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Gli orientamenti principali del rapporto sulle tensioni imperialiste di novembre 2017 ci forniscono il quadro essenziale per comprendere gli sviluppi attuali:
- la fine dei due blocchi della ‘guerra fredda’ non significava la scomparsa dell'imperialismo e del militarismo. Sebbene le composizioni di nuovi blocchi e lo scoppio di una nuova ‘guerra fredda’ non siano all'ordine del giorno, i conflitti sono scoppiati in tutto il mondo. Lo sviluppo della decomposizione ha portato ad un sanguinoso e caotico scatenamento di imperialismo e militarismo;
- l'esplosione della tendenza al ‘ciascuno per sé’ ha portato al sorgere di ambizioni imperialiste di potenze di secondo e terzo livello, nonché al crescente indebolimento del controllo sul mondo da parte degli Stati Uniti;
- la situazione attuale è caratterizzata da tensioni imperialiste ovunque e da un caos che è sempre meno controllabile, ma soprattutto dal suo carattere altamente irrazionale e imprevedibile, legato all'impatto delle pressioni populiste, in particolare al fatto che la prima potenza mondiale è guidata oggi da un presidente populista con reazioni instabili.
Nel periodo recente, il peso del populismo sta diventando più tangibile esacerbando la tendenza al 'ciascuno per sé' e la crescente imprevedibilità dei conflitti imperialisti;
- gli interrogativi sugli accordi internazionali, sulle strutture sopranazionali (l'UE), su qualsiasi approccio globalizzato rendono le relazioni imperialiste più caotiche e accentuano il pericolo di scontri militari tra gli squali imperialisti (Iran e Medio Oriente, Corea del Nord e Estremo Oriente).
- Il rifiuto in molti paesi delle tradizionali élite politiche globalizzate va di pari passo con il rafforzamento di una retorica nazionalista aggressiva in tutto il mondo (non solo negli Stati Uniti con lo slogan 'America first' di Trump o in Europa, ma anche in Turchia o in Russia per esempio).
Queste caratteristiche generali del periodo trovano la loro concretizzazione oggi in una serie di tendenze particolarmente significative.
1. Politica imperialista USA: da poliziotto mondiale a principale propagatore del ciascuno per sé
L'evoluzione della politica imperialista USA negli ultimi trent'anni è uno dei fenomeni più significativi del periodo di decomposizione: gli Usa, dopo aver promesso “una nuova era di pace e prosperità” (Bush senior) all'indomani dell'implosione del blocco sovietico, lottano in seguito contro la tendenza al ciascuno per sé per diventare oggi il principale propagatore di questa tendenza nel mondo. In effetti, l'ex leader di blocco e la sola restante superpotenza imperialista dopo l'implosione del blocco orientale, che agisce da circa 25 anni come il poliziotto mondiale combattendo contro la diffusione del ciascuno per sé a livello imperialista, istiga oggi al rifiuto dei negoziati internazionali e degli accordi globali a favore di una politica di ‘bilateralismo’.
Un principio condiviso, volto a superare il caos nelle relazioni internazionali, è riassunto nella seguente frase latina: “pacta sunt servanda”, i trattati, gli accordi devono essere rispettati. Se qualcuno firma un accordo globale - o multilaterale, dovrebbe rispettarlo, almeno apparentemente. Ma gli Stati Uniti sotto Trump hanno abolito questa concezione: firmo un trattato, ma posso scartarlo domani. Ciò è già avvenuto con il Patto Transpacifico (TPP), l'accordo di Parigi sui cambiamenti climatici, il trattato nucleare con l'Iran, l'accordo finale sull'incontro del G7 a Québec. Gli Stati Uniti respingono oggi gli accordi internazionali a favore di una negoziazione tra Stati, in cui la borghesia statunitense imporrà senza mezzi termini i suoi interessi attraverso il ricatto economico, politico e militare (come possiamo vedere oggi con il Canada prima e dopo il G7 per quanto riguarda il NAFTA o con la minaccia di ritorsioni contro le società europee che investono in Iran). Ciò avrà conseguenze tremende e imprevedibili per lo sviluppo di tensioni e conflitti imperialisti (ma anche per la situazione economica del mondo) nel prossimo periodo. Lo illustreremo con tre 'punti caldi' negli scontri imperialisti oggi:
- Medio Oriente: nel denunciare l'accordo nucleare con l'Iran, gli Stati Uniti si oppongono non solo alla Cina e alla Russia ma anche all'UE e persino alla Gran Bretagna. La sua apparentemente paradossale alleanza con Israele e Arabia Saudita porta a una nuova configurazione di forze in Medio Oriente (con un crescente riavvicinamento tra Turchia, Iran e Russia) e aumenta il rischio di una generale destabilizzazione della regione, in più scontri tra i principali squali e guerre sanguinarie più estese.
