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In Stato e Rivoluzione Lenin scriveva: “Finché sono vivi i grandi rivoluzionari le classi di oppressori li ricompensano con incessanti persecuzioni: accolgono la loro dottrina con rabbia brutale, odio feroce, con squallide campagne di menzogne e di calunnie. Dopo la loro morte si cerca di farne delle icone inoffensive, di canonizzarli, per così dire, di circondare il loro nome di una certa aureola con lo scopo di “consolare” le classi oppresse e di mistificarli: così si svuota la loro dottrina rivoluzionaria del suo contenuto, la si avvilisce e si smussa il carattere rivoluzionario”. Effettivamente, finché Marx era vivo, la borghesia ha fatto di tutto per impedirgli di agire demonizzandolo, perseguendolo senza sosta con il suo arsenale repressivo[1]. Dopo la sua morte ha fatto di tutto per snaturare la sua lotta tesa a distruggere il capitalismo e permettere l’avvento del comunismo.
Una propaganda infame
L’insieme delle pubblicazioni, delle trasmissioni radio e televisive prodotte in occasione del bicentenario della nascita di Marx non si discosta dalla regola. Molti studiosi accolgono ormai gli apporti di Marx all’economia, alla filosofia o alla sociologia pur presentandolo come un pensatore “fuori dalla realtà”, del tutto “superato” o che si sarebbe completamente sbagliato sul terreno politico. Si tratta, né più né meno, di smussare il suo essere militante rivoluzionario! Uno degli argomenti su cui si pone l’accento oggi è che Marx non sarebbe che “un pensatore del XIX secolo”[2] e che dunque la sua opera non permetterebbe di comprendere l’evoluzione ulteriore del XX e XXI secolo. Una prospettiva rivoluzionaria non avrebbe dunque oggi alcuna validità. Peraltro la classe operaia non esisterebbe più e il suo progetto politico non potrebbe condurre che all’orrore stalinista. Tutto l’aspetto politico dell’opera di Marx sarebbe alla fin dei conti da gettare nella spazzatura della storia.
Ma un aspetto più sottile di questa propaganda afferma che si dovrebbe prendere da Marx il Marx “attuale”, cosa che potrebbe in fin dei conti convalidare la difesa della democrazia, del liberalismo e la critica dell’alienazione. In fondo si tratterebbe di comprendere Marx non come il militante rivoluzionario che egli era, ma come un pensatore che in alcuni aspetti della sua opera permetterebbe di “comprendere” e migliorare un capitalismo che, lasciato da solo, “non regolato” dal controllo dello Stato, genererebbe ineguaglianze e crisi economiche. Nell’ambito borghese la maggior parte preferisce così recuperare Marx presentandolo come un “economista geniale” che avrebbe previsto le crisi del capitalismo, che avrebbe predetto la globalizzazione, l’accrescimento delle diseguaglianze, ecc.
Tra gli incensatori di Marx molti sono suoi sedicenti eredi (dagli stalinisti ai gauchisti e trotskisti) che dopo un secolo continuano a deformare, snaturare e infangare il rivoluzionario Marx trasformandolo, come denunciava giustamente in anticipo Lenin, in icona quasi-religiosa, canonizzandolo, innalzandogli statue. Tutto ciò per presentare, falsamente, come socialismo o comunismo il proseguimento della dominazione del capitalismo nel suo periodo di decadenza attraverso una difesa particolare e incondizionata della forma presa dalla contro-rivoluzione, quella del capitalismo di Stato secondo il modello edificato in URSS, nei paesi dell’ex blocco dell’Est e in Cina.
Marx è innanzitutto un combattente
Prima di tutto è necessario ricordare insieme a Engels che Marx era innanzitutto un rivoluzionario, cioè un combattente. Il suo lavoro teorico non è comprensibile senza questo punto di partenza. Alcuni hanno voluto fare di Marx uno studioso puro, chiuso con i suoi libri e isolato dal mondo, ma solo un militante rivoluzionario può essere marxista. Dalla sua partecipazione al gruppo dei giovani hegeliani a Berlino nel 1842, la vita di Marx è una lotta contro l’assolutismo prussiano. Questa lotta diventa una lotta per il comunismo quando cerca di comprendere le cause della miseria di una parte considerevole della società e quando sente con gli operai parigini le potenzialità che contiene la classe operaia. È questa lotta che fece di lui un esiliato, cacciato da un paese all’altro e lo gettò in una miseria che causò tra l’altro la morte dei suoi figli. A questo proposito è davvero osceno, come ha fatto una puntata di Arte (canale di divulgazione francese), attribuire la miseria di Marx al fatto che né lui né sua moglie sapevano gestire il budget familiare perché erano originari di ceti sociali benestanti. In realtà, impregnato della solidarietà proletaria, Marx usava regolarmente le sue modeste entrate per i bisogni della causa rivoluzionaria!
