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Il secondo numero di Forward, la rivista dell'RWG, contiene una discussione internazionale tra la nostra corrente (Internacionalismo; "Difesa del carattere proletario della Rivoluzione d'Ottobre") e l'RWG. ("Gli errori d'Internacionalismo sulla Rivoluzione russa"). Nella critica al nostro articolo l'RWG solleva questioni importanti senza però dare un quadro generale che permetta la comprensione globale dell'esperienza russa.
Forward non vuole, nei fatti, discutere il problema della natura proletaria d’Ottobre, è d'accordo su questo punto; ciò che lo preoccupa è la natura controrivoluzionaria degli avvenimenti successivi, benché Internacionalismo tratti solo in modo secondario questo problema. Del resto nessun articolo della nostra stampa può trattare da solo tutti i problemi della storia. Malgrado questo malinteso di base è tuttavia con stupore che leggiamo:
“Per i compagni di Internacionalismo come per i trotskjsti ed i bordighisti c'e una frontiera insormontabile tra ‘l'epoca di Lenin’ e ‘l'epoca di Stalin’. Per essi il proletariato non poteva essere sconfitto prima che Lenin non fosse al sicuro nella sua tomba e Stalin chiaramente installato a capo del PCR”. (Forward, n.2, pag.42)
Noi siamo d'accordo che questa toccante professione di fede sia caratteristica dei vari gruppi trotskjsti da cui provengono i compagni di Forward, ma mai essa ha fatto parte della nostra Corrente:
“La non comprensione da parte dei leader del partito bolscevico del ruolo dei soviet (Consigli Operai) e la loro errata concezione del processo di sviluppo della coscienza di classe, hanno contribuito al processo di degenerazione della Rivoluzione russa. Questo processo ha infine trasformato il partito bolscevico, autentica avanguardia del proletariato nel 17, in strumento attivo della controrivoluzione… Già dall'inizio della rivoluzione, la tendenza del partito bolscevico era di trasformare i soviet in organo del Partito-Stato”. (Dichiarazione di principi, Internacionalismo, in Bulletin d'Etude et Discussion di Révolution Internationale, n.7, giugno 74)
Ed ancora:
“La Rivoluzione d'Ottobre ha portato a termine il primo compito della rivoluzione proletaria: la presa del potere politico. La sconfitta della rivoluzione a livello internazionale e l’impossibilità di costruire il socialismo in un solo paese, hanno reso impossibile il passaggio ad un livello superiore, cioè l'inizio di un processo di trasformazione economica… Il Partito bolscevico ha avuto un ruolo attivo nel processo rivoluzionario che ha portato all'Ottobre, ma ha anche avuto un ruolo attivo nella degenerazione della rivoluzione e nella sconfitta internazionale… Identificandosi organizzativamente ed ideologicamente con lo Stato e considerando suo primo compito la difesa di questo Stato, il Partito bolscevico era destinato a diventare - soprattutto dopo la fine della guerra civile - l'agente della controrivoluzione e del capitalismo di stato”. (Piattaforma di Révolution Internationale).
Queste righe sembrano chiaramente indicare che la vittoria della controrivoluzione fu un processo che aveva le sue basi nel soffocamento del potere dei soviet e nella soppressione dell'attività autonoma del proletariato, un processo che portò al massacro da parte dello Stato di una parte della classe operaia a Kronstadt. Il tutto mentre Lenin era ancora vivo.
Perché la Rivoluzione russa è degenerata? La risposta non la si può trovare nel quadro di una sola nazione, nella sola Russia. Come la Rivoluzione russa fu il primo bastione della rivoluzione internazionale nel ‘17, la prima di una serie di insurrezioni proletarie internazionali, così la sua degenerazione in controrivoluzione fu espressione di un fenomeno internazionale, il risultato della sconfitta della lotta di una classe internazionale: il proletariato. In passato le rivoluzioni borghesi hanno costruito uno Stato nazionale, quadro logico per lo sviluppo del capitale, e queste rivoluzioni borghesi potevano aver luogo con un secolo o più di scarto tra i diversi paesi. La rivoluzione proletaria, invece, è per sua essenza una rivoluzione internazionale, che, o si estende al mondo intero, oppure è condannata ad una morte rapida.
La Prima Guerra Mondiale, fine del periodo ascendente del capitalismo, ha segnato il punto di non ritorno assoluto per il movimento operaio del 19° secolo ed i suoi obbiettivi immediati. Il malcontento popolare contro la guerra ha preso rapidamente un carattere politico di lotta contro lo Stato nei principali paesi di Europa. Ma la maggioranza del proletariato non è stata capace di rompere con i resti del passato (adesione alla politica della 2a Internazionale che era ormai passata nel campo borghese) e di rendersi completamente conto di tutte le implicazioni del nuovo periodo. Né il proletariato nel suo insieme, né le sue organizzazioni politiche compresero pienamente gli imperativi della lotta di classe in questo nuovo periodo di "guerra o rivoluzione", di "socialismo o barbarie". Malgrado le lotte eroiche del proletariato di quell'epoca, l'ondata rivoluzionaria fu schiacciata e la classe operaia europea massacrata. La rivoluzione russa era il faro che guidava tutta la classe operaia del tempo, ma ciò non toglie nulla al grave pericolo costituito dal suo isolamento. Anche solo una breccia temporanea fra due insurrezioni rivoluzionarie è piena di pericoli. Quella che si aprì nel 20 divenne un precipizio.