- Le relazioni con la Russia: quale posizione verso Putin? Per ragioni storiche (il periodo della 'guerra fredda' e il Russiagate durante le ultime elezioni presidenziali), ci sono poteri molto forti nella borghesia statunitense che spingono per scontri più forti con la Russia, ma l'amministrazione Trump, nonostante lo scontro imperialista in Medio Oriente, continua a non escludere un miglioramento della cooperazione con la Russia: all'ultimo G7, Trump ha suggerito di reintegrare la Russia nel Forum dei Paesi industrializzati.
- L'estremo oriente: l'imprevedibilità degli accordi pesa particolarmente sui negoziati con la Corea del Nord: (a) che dire di un accordo tra Trump e Kim, se Cina, Russia, Giappone e Corea del Sud non sono direttamente coinvolti nella negoziazione di questo accordo? Questo è già apparso in superficie quando Trump ha rivelato a Singapore, con lo sgomento dei suoi 'alleati' asiatici, che aveva promesso di fermare le manovre militari congiunte in Corea del Sud (b), se qualsiasi accordo potesse essere messo in discussione in qualsiasi momento dagli Stati Uniti, quanto ci si può fidare di Kim? (c) La Corea del Nord e la Corea del Sud in questo contesto si affideranno totalmente al loro 'alleato naturale' e stanno prendendo in considerazione una strategia alternativa?
Sebbene questa politica implichi un'incredibile crescita del caos e della tendenza al ciascuno per sé e, infine, un ulteriore declino delle posizioni globali della prima potenza mondiale, non vi è alcun approccio alternativo tangibile negli Stati Uniti. Dopo un anno e mezzo di indagini di Mueller e di altri tipi di pressioni contro Trump, non sembra probabile che Trump venga espulso dal suo incarico, tra l'altro perché non c'è una forza alternativa in vista. Il pantano all'interno della borghesia statunitense continua.
2. Cina: una politica per evitare troppi scontri diretti
La contraddizione non potrebbe essere più sorprendente. Nello stesso tempo in cui gli Stati Uniti di Trump denunciano la globalizzazione per ricorrere ad accordi 'bilaterali', la Cina annuncia un enorme progetto globale, la “Nuova via della seta”, che coinvolge circa 65 paesi in tre continenti, che rappresentano il 60% della popolazione e circa un terzo del PIL mondiale, con investimenti per un periodo di 30 anni (2050!) fino a 1,2 trilioni di dollari.
Dall'inizio del suo riemergere, che è stato pianificato in un sistematico approccio a lungo termine, la Cina ha modernizzato il suo esercito, costruendo una 'corda di perle' - a cominciare dall'installazione/occupazione di barriere coralline nel Mare del Sud della Cina e una catena di basi militari nell'Oceano Indiano. Per ora, tuttavia, la Cina non cerca uno scontro diretto con gli Stati Uniti; al contrario, progetta di diventare l'economia più potente del mondo entro il 2050 e mira a sviluppare i suoi legami con il resto del mondo, cercando di evitare scontri troppo diretti. La politica della Cina è una politica a lungo termine, contrariamente agli accordi a breve termine di Trump. Cerca di espandere le sue competenze industriali, tecnologiche e, soprattutto, militari. A questo ultimo livello, gli Stati Uniti hanno ancora un vantaggio considerevole sulla Cina.
Nello stesso momento del fallito vertice del G7 in Canada (9-10.06.18), la Cina ha organizzato a Quingdao una conferenza dell'Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai con l'assistenza dei presidenti della Russia (Putin), dell'India (Modi), dell'Iran (Rohani), e i leader di Bielorussia, Uzbekistan, Pakistan, Afghanistan, Tagikistan e Kirghizistan (il 20% del commercio e il 40% della popolazione mondiale). Il loro vero obiettivo è chiaramente il progetto Silk-Road (la via della seta): l'obiettivo è quello di diffondere la sua influenza, un progetto a lungo termine, e uno scontro diretto con gli Stati Uniti controbatterebbe questi piani. In questa prospettiva, la Cina userà la sua influenza per spingere per un accordo che implichi una neutralizzazione di tutte le armi nucleari nella regione coreana (armi americane incluse), che, a condizione che gli Stati Uniti lo accettino, spingerebbe indietro le forze statunitensi in Giappone e ridurrebbe la minaccia immediata sulla Cina settentrionale.