Inoltre, contrariamente a quanto afferma Jonathan Sperber, Marx non era un “giornalista”, ma un militante che sapeva che la lotta, inizialmente contro la monarchia autoritaria prussiana poi contro la borghesia, richiede un lavoro di propaganda di cui si farà carico nella Gazzetta Renana, poi nella Gazzetta tedesca di Bruxelles e negli Annali franco-tedeschi, infine ne La Nuova Gazzetta Renana. Come combattente, Marx si impegnò nella lotta della Lega dei Comunisti e accettò un mandato dalla Lega per la scrittura di un testo fondamentale del movimento operaio, il Manifesto del Partito comunista. E proprio perché combattente (come indica il titolo della biografia di Nicolaïveski e Maechen-Helfen) pone al centro della sua attività la preoccupazione per il raggruppamento dei rivoluzionari e per la loro organizzazione così come l’insieme della sua opera teorica ha per motore la lotta della classe operaia.
L’opera teorica di Marx
Marx ha potuto sviluppare un’immensa elaborazione teorica perché è partito dal punto di vista della classe operaia, classe che non ha nulla da difendere nel capitalismo e che “non ha nulla da perdere se non le proprie catene” attraverso la sua lotta contro lo sfruttamento. È partendo da questo postulato che egli ha compreso che questa lotta conterrebbe potenzialmente la fine dello sfruttamento dell’uomo sull’uomo che l’umanità si trova a dover affrontare dalla comparsa delle classi sociali e che la liberazione della classe operaia permetterebbe l’avvento dell’umanità riunificata, cioè del comunismo. Quando Attali (economista francese) afferma che Marx è un “padre fondatore della democrazia moderna” non è che un falsificatore al servizio della borghesia che ci presenta la società attuale come la migliore possibile. Lo scopo di questa propaganda è impedire alla classe operaia di comprendere che la sola prospettiva possibile per uscire dall’orrore del capitalismo agonizzante è il comunismo.
È ancora partendo dai bisogni della classe operaia che Marx ha stabilito un metodo scientifico, il materialismo storico, che permette alla classe operaia di orientare la sua lotta. Questo metodo critica e supera la filosofia di Hegel, anche se recupera quanto questi aveva scoperto, e cioè che la trasformazione della realtà è sempre un processo dialettico. Questo metodo gli ha permesso di trarre lezioni dalle grandi lotte della classe operaia come quelle del 1848 e della Comune di Parigi. La sua trasmissione alle generazioni seguenti di rivoluzionari, come a quelle della Sinistra Comunista, ha ugualmente permesso di trarre lezioni dalla sconfitta della ondata rivoluzionaria del 1917. L’impostazione di Marx è ancora viva, è esaminando la realtà con il suo metodo e confrontandola con i risultati ottenuti che i rivoluzionari possono arricchire la teoria.
Partendo dal punto di vista della classe operaia, egli ha potuto comprendere che era essenziale capire contro chi la classe operaia si batte e cosa deve distruggere per liberarsi dalle sue catene. Si è quindi impegnato nello studio dei fondamenti economici della società per farne la critica. Questo studio gli ha consentito di dimostrare che il fondamento del capitalismo è lo scambio delle merci e che lo scambio è alla base del rapporto salariale, cioè del rapporto di sfruttamento dell’uomo sull’uomo nel capitalismo. È interessante confrontare questo risultato fondamentale con quello che ne fa Liberation (giornale francese) nella sua celebrazione dell’anniversario della nascita : Karl Marx “mostra che l’acquisto della forza lavoro da parte del capitalista pone un problema di incertezza sull’effettivo carico di lavoro cui sono sottoposti i lavoratori”: in altri termini, se si potesse misurare il lavoro dell’operaio affinché il suo carico di lavoro fosse sopportabile, lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo sarebbe una buona cosa: ecco un buon esempio del modo in cui Marx viene usato per giustificare il capitalismo! Per Marx “l’acquisto della forza lavoro” significa “produzione di plus-valore” e dunque sempre e comunque sfruttamento!
È anche attraverso l’aspetto profondamente militante delle sue opere teoriche che Marx ha potuto dedurne che il capitalismo non è eterno e che, come i modelli di produzione che lo hanno preceduto, questo sistema presenta dei limiti ed entra storicamente in crisi perché “ad un certo stadio del loro sviluppo le forze produttive materiali della società entrano in contrasto con i rapporti di produzione esistenti, o, nell’espressione giuridica, con i rapporti di proprietà nell’ambito dei quali si erano mosse fino ad allora. Da forme di sviluppo delle forze produttive che erano, questi rapporti ne diventano ostacoli. Allora si apre un periodo di rivoluzione sociale” (Contributo a una Critica dell’economia politica). D’altra parte Marx dimostra che il capitalismo produce il suo becchino, il proletariato, che è contemporaneamente l’ultima classe sfruttata della storia, spogliata di tutto, e la sola classe sociale potenzialmente rivoluzionaria per la natura associata e solidale del suo lavoro, una classe che, unendosi al di là delle frontiere, è la sola forza capace di rovesciare il capitalismo a livello mondiale per creare una società senza classi e senza sfruttamento.