Il contesto del riflusso internazionale e dell'isolamento della rivoluzione russa è della più grande importanza. Ma all’interno di questo contesto hanno giocato un loro ruolo gli errori più gravi dei Bolscevichi. Questi errori devono essere messi in relazione con l'esperienza e le lotte della classe operaia stessa. Gli errori e i contributi positivi di un'organizzazione della classe non cadono dal cielo né si producono arbitrariamente e per caso. Essi sono, nel senso più ampio del termine, il riflesso della coscienza di classe del proletariato nel suo insieme.
Il partito bolscevico fu costretto ad evolvere teoricamente e politicamente in relazione all'offensiva del proletariato russo nel 1917 e alla prospettiva di movimenti internazionali, in Germania ed altrove. Esso è stato anche il riflesso dell'isolamento e della sconfitta del proletariato nel periodo in cui ingrandiva la vittoria della controrivoluzione. Sia nel caso dei bolscevichi che degli spartachisti o di ogni altra organizzazione politica dell'epoca, confrontata ai compiti nuovi del periodo di decadenza che si è aperto con la I guerra mondiale, la loro comprensione incompleta è servita da base a errori politici molto gravi.
Ma il partito del proletariato non è un semplice riflesso passivo della coscienza; ne è un fattore attivo di sviluppo ed estensione. I bolscevichi, esprimendo chiaramente gli obiettivi di classe del periodo della 1a guerra mondiale (“trasformare la guerra imperialista in guerra civile"), e durante il periodo rivoluzionario (opposizione al governo democratico-borghese, "tutto il potere ai soviet", formazione dell'Internazionale sulla base di un programma rivoluzionario) hanno contribuito a tracciare il cammino della vittoria. Malgrado ciò, le posizioni prese dai bolscevichi nel contesto del declino dell'ondata rivoluzionaria, (alleanza con le frazioni centriste a livello internazionale, sindacalismo, tattica del fronte unico, Kronstadt) hanno contribuito ad accelerare il processo controrivoluzionario a livello internazionale come in Russia. Una volta scomparso il focolaio di prassi rivoluzionaria sotto i colpi della controrivoluzione trionfante in Europa, gli errori della rivoluzione russa furono privati di ogni possibilità di correzione. Il partito bolscevico era diventato lo strumento della controrivoluzione.
A causa dell'impossibilità della costruzione del socialismo in un solo paese, la questione della degenerazione della rivoluzione russa è prima di tutto una questione di sconfitta internazionale del proletariato. La controrivoluzione ha trionfato in Europa prima di penetrare totalmente il contesto russo “dall'interno". Questo non deve, lo ripetiamo, servire a "giustificare" gli errori della rivoluzione russa o del partito bolscevico. Né questi errori devono "assolvere" il proletariato dal fatto di non aver saputo fare la rivoluzione in Germania o in Italia per esempio. I marxisti non hanno il compito di assolvere o condannare la storia. Il loro compito è spiegare perché questi avvenimenti hanno avuto luogo e trarne lezioni per la lotta proletaria futura.
Questo quadro generale manca nell'analisi del RWG. che discute sulla "rivoluzione e controrivoluzione in Russia" (documento del RWG.) in termini quasi esclusivamente russi. Questo modo di procedere può sembrare utile per isolare teoricamente un problema particolare. Ma non offre nessun quadro che consenta di comprendere perché questi avvenimenti si sono verificati in Russia e conduce a girare a vuoto sul fenomeno puramente russo che ne esce fuori. Come scriveva Rosa Luxemburg : "Il problema non poteva che essere posto in Russia. Esso non poteva essere risolto in Russia."
Gli aspetti specifici della degenerazione della rivoluzione
Nei limiti di quest'articolo, dovremo necessariamente accontentarci di uno sguardo d’insieme del processo di degenerazione, lasciando da parte i dettagli dei diversi episodi.
La rivoluzione russa fu anzitutto considerata come la prima vittoria della lotta internazionale della classe operaia. Nel marzo 1919, bolscevichi proclamarono il 1° Congresso di una nuova Internazionale per segnare la rottura con la socialdemocrazia traditrice, e per riunire le forze della rivoluzione per la lotta futura. Purtroppo la rivoluzione tedesca era già stata schiacciata nel gennaio 1919, e l'ondata rivoluzionaria rifluiva. Tuttavia, malgrado il blocco quasi totale della Russia e le notizie deformate che vi giungevano sul proletariato occidentale, la rivoluzione ripose tutte le sue speranze sulla sola uscita possibile, l'unione delle forze rivoluzionarie sotto un programma che definiva chiaramente gli obiettivi di classe:
“Il sistema sovietico concede la possibilità di una democrazia proletaria reale, di una democrazia per il proletariato e all’interno del proletariato, diretta contro la borghesia. In questo sistema, il posto principale è dato al proletariato industriale ed a questa classe spetta il ruolo di classe dominante, per la sua organizzazione e coscienza politica, e perché la sua egemonia politica permetterà agli strati vicini alla classe operaia ed ai contadini poveri di accedere gradualmente a questa coscienza.” (Piattaforma dell’Internazionale, 1919).