Tuttavia, le ambizioni della Cina porteranno inevitabilmente a confrontarsi con gli obiettivi imperialisti non solo degli Stati Uniti ma anche di altri squali, come l'India o la Russia.
- un crescente confronto con l'India, l'altra grande potenza in Asia, è inevitabile. Entrambe le potenze hanno ingaggiato un massiccio rafforzamento dei loro eserciti e si stanno preparando per uno scontro a medio termine;
- la Russia è in questa prospettiva in una situazione difficile: entrambi i paesi stanno collaborando ma, a lungo termine, la politica della Cina non può che portare a uno scontro con la Russia. La Russia ha riacquistato il potere negli ultimi anni a livello militare e imperialista, ma la sua arretratezza economica non è stata superata, al contrario: nel 2017 il PIL russo (prodotto interno lordo) era solo del 10% superiore al PIL del Benelux!
- Infine, è probabile che le sanzioni economiche e le provocazioni politiche e militari di Trump costringeranno la Cina a confrontarsi con gli Stati Uniti più direttamente nel breve periodo.
3. L'ascesa di leader forti e la retorica bellica
L'esasperazione della tendenza all'ognuno per sé a livello imperialista e la crescente competizione tra gli squali imperialisti danno origine a un altro significativo fenomeno di questa fase di decomposizione: l'avvento al potere di 'leader forti' con una radicalizzazione delle prese di posizione, affermazioni forti e una retorica aggressiva e nazionalista.
L'avvento al potere di un 'leader forte' e una retorica radicale sulla difesa dell'identità nazionale (spesso associata a programmi sociali a favore di famiglie, bambini, pensionati) è tipica dei regimi populisti (Trump, ovviamente, ma anche Salvini in Italia, Orbán in Ungheria, Kaczynski in Polonia, Babiš nella Repubblica Ceca, ...) ma è anche una tendenza più generale in tutto il mondo, non solo nelle potenze più forti (Putin in Russia) ma anche in potenze imperialiste secondarie come la Turchia (Erdogan), Iran, Arabia Saudita (con il 'colpo di stato morbido' del principe ereditario Mohammed Ben Salman). In Cina, la limitazione della presidenza dello stato a due periodi di cinque anni è stata rimossa dalla costituzione, in modo che Xi Jinping tendesse ad imporsi come 'leader a vita', il nuovo imperatore cinese (presidente, capo del partito e della commissione militare centrale, cosa mai successa dopo Deng Xiaoping). Gli slogan 'democratici' o il mantenimento delle apparenze democratiche (i diritti umani) non sono più il discorso dominante (come hanno dimostrato i colloqui tra Donald e Kim), a differenza di quando è crollato il blocco sovietico e all'inizio del XXI secolo, hanno lasciato il posto a una combinazione di discorsi molto aggressivi e accordi pragmatici imperialisti.
L'esempio più forte è la crisi coreana. Trump e Kim hanno usato all'inizio un'alta pressione militare (anche con la minaccia di un confronto nucleare) e discorsi molto aggressivi e poi si sono incontrati a Singapore per contrattare. Trump ha offerto enormi vantaggi economici e politici (il modello birmano) per attirare Kim nel campo americano. Questo non è assolutamente inconcepibile in quanto i nordcoreani hanno un rapporto ambiguo e persino sfiducia nei confronti della Cina. Tuttavia, il riferimento alla Libia da parte di funzionari statunitensi (consigliere per la sicurezza nazionale John Bolton) – cioè che la Corea del Nord potrebbe avere lo stesso destino della Libia, esortando Gheddafi ad abbandonare le sue armi per poi ucciderlo - rende i nordcoreani particolarmente sospettosi delle proposte americane.
Questa strategia politica è una tendenza più generale negli attuali scontri imperialisti, come dimostrato dai tweet aggressivi di Trump contro il primo ministro canadese Trudeau, “un leader falso e debole”, poiché ha rifiutato di accettare l'aumento delle tasse d'importazione degli Stati Uniti. C'è anche il brutale ultimatum dell'Arabia Saudita contro il Qatar, accusato di 'centrismo' nei confronti dell'Iran o le bellicose dichiarazioni di Erdogan sui curdi contro l'Occidente e la NATO. Infine, citeremo lo “Stato dell'Unione” molto aggressivo di Putin, che presentava le armi più sofisticate della Russia con il messaggio: “fareste meglio a prenderci sul serio!”
Queste politiche rafforzano le caratteristiche generali del periodo, con una forte intensificazione della militarizzazione (nonostante il forte onere economico legato a questo) tra i 3 maggiori squali imperialisti ma anche una tendenza globale in un contesto di cambiamento del panorama imperialista nel mondo e in Europa. In questo contesto di politiche aggressive, il pericolo di attacchi nucleari limitati è persino molto reale, in quanto vi sono molti elementi imprevedibili nei conflitti attorno alla Corea del Nord e all'Iran.