In fin dei conti, le “grandi analisi” del XX e del XXI secolo che, considerando superficialmente i fatti, pretendono che il pensiero di Marx sia superato, o che sia ancora oggi attuale perché sarebbe “economista” o sarebbe il pensiero di un “precursore geniale” delle teorie altermondialiste attuali per “correggere gli eccessi” del capitalismo, hanno il solo scopo di mascherare la necessità della lotta per la rivoluzione proletaria.
L’organizzazione dei rivoluzionari e della classe operaia
L’identificazione della classe operaia come il solo attore che ha la possibilità di rovesciare il capitalismo e permettere l’avvento del comunismo andava di pari passo, per Marx, con la necessità del proletariato di organizzarsi. Su questo aspetto, come sugli altri, il contributo di Marx è essenziale. A partire dal 1846 egli si impegnò in un “comitato di corrispondenza” per mettere in contatto socialisti tedeschi, francesi e inglesi perché, stando alle sue parole, “nel momento dell’azione, è certamente di grande importanza, per ognuno, essere informati della situazione all’estero tanto quanto a casa propria”. La necessità di organizzarsi si concretizza nella sua costante partecipazione alle lotte per la costituzione e la difesa di un’organizzazione rivoluzionaria internazionale all’interno del proletariato. La lotta per il comunismo e la più profonda comprensione di ciò che rappresenterà questa lotta lo spingerà a impegnarsi per la trasformazione della Lega dei Giusti in Lega dei comunisti nel 1847 e nella comprensione del ruolo che questa organizzazione doveva svolgere all’interno della classe operaia. Consapevoli di questo ruolo Marx ed Engels difesero la necessità di un programma all’interno della Lega dei comunisti, cosa che porterà alla stesura del Manifesto del Partito comunista nel 1848.
La Lega dei comunisti non resisterà ai colpi della repressione dopo la sconfitta delle rivoluzioni del 1848. Ma da quando ripresero le lotte a partire dal 1860, si verificarono altri tentativi di organizzazione. Marx si impegnò, sin dagli inizi, nell’Associazione internazionale dei lavoratori (AIT) nel 1864. Avrà un ruolo importante nella redazione dei suoi Statuti e sarà l’autore del discorso inaugurale. La sua convinzione sull’importanza dell’AIT e la sua chiarezza teorica faranno di lui la persona centrale dell’organizzazione. Tanto nella Lega dei comunisti quanto nell’AIT egli porterà avanti una lotta decisa perché queste organizzazioni svolgessero la loro funzione. Le sue preoccupazioni teoriche non sono mai state separate dalle esigenze della lotta. È per queste ragioni che, nella Lega, egli esclamerà di fronte a Weitling “fino ad ora l’ignoranza non è servita a nessuno” poiché questi proponeva una visione utopista e idealista del comunismo. È anche per questo che lotterà all’interno dell’AIT contro Mazzini che voleva che l’organizzazione avesse per obiettivo la difesa di interessi nazionali e contro Bakunin che tramava per prendere il controllo dell’AIT e trascinarla in avventure cospirative che sostituissero l’azione di massa del proletariato.
L’elaborazione teorica realizzata da Marx è una formidabile luce chiarificatrice sulla società borghese, tanto nel XIX secolo quanto nei due secoli successivi. Ma se si considera questa elaborazione solo “comprensione del mondo”, sulla scia di tutti gli pseudo-esperti della borghesia che celebrano quest’anno la sua nascita, la sua opera resterà circondata da un alone di mistero. Al contrario, mentre la borghesia coltiva il no-futuro, la classe operaia deve liberarsi dalle sue catene. Per questo deve non solo servirsi delle scoperte teoriche di Marx, ma basarsi sulla sua vita di combattente e militante. Gli strumenti che egli ha saputo sviluppare sono ancora oggi in pieno accordo con il fine stesso della lotta proletaria: trasformare il mondo!
Vitaz, 15 giugno 2018
[1] Engels ai funerali di Marx: “Marx era l’uomo più odiato e calunniato del suo tempo. I governi assolutisti e repubblicani lo hanno deportato. Borghesi, conservatori e democratici si sono uniti contro di lui”.
[2] In particolare nella recente biografia dello studioso americano Jonathan Sperber, che ha avuto ampia promozione nei mezzi di informazione, titolata Karl Marx, uomo del XIX secolo.