“Le condizioni indispensabili per la vittoria sono: la rottura con i servi del capitale e i massacratori della rivoluzione comunista (l'ala destra socialdemocratica), ma anche con il “centro” (il gruppo di Kautsky) che ha abbandonato il proletariato nel momento critico per raggiungere il nemico di classe.” (Piattaforma)
Questa era la posizione nell’alleanza nel 1919, e non l'alleanza con i centristi, a cui furono in seguito aperti i partiti comunisti e l'Internazionale, arrivando infine al “fronte unico”.
“Schiavi delle colonie d'Africa e d'Asia: il giorno della dittatura proletaria in Europa suonerà per voi come il giorno della vostra liberazione” (Manifesto dell'Internazionale Comunista, 1919).
E non il contrario, come predicano gli extraparlamentari oggi, seguendo le formule controrivoluzionarie sulla liberazione nazionale, frutto della degenerazione dell'Internazionale.
“Chiediamo a tutti gli operai del mondo di unirsi sotto la bandiera del comunismo che è già la bandiera delle prime vittorie per tutti i paesi !” (Manifesto)
E non il socialismo in un solo paese.
“Sotto la bandiera dei Consigli Operai, della lotta rivoluzionaria per il potere della dittatura del proletariato, sotto la bandiera della III Internazionale, operai del mondo intero, unitevi." (Manifesto).
Queste posizioni sono il riflesso dell'enorme passo in avanti compiuto dal proletariato negli anni precedenti. Le posizioni che i bolscevichi mettevano allora avanti e difendevano erano spesso in rottura netta con i loro programmi precedenti e costituivano un appello alla classe operaia tutta intera, perché riconoscesse le nuove necessità politiche della situazione rivoluzionaria.
Ma nel 1920, durante il II Congresso della stessa Internazionale, la direzione bolscevica avrebbe fatto un voltafaccia, ritornando alle “tattiche” del passato. La speranza della rivoluzione s'indeboliva rapidamente, ed il partito bolscevico difendeva allora le 21 condizioni di ammissione all'Internazionale, comprendenti: il riconoscimento delle lotte di liberazione nazionale, della partecipazione alle elezioni, dell’infiltrazione nei sindacati, insomma un ritorno al programma socialdemocratico che era completamente inadatto alla nuova situazione. Il partito bolscevico divenne in effetti la direzione preponderante dell'I.C., e l'Ufficio di Amsterdam fu chiuso. E soprattutto, la direzione bolscevica riuscì ad isolare i comunisti di sinistra: la Sinistra italiana con Bordiga e i compagni inglesi attorno alla Pankhurst, e Pannekoek con Gorter e il KAPD (che fu escluso al III Congresso). I bolscevichi e le forze dominanti dell'Internazionale operavano in favore di un riavvicinamento ai centristi, ambigui traditori come erano stati definiti solo due anni prima, e riuscirono effettivamente a sabotare ogni tentativo di creare una base di principi per la formazione di partiti comunisti in Inghilterra, in Francia o altrove, grazie alle loro manovre ed alle loro calunnie sulla sinistra. Il cammino del “Fronte Unico” del 1922 al IV Congresso e infine della difesa della patria russa e del “socialismo in un solo paese” era già aperto da queste azioni.
L'indebolimento dell'ondata rivoluzionaria ed il cammino verso la controrivoluzione è così chiaramente segnato dalla firma del trattato segreto di Rapallo[1] con il militarismo tedesco. Qualunque sia l'analisi dei punti positivi e negativi del trattato di Brest-Litovsk, esso fu stipulato alla luce del sole, dopo un lungo dibattito in seno al partito bolscevico, e fu presentato al proletariato mondiale come una cosa imposta da una situazione critica. Ma il trattato di Rapallo, solamente due anni dopo, era un tradimento di tutto quello che avevano difeso i bolscevichi, un trattato militare segreto concluso con lo Stato tedesco.
I germi della controrivoluzione si sviluppavano con la rapidità di un periodo di grandi rivolgimenti storici, quando enormi cambiamenti si producono in qualche anno o anche in qualche mese. Infine, ogni segno di vita scomparve dal corpo dell'Internazionale quando fu proclamata la dottrina del "socialismo in un solo paese".
La storia tormentata dell’I.C. non può essere ridotta ad un piano machiavellico dei bolscevichi, che avrebbero progettato di tradire la classe operaia sia in Russia sia a livello internazionale. Questa definizione infantile non può spiegare nulla nella storia. Ma la classe operaia non ha potuto reagire per mettere in piedi le sue organizzazioni a causa della disfatta e del riflusso dell'ondata rivoluzionaria; questa stessa sconfitta ha provocato la degenerazione definitiva di queste organizzazioni e dei loro principi rivoluzionari.