4. La tendenza alla frammentazione dell'UE.
Tutte le attuali tendenze in Europa - la Brexit, l'ascesa di un importante partito populista in Germania (AFD), il populismo che sale al potere nell'Europa orientale, dove la maggior parte dei paesi sono gestiti da governi populisti, sono accentuati da due eventi principali:
- la formazione in Italia di un governo populista al 100% (formato da i 5 Stelle e la Lega), che conduce uno scontro diretto tra i 'burocrati di Bruxelles' (UE), i 'campioni' della globalizzazione, sostenuti dall'Eurogruppo e dai mercati finanziari e dall'altra parte il 'fronte populista' della popolazione;
- la caduta di Aznar e del PP in Spagna e l'ascesa al potere di un governo di minoranza del PS sostenuto dai nazionalisti baschi, catalani e 'Podemos', che accentuerà le tensioni centrifughe in Spagna e in Europa.
Ciò avrà conseguenze enormi sulla coesione dell'UE, sulla stabilità dell'euro e sul peso dei paesi europei sulla scena imperialista.
A) L'UE è impreparata e largamente impotente nell'opporsi alla politica di Trump sull'embargo statunitense nei confronti dell'Iran: le multinazionali europee si stanno già conformando ai dettami statunitensi (Total, Lafarge). Ciò è particolarmente vero in quanto vari Stati europei supportano l'approccio populista di Trump e la sua politica in Medio Oriente (Austria, Ungheria, Repubblica Ceca e Romania erano rappresentati all'inaugurazione dell'Ambasciata USA a Gerusalemme, contro la politica ufficiale dell'UE). Per quanto riguarda l'aumento delle tasse sull'importazione, è tutt'altro che sicuro che all'interno dell'UE ci sarà un accordo per rispondere sistematicamente alle maggiori imposte sulle importazioni imposte da Trump.
B) Il progetto di un polo militare europeo rimane in gran parte ipotetico nel senso che sempre più paesi, sotto l'impulso delle forze populiste al potere o facendo pressione sul governo, non vogliono sottomettersi all'asse franco-tedesco. D'altra parte, mentre la leadership politica dell'UE è costituita dall'asse franco-tedesco, la Francia ha invece tradizionalmente orientato la sua cooperazione tecnologica militare verso l'Inghilterra che sta per lasciare l'UE.
C) le tensioni attorno all'accoglienza dei rifugiati oppongono non solo le coalizioni dei governi populisti dell'Est all'Europa occidentale, ma sono in aumento anche nei paesi occidentali mettendoli uno contro l'altro, come dimostrano le forti tensioni che si sono sviluppate tra la Francia di Macron e il governo populista italiano, mentre la Germania è sempre più divisa sull'argomento (pressione dalla CSU).
D) il peso economico e politico dell'Italia (la terza economia dell'UE) è considerevole, in nessun modo paragonabile al peso della Grecia. Il governo populista italiano intende ridurre le tasse e introdurre un reddito di base, che costerà più di cento miliardi di euro. Allo stesso tempo, il programma governativo prevede di chiedere alla Banca centrale europea di saltare 250 miliardi di euro del debito italiano!
E) Sul piano economico ma anche imperialista, la Grecia aveva già avanzata l'idea di fare appello alla Cina per sostenere la sua economia. Ancora una volta, l'Italia prevede di chiamare la Cina o la Russia per aiutare a sostenere e finanziare la ripresa economica. Tale orientamento potrebbe avere un forte impatto a livello imperialista. L'Italia si oppone già alla continuazione delle misure di embargo dell'UE nei confronti della Russia a seguito dell'annessione della Crimea.
Tutti questi orientamenti accentuano fortemente la crisi all'interno dell'UE e le tendenze alla frammentazione. In definitiva influenzeranno la politica della Germania come leader dell'UE, in quanto è divisa internamente (peso di AFD e CSU), confrontata con un'opposizione politica dei leader populisti dell'Europa orientale, un'opposizione economica dei paesi mediterranei (Italia, Grecia, ...), e in litigio con la Turchia, mentre direttamente sono presi di mira dalle tasse sulle importazioni di Trump. La crescente frammentazione dell'Europa sotto i colpi del populismo e della politica 'l'America prima' rappresenterà anche un grosso problema per la politica della Francia, perché queste tendenze sono in totale opposizione con il programma di Macron che si basa essenzialmente sul rafforzamento dell'Europa e sulla la piena assimilazione della globalizzazione.
CCI, giugno 2018