questi ultimi conosceranno frazioni di sinistra. Su tale argomento, vedi il citato articolo "La Sinistra Comunista e la continuità del marxismo”
[12] Vedere il nostro articolo "Come Stalin ha sterminato i militanti nella rivoluzione di ottobre" in Révolution internationale n° 387.
[13] Per esempio, a partire dal 1925 Stalin riceve il sostegno senza riserve da parte della borghesia mondiale nella sua lotta contro l'opposizione di sinistra che, all’interno del partito bolscevico, cercava di mantenere una politica in-ternazionalista contro la tesi della "costruzione del socialismo in un solo paese". Vedere il nostro articolo "Quando i democratici sostenevano Stalin per schiacciare il proletariato" in Révolution internationale n° 385
[14] Come diceva il nostro compagno Marc Chirik: "Passare questi anni di terribile isolamento, vedere il proletariato francese inalberare il vessillo tricolore, quello dei Versagliesi, e cantare la Marsigliese, tutto questo in nome del comunismo, era, per tutte le generazioni che erano rimaste rivoluzionarie, fonte di una orribile tristezza. Ed è al momento della guerra di Spagna che questo sentimento di isolamento raggiunge uno dei suoi punti culminanti dal momento che numerose delle organizzazioni che erano riuscite a mantenere delle posizioni di classe vengono trascinate nell’ondata antifascista". Vedere il nostro articolo "Marc: De la révolution d'octobre 1917 à la deuxième guerre mondiale", Révue internationale n°65.
[15] Va tuttavia segnalato che una forte minoranza in seno alla CNT si era dichiarata favorevole all’adesione all'Internazionale comunista al momento della sua fondazione.
[16] Vedi “La lezione degli avvenimenti di Spagna” in Bilan n°36 (novembre 1936), ripubblicato nel nostro opuscolo “Fascisme & démocratie, deux expressions de la dictature du capital”.
[17] Vedere in proposito "Lo schiacciamento del proletariato tedesco e l'avvento del fascismo" nel numero 16 della Rivista Bilan (mars 1935), ripubblicato nella Révue internationale n° 71.
[18] Per ulteriori informazioni vedere l’articolo "1936 : Fronti popolari in Francia e in Spagna : come la borghesia ha mobilitato la classe operaia per la guerra", Rivista internazionale n° 28.
[19] Vedere "Le commemorazioni del 1944 : 50 anni di menzogne imperialiste (1a parte)" in Révue internationale n° 78.
[20] Ripubblicato nella Rèvue Internationale n. 59.
[21] Vedere in proposito "I massacri e i crimini delle grandi democrazie`'". Révue internationale n° 66.
[22] Questa è la cifra fornita dagli americani dopo la guerra.
[23] I bombardamenti più sanguinosi per le popolazioni che ebbero luogo precedentemente in Germania sono quelli di Amburgo (50.000 morti e 40.000 feriti nel luglio 1943, essenzialmente in zone residenziali e operaie), Kassel (10.000 morti nell’ ottobre 1943), Darmstadt, Königsberg, Heilbronn (più di 24.000 morti all’inizio del 1944), Braunschweig (23.000 persone carbonizzate o asfissiate), Berlino (25.000 morti).
[24] Leggere l'articolo "Quando le democrazie sostenevano Stalin per schiacciare il proletariato" del nostro opuscolo sul crollo dello stalinismo.
[25] Per questo autore, "Più di 9 milioni di tedeschi sono morti a causa della carestia provocata dagli Alleati dopo la Seconda Guerra mondiale - un quarto del paese è stato annesso e circa 15 milioni di persone sono state espulse nel più grande atto di pulizia etnica che il mondo abbia mai conosciuto. Più di 2 milioni di questi, tra cui un numero incalcolabile di bambini, sono morti negli spostamenti o nei campi di concentramento in Polonia e altrove. I governi occidentali continuano a negare che queste morti siano avvenute."
[26] Vedere il nostro articolo "Berlino 1948 : il ponte aereo di Berlino nasconde i crimini dell’imperialismo alleato" sulla Révue internationale n° 95.
[27] Boche è il termine dispregiativo per indicare un soldato tedesco o una persona di origine tedesca, il cui uso da parte de PCF in particolare aveva lo scopo di attizzare l’odio sciovinista verso i tedeschi.
[28] Termine che indica le persone che, durante la seconda guerra mondiale, hanno "tradito" collaborando con il nemico tedesco.
[29] Leggere in proposito il nostro articolo "All’alba del 21° secolo... perché il proletariato non ha ancora rovesciato il capitalismo (I)" su Révue internationale n° 103.
[30] Per maggiori informazioni leggere il nostro articolo "Lotta di classe nell’Europa dell'est (1920-1970) : la necessità dell’internazionalizzazione delle lotte", Révue internationale n° 27, e, in italiano l’’articolo sull’insurrezione in Ungheria del 1956 su Rivoluzione Internazionale n.148.
[31] Leggere in proposito il nostro articolo "All’alba del 21° secolo...perchè il proletariato non ha ancora rovesciato il capitalismo (II)" su Révue internationale n° 104.
[32] Quelle che si sono staccate dai vecchi partiti operai che erano degenerati dopo la sconfitta del’ondata rivoluzionaria mondiale del 1917-23.
[33] Maggio 68: "Il movimento degli studenti nel mondo negli anni 1960" e "Fine della controrivoluzione, ripresa storica del proletariato mondiale" pubblicati su CCI on line nel 2018.
[34] "Fine della controrivoluzione, ripresa storica del proletariato mondiale" pubblicato su CCI on line nel 2018.
[35] Questo permetterà alla CGT di essere presente al momento dei negoziati e di giocare il ruolo di principale divisore del movimento facendo riprendere il lavoro, settore dopo settore, attraverso negoziati isolati per ciascuno di essi.
[36] "Fine della controrivoluzione, ripresa storica del proletariato mondiale" pubblicato su CCI on line nel 2018.
[37] La nostra insistenza sulla messa in discussione dell’inquadramento del PC e dei sindacati non deve comunque lasciar pensare che questi sono rimasti inattivi. In un buon numero di fabbriche occupate, i sindacati fanno di tutto per isolare gli operai da ogni contatto con l’esterno che poteva esercitare su di essi un’influenza "nefasta" (da parte di quelli che essi chiamavano i "gauchistes"). In più tengono occupati gli operai facendoli giocare tutto il giorno a ping-pong.
[38] Questa questione merita un articolo apposito. Lo faremo successivamente in un articolo dedicato all’evoluzione dell’ambiente politico proletario dopo il 1968.
[39] Articolo presente in questo stesso numero della Rivista Internazionale.
[40] Vedi “La decomposizione, fase ultima della decadenza del capitalismo” su Rivista Internazionale n. 14
[41] CPE (contratto di primo impiego) : una misura finalizzata ad accrescere la precarietà del lavoro per i giovani. Per un’analisi di questo movimento vedere l’articolo "Tesi sul movimento degli studenti della primavera 2006 in Francia", Rivista Internazionale n° 29.
[42] Vedere "Gli indignati in Spagna, Grecia ed Israele: dall’indignazione alla preparazione della lotta di classe", su Rivoluzione Internazionale n. 173.