Marx ed Engels avevano constatato che un partito o l’Internazionale non potevano restare uno strumento della classe quando c'era un corso generale di reazione. Questo strumento della classe non può restare un'unità organizzativa quando non c'è più un'attività della classe (anche perché non può non penetrarvi il riflusso e la disfatta, trasformandolo in strumento della confusione o della controrivoluzione). Per questo Marx ha sciolto la Lega dei Comunisti dopo il riflusso dall'ondata rivoluzionaria del 1848 ed ha sabotato la I Internazionale (trasferendola a New York), quando la sconfitta della Comune di Parigi aveva segnato la fine di un periodo. La II Internazionale, malgrado il suo autentico contributo al movimento operaio, ha conosciuto un lungo processo di corruzione durante il periodo ascendente del capitalismo, in cui si era sempre più legata al riformismo e dava una visione nazionale ad ogni partito. Il suo passaggio definitivo nel campo borghese si produsse nel 1914, quando collaborò allo sforzo della guerra imperialista. Durante questo periodo di crisi per la classe operaia, il compito di progressiva elaborazione teorica e sviluppo della coscienza di classe ricadde sulle spalle delle "frazioni" rivoluzionarie della classe uscite dalle vecchie organizzazioni, che preparavano il terreno per la costruzione di una nuova organizzazione.
La III Internazionale fu costruita come espressione dell'ondata rivoluzionaria degli anni che seguirono la I guerra mondiale, ma la sconfitta dei tentativi rivoluzionari e la vittoria della controrivoluzione decretarono la sua fine come strumento della classe. Il processo di controrivoluzione fu compiuto (benché già iniziato da tempo) con la dichiarazione del “socialismo in un solo paese”, scomparsa definitiva di ogni possibilità oggettiva per le frazioni rivoluzionarie di permanere nell'Internazionale e fine di tutto un periodo.
L'ideologia borghese può penetrare, in periodi di riflusso, nella lotta proletaria, a causa della forza delle idee della classe dominante nella società. Ma, quando un'organizzazione è definitivamente passata nel campo borghese, non c'è alcun recupero possibile. Come nessuna frazione vivente che esprima la coscienza di classe proletaria può sorgere da un'organizzazione borghese (incluse quelle staliniste, maoiste e trotskiste), il che non impedisce che individui siano capaci di una tale rottura, anche l’I.C. e tutti i partiti rimasti al suo interno sono da giudicare da quel momento irrimediabilmente perduti alla causa proletaria.
Purtroppo questo processo è più facile da comprendere con il riflusso che verifichiamo oggi che in quell'epoca, da parte di tutta la classe o di molti dei suoi elementi più politicizzati. Il processo di controrivoluzione che ha condannato l'I.C. ha provocato una terribile confusione nel movimento operaio nel corso di questi ultimi 50 anni. Anche quelli che hanno perseguito lo sforzo di elaborazione teorica nei cupi anni 30 e 40, quelli che rimanevano del movimento della sinistra comunista, impiegarono molto tempo a vedere tutte le implicazioni del periodo di sconfitta. Lasciamo pure ai modernisti arroganti[2], che hanno "scoperto tutto" negli anni 74-75, il compito di insegnare alle ombre quello che la storia avrebbe dovuto essere.
IL CONTESTO RUSSO
La politica internazionale dei bolscevichi, il loro ruolo nel processo di controrivoluzione nazionale non è praticamente messo in discussione nel documento di RWG. “Rivoluzione e controrivoluzione in Russia” ed è solo incidentalmente ricordato nel testo di Forward. Per questi compagni, la controrivoluzione comincia essenzialmente con la NEP (Nuova Politica Economica). La NEP fu, per loro, “la svolta della storia dell'Unione Sovietica. Nello stesso anno, il capitalismo fu restaurato, la dittatura politica sconfitta e l'Unione Sovietica divenne uno Stato operaio.” (Rivoluzione e controrivoluzione in Russia, pag.7)
Anzitutto, è necessario dire che, indipendentemente dagli avvenimenti prodottisi nel contesto russo, una rivoluzione internazionale o una internazionale non muoiono per una cattiva politica economica in un paese. Il lettore cercherà invano un quadro coerente che consenta di analizzare la NEP o gli avvenimenti successivi in Russia in generale.
La degenerazione della rivoluzione in terra russa si esprimeva essenzialmente con il declino graduale ma mortale dei Soviet e con la loro riduzione a semplice appendice del Partito-Stato bolscevico. L'attività autonoma del proletariato, la democrazia operaia all'interno del sistema dei soviet erano la base principale della vittoria di Ottobre. Ma, già dal 1918, appariva in modo chiaro che il potere politico dei Consigli Operai stava per essere intaccato e soffocato dall'apparato statale. Il punto culminante del periodo di declino dei Soviet in Russia fu il massacro di una parte della classe operaia a Kronstadt. Il RWG, maniaco della NEP, non ha neanche ricordato il massacro di Kronstadt in relazione all'analisi dello Stato russo. Questo fatto non è sorprendente. Kronstadt non è ricordata in nessuno dei due testi principali sulla Russia, e nemmeno Rapallo. È forse comprensibile che i compagni del RWG, usciti di recente del dogmatismo trotskista, non avessero ancora compreso quando hanno scritto questi articoli, che Kronstadt non era “l'ammutinamento controrivoluzionario” di cui parlavano Lenin e Trotski. Quello che è meno comprensibile è il fatto che accusano i nostri compagni di Internacionalismo di non essere capaci di vedere "la degenerazione della rivoluzione quando Lenin era ancora vivo ".
L'errore fondamentale del partito Bolscevico in Russia era la concezione secondo cui il potere doveva essere esercitato da una minoranza della classe, il Partito. I bolscevichi credevano che il Partito potesse portare il socialismo alla classe e non hanno visto che proprio la classe nel suo insieme, organizzata in Soviet, era il soggetto della trasformazione socialista. Questa concezione che vede il Partito prendere il potere statale esisteva in tutta la sinistra, a diversi gradi, anche in Rosa Luxemburg, fino agli scritti del KAPD nel 1921. L'esperienza russa del partito al potere, che il proletariato pagava con il suo sangue, segna una frontiera definitiva sulla questione della presa del potere da parte di un partito o di una minoranza della classe, “in nome della classe operaia”. A partire da questa esperienza, la lezione della non identità di Stato e partito è diventata un segno distintivo delle frazioni rivoluzionarie della classe; in seguito anche l'acquisizione che il ruolo delle organizzazioni politiche della classe é quello di contribuire allo sviluppo della sua coscienza e non di sostituirsi all'insieme di essa.
Gli interessi storici della classe operaia, in quanto destinata a distruggere il capitalismo, non sono sempre stati compresi dall'inizio, e non potevano esserlo, perché lo sviluppo della coscienza politica della classe è costantemente ostacolato dall'ideologia borghese dominante. Marx scrisse il Manifesto Comunista senza vedere che il proletariato non poteva impadronirsi dell'apparato statale per servirsene per i propri fini. L'esperienza vivente della Comune di Parigi era necessaria per provare in modo irrefutabile che il proletariato doveva distruggere lo Stato borghese per poter esercitare la sua dittatura sulla società. Inoltre, la questione del ruolo del Partito era dibattuta nel movimento operaio fino al 17, ma l'esperienza russa segna una frontiera di classe su questo punto. Tutti quelli che ripetono o teorizzano la ripetizione degli errori dei bolscevichi sono dall'altra parte delle frontiere di classe.
Quello che lo Stato russo ha distrutto indebolendo i Soviet era la forza del socialismo. In assenza dell'attività autonoma, organizzata, dell'insieme della classe, ogni speranza di rigenerazione fu progressivamente eliminata. La politica economica dei bolscevichi era dibattuta, cambiata, modificata, ma la loro azione politica in Russia fu fondamentalmente un processo continuo che ha scavato la tomba della rivoluzione. Tutto questo processo diventa ancora più chiaro quando lo si esamina nel contesto della sconfitta internazionale del movimento cui il partito bolscevico apparteneva.
LA DITTATURA DEL PROLETARIATO
Una delle prime, delle più importanti lezioni che si devono trarre dall'esperienza rivoluzionaria del periodo del primo dopoguerra è che la lotta proletaria è prima di tutto una lotta internazionale e che la dittatura del proletariato (che sia in un settore o a livello mondiale) è prima e innanzitutto una questione politica.
Il proletariato, al contrario della borghesia, è una classe sfruttata e non sfruttatrice. Non ha dunque alcun privilegio economico sul quale poggiare il suo avvenire di classe. Le rivoluzioni borghesi erano essenzialmente un riconoscimento politico di una realtà economica acquisita. La classe capitalista era diventata la classe economica dominante della società molto prima di fare la sua rivoluzione. La rivoluzione proletaria, invece, comincia una trasformazione economica a partire da un fondamento politico: la dittatura del proletariato. La classe operaia non ha alcun privilegio economico da difendere nella vecchia società come nella nuova, e non possiede che la capacità di organizzarsi e la sua coscienza di classe, il suo potere politico organizzato in Consigli Operai per guidarla nella trasformazione della società. La distruzione del potere borghese e l'espropriazione della borghesia deve essere vittoriosa a livello mondiale prima che possa essere intrapresa - sotto la direzione della dittatura del proletariato - una qualsiasi reale trasformazione sociale.
La legge economica fondamentale dell'economia capitalista, la legge del valore, si basa sull'insieme del mercato capitalista mondiale e non può in alcun modo e con qualunque mezzo essere eliminata in un solo paese, (anche in uno dei paesi più sviluppati) o in più paesi, ma solo su scala mondiale. Non esiste scappatoia a questo fatto - nemmeno riconoscendolo devotamente per poi ignorarlo parlando di possibilità di abolire di botto in un paese il denaro e il lavoro salariato - corollari della legge del valore e del sistema capitalista complessivo. Le uniche armi a disposizione del proletariato per condurre a buon termine la trasformazione della società - la qual cosa segue e non precede la presa del potere da parte dei Consigli Operai internazionalmente – sono:
1) la forza organizzata e armata per giungere alla vittoria della rivoluzione in tutto il mondo;
2) la coscienza del suo programma comunista, orientamento politico per la trasformazione economica della società.
La vittoria del proletariato non dipende dalla sua abilità nel “gestire” una fabbrica o anche tutte le fabbriche di un paese. Gestire la produzione mentre il sistema capitalista continua ad esistere condanna questa “gestione” ad essere la gestione della produzione di plusvalore e dello scambio. Il primo compito del proletariato vincitore in un paese o settore non è quello di preoccuparsi di come creare un “mitico isolotto di socialismo” che è impossibile, ma quello di dare tutto l'aiuto possibile per la realizzazione della sua sola speranza: la vittoria della rivoluzione mondiale.
È della massima importanza stabilire delle priorità su questo punto. Le misure economiche che il proletariato prenderà in un paese o in un settore sono una questione secondaria. Nel migliore dei casi, queste non sono che misure destinate a parare il peggio e tendenti ad andare in un senso positivo: ogni errore può essere corretto se la rivoluzione avanza. Ma se il proletariato perde la sua coerenza politica, la sua forza armata, o se i Consigli Operai perdono il controllo politico e la chiara coscienza della via da percorrere, allora non vi è più speranza di correggere gli errori o di instaurare il socialismo. Oggi molte voci si alzano contro questo modo di vedere; alcune proclamano che bloccare la lotta proletaria sul terreno politico è un non senso, una vecchia fissazione reazionaria. Infatti per loro anche la concezione secondo cui la classe rivoluzionaria è una classe definita oggettivamente, il proletariato è superata e dovrebbe cedere il posto a una “classe universale” che raggruppi tutti quelli che sono “oppressi”, tormentati psicologicamente o che hanno una tendenza filosofica per la rivoluzione.
I “rapporti comunisti” o, secondo un gruppo inglese dello stesso nome, la “pratica comunista” possono essere realizzati immediatamente, basta che le persone lo desiderino. Per loro, la cosa più importante non è la presa del potere da parte del proletariato a livello internazionale e l'eliminazione della classe capitalista, ma l'immediato instaurarsi dei cosiddetti “rapporti comunisti” sotto la spinta spontanea delle “persone in generale” .
Gli elementi astratti e mitici che stanno alla base di questa teoria non rendono meno pericoloso il fatto che essa può servire perfettamente da copertura all'ideologia autogestionaria. Di fronte all'accrescerei del malcontento della classe operaia che si esprime con movimenti da massa con l'approfondirsi della crisi capitalista, una delle reazioni della borghesia potrà essere di dire agli operai: i vostri interessi non sono di lanciarvi in problemi “politici” come la distruzione dello Stato borghese, ma di prendere le fabbriche e farle funzionare “per voi stessi” nell'ordine. La borghesia tenterà di fiaccare la forza degli operai con un programma economico di autogestione dello sfruttamento e durante questo periodo la classe capitalista e il suo Stato staranno in attesa per cogliere i frutti. È ciò che è successo in Italia nel 1920, dove “Ordine Nuovo” e Gramsci esaltavano le possibilità economiche che aprivano le occupazioni di fabbrica, mentre la frazione di sinistra con Bordiga affermava che i Consigli Operai, anche se avevano le loro radici nella fabbrica, dovevano portare un attacco frontale contro lo Stato e il sistema NEL SUO INSIEME o morire.
I compagni del RWG non rifiutano la lotta politica. Si limitano a dire che il contesto politico e le misure economiche sono ugualmente importanti e cruciali. In un certo senso essi non fanno che ripetere banalmente un'evidenza marxista: il proletariato, classe sfruttata, non si batte per prendere il potere politico sulla borghesia con il fine di soddisfare una qualsiasi mania di potere, ma per gettare le basi di una trasformazione sociale attraverso la lotta di classe e l'attività autonoma e organizzata della sola classe rivoluzionaria che, liberandosi dallo sfruttamento, libererà per sempre l'Umanità tutta intera dallo sfruttamento. Ma i compagni del RWG non hanno alcuna idea concreta del modo in cui può svolgersi questo processo di trasformazione sociale. La rivoluzione è un assalto rapido contro lo Stato, ma la trasformazione economica della società è un processo che ai sviluppa a livello mondiale ed è di una complessità estrema. Per portare a buon termine questo processo economico, il quadro politico della dittatura della classe operaia deve essere chiaro. Prima di tutto, bisogna riconoscere che la presa del potere da parte del proletariato non vuol dire che il socialismo può essere instaurato per decreto. Dunque:
1) La trasformazione economica non può che seguire e non precedere la rivoluzione proletaria (non vi possono essere “costruzioni di socialismo” durante il potere della classe capitalista). La trasformazione economica, inoltre, non si compie simultaneamente alla presa di potere della classe sulla società.
2) Il potere politico del proletariato apre la via alla trasformazione socialista, ma il principale bastione che protegge la marcia della rivoluzione è l'unità e la coesione della classe. La classe può fare degli errori economici che devono essere corretti; ma se lascia il potere ad un'altra classe o ad un partito o minoranza, ogni trasformazione economica diventa per definizione impossibile.
A partire dalla nostra affermazione che la dittatura politica del proletariato è il quadro e la condizione preliminare per la trasformazione sociale, il RWG con spirito semplicista conclude "sembra che Internacionalismo neghi la necessità per il proletariato di condurre una guerra economica contro il capitalismo". (Forward, pag. 44).
Contrariamente a quanto sostiene Forward, non è tutto immediatamente della stessa importanza, o di uguale gravità, per la lotta rivoluzionaria. In un paese in cui la rivoluzione ha appena trionfato, i consigli operai possono ritenere necessario lavorare 10 o 12 ore al giorno per produrre armi o materiale da inviare ai loro fratelli di classe assediati in un'altra regione. È socialismo? No, se si considera che i principi di base del socialismo sono la produzione per i bisogni umani (e non per la distruzione) e la riduzione della giornata di lavoro. Deve allora questa misura essere denunciata come una proposta controrivoluzionaria? Evidentemente no, poiché il primo compito e la prima speranza dì salvezza della classe operaia è di aiutare l'estensione della rivoluzione e livello internazionale. Non dobbiamo allora ammettere che il programma economico è sottoposto alle condizioni della lotta di classe e che non c'è possibilità di creare un paradiso economico operaio in un solo paese? In tutto ciò, dobbiamo insistere sul fatto che ogni indebolimento politico del potere dei Consigli nelle prese di decisione e l'orientamento della lotta sarà fatale.
I rivoluzionari mentirebbero alla loro classe se la cullassero in sogni dorati pieni di latte, di miele e di miracoli economici, invece di insistere sulla necessità della lotta mortale e delle terribili distruzioni che la guerra civile impone. Non farebbero che demoralizzare quella stessa classe dichiarando che gli inevitabili rinculi economici, (in uno o più paesi) significano la fine della rivoluzione. Mettendo queste questioni sullo stesso piano immediato della solidarietà politica, della democrazia proletaria o del potere di decisione del proletariato, esse devierebbero la forza decisiva della lotta di classe e comprometterebbero così la sola speranza di instaurare un periodo di transizione al socialismo a livello mondiale.
Il RWG risponde che “dopo la rivoluzione, tutto non può essere come prima” e pone l’accento sulle tragiche condizioni degli operai russi nel 1921. Ma non ci dicono a quali condizioni si riferiscono. Forse al fatto che le organizzazioni di massa della classe operaia erano escluse da ogni reale partecipazione allo “Stato Operaio”? Che si reprimevano gli operai in sciopero a Pietrogrado? Se è di questo che parlano, toccano il fulcro della degenerazione della rivoluzione. O si riferiscono semplicemente alla fame? Ancora una volta, è inutile, secondo noi, pretendere che le difficoltà e i pericoli di fame non possano esistere dopo la rivoluzione. O invece parlano del fatto che gli operai dovevano ancora lavorare nelle fabbriche, che esistevano ancora i salari (lì si può abolire in un solo paese?) e lo scambio? Benché queste cose non siano evidentemente il socialismo, esse tuttavia sono inevitabili a meno che non si pretenda che si possa eliminare la legge del valore in un batter d'occhi. Come dice il RWG, “bisogna tirare una linea da qualche parte”. Ma dove? Mescolando l'importanza cruciale di una coerenza politica e il potere della classe con i rinculi economici, i problemi della lotta futura vengono ridotti ad una speranza di realizzazione miracolosa dei nostri desideri più sinceri.
Il socialismo (o i rapporti sociali comunisti - questi termini sono qui utilizzati in maniera interscambiabile) si definisce essenzialmente attraverso l’eliminazione completa di tutte le “cieche leggi economiche” e soprattutto della legge del valore, fondamento della produzione capitalista, eliminazione che permetterà di soddisfare i bisogni dell'umanità. Il socialismo è la fine di tutte le classi (l'integrazione dei settori non capitalisti nella produzione socializzata e l'inizio del lavoro associato che decide di suoi propri bisogni), la fine dello sfruttamento, della necessità di uno Stato (espressione di una società divisa), dell'accumulazione del capitale con il suo corollario che è il lavoro salariato e dell'economia di mercato. È la fine del dominio del lavoro morto (capitale) sul lavoro vivo. Dunque il socialismo non è una questione dì creazione di nuove leggi economiche, ma l'eliminazione delle basi delle vecchie leggi sotto l'egida del programma comunista proletario.
Il capitalismo non è un mercante borghese con un grosso sigaro, ma tutta l'organizzazione attuale del mercato mondiale, la divisione del lavoro su scala mondiale, la proprietà privata dei mezzi di produzione, compresa quella contadina, il sottosviluppo e la miseria, la produzione per la distruzione, etc... Tutto ciò deve essere estirpato ed eliminato dalla storia umana per sempre. Per ciò è necessario un processo di trasformazione economica e sociale a livello mondiale di proporzioni gigantesche, che prenderà almeno una generazione. Ciò su cui bisogna insistere è che nessun marxista può prevedere i dettagli della nuova situazione che il proletariato si troverà di fronte dopo la rivoluzione mondiale. Marx ha sempre evitato di “costruire castelli in aria” per il futuro, e tutto quanto può apportare l'esperienza russa sono delle linee di orientamento molto generali per la trasformazione economica. I rivoluzionari verrebbero meno al loro compito, se il loro unico contributo fosse il rigetto della rivoluzione russa perché essa non ha realizzato il socialismo in un solo paese, o l'elaborazione di sogni sulla simultaneità di costruzione del quadro politico e della trasformazione economica.
Il vero pericolo del programma economico della rivoluzione è che lo grande linee direttive non siano chiare, che non si sappia quali sono le misure che vanno nel senso della distruzione dei rapporti di produzione capitalista (e dunque verso il comunismo) che dovranno essere applicate appena possibile. Una cosa è dire che in certe condizioni potremo essere costretti a lavorare molte ore, o non essere capaci di abolire immediatamente il denaro in un settore. Un’altra è affermare che il socialismo significa lavorare più duramente o ancor peggio che le nazionalizzazioni, e il capitalismo di Stato sono un passo in avanti verso il socialismo. I bolscevichi non devono essere condannati per essere andati dal caos del Comunismo di guerra alla NEP (da un piano inadeguato a un altro) ma per il fatto di aver presentato le nazionalizzazioni o anche il capitalismo di Stato come un aiuto alla rivoluzione o aver preteso che la “competizione economica con l'ovest” sarebbe stata una prova della grandiosità delle capacità produttive socialiste. Un programma di trasformazione economica chiaro è una necessità assoluta, e oggi, dopo cinquant'anni di riflusso, noi possiamo esaminare la questione con maggior chiarezza dei bolscevichi o di ogni altra espressione politica del proletariato dell'epoca.
La classe operaia ha bisogno di un orientamento chiaro del suo programma politico, chiave della trasformazione economica, ma non di false promesse, di rimedi immediati alle difficoltà o di mistificazioni sulla possibilità di eliminare con un decreto la legge del valore.
LA NEP
Il RWG non è il solo ad insistere sulla NEP. Molti di coloro che hanno appena rotto con il “gauchisme”, ed in particolare con le diverse varietà del trotskismo, fanno Io stesso. Dopo aver difeso la teoria folle secondo la quale oggi esistono degli “Stati operai” - il carattere socialista della Russia attuale sarebbe “provato dalla collettivizzazione nelle mani dello Stato - essi cercano ora “il punto in cui si è prodotto il cambiamento tra il 17 e oggi” (Forward, pag. 44 ) in Russia. È la solita domanda che pongono con soddisfazione i trotskisti: “in quale momento è dunque tornato il capitalismo?”
La NEP non era un'invenzione prodotta dal cervello dei capi bolscevichi. D'altronde essa riprende per larga parte, il programma della rivolta di Kronstadt... La rivolta di Kronstadt avanza una rivendicazione politica chiara per salvare la rivoluzione: la restituzione del potere ai Consigli Operai, la democrazia proletaria e la fine della dittatura bolscevica tramite lo Stato. Ma economicamente, gli operai di Kronstadt, spinti dalla fame allo scambio individuale con i contadini per ottenere delle vettovaglie, hanno proposto un “programma” che chiedeva semplicemente una regolarizzazione dello scambio, sotto la direzione degli operai - una regolarizzazione del commercio per finirla con la fame e la stagnazione economica. I carichi di vettovaglie inviati alle città russe erano presi d'assalto dalla popolazione affamata e dovevano es-sere scortati da guardie armate. Gli operai erano spesso ridotti a scambiare arnesi con vettovaglie con i contadini. La situazione era catastrofica e Kronstadt, così come i bolscevichi, non poteva proporre niente altro che un ritorno ad una specie di normalizzazione economica, cioè niente altro che il capitalismo.
Il RWG attacca la NEP senza tenere conto del contesto storico nel quale questa è stata adottata. Inoltre, fa delle confusioni su alcuni dei punti essenziali della guerra economica contro il capitalismo che pretende di difendere.
1) “Se gli eventi spingevano verso la restaurazione della proprietà capitalista in Russia, come era in parte questo il caso,....” (Rivoluzione e controrivoluzione in Russia, pag. 7 ); “la restaurazione del capitalismo significava la restaurazione del proletariato come classe in sé, ... “ (?) (idem, pag. 17); “ci si domanda cosa si sarebbe dovuto concedere di più al capitalismo per giungere alla sua restaurazione" (Forward, pag. 46) (sottolineature nostre).
Tutto ciò è la prova lampante della confusione che si fa. La NEP non era la “restaurazione del capitalismo, dato che questo non era mai stato eliminato in Russia. Il RWG fa più avanti la stessa confusione aggiungendo: “se la NEP non era il riconoscimento dei rapporti economici capitalistici normali, cioè legali” (Rivoluzione e contro-rivoluzione in Russia, pag. 7). Ecco una cosa ancora più assurda: che i rapporti capitalistici siano o no legali, cioè che la loro esistenza, sia o no riconosciuta, non è che una questione giuridica. Quale “purezza” si guadagna a pretendere che la realtà non esista? Ad ogni modo la realtà economica, sia riconosciuta legalmente o no, rimane la stessa. Se la NEP rappresentava un momento decisivo, non è certo perché essa reintroducesse ( o riconoscesse) l'esistenza delle forze economiche capitaliste- le leggi fondamentali dell'economia capitalista dominavano il contesto russo perché esse dominavano il mercato mondiale[3].
Sulla base di ciò qualcuno dirà di sapere bene che la Russia è sempre stata capitalista e che è proprio questa la prova che non c’è mai stata una rivoluzione proletaria. Non potremo mai riconoscere una rivoluzione proletaria, se ci ostiniamo a concepirla come una trasformazione economica completa dall'oggi al domani. Una volta ancora ritorniamo al tema del “socialismo in un solo paese” che è sospeso come una nube minacciosa al di sopra dell'esperienza russa. La NEP, con le sue nazionalizzazioni delle industrie più importanti, fu un passo avanti verso il capitalismo di Stato, ma non fu il punto di viraggio del “socialismo” (o di un altro sistema diverso dal capitalismo) verso il capitalismo.
2) “Essa (la NEP) rappresenta un vero e proprio tradimento dei principi, un tradimento programmatico delle frontiere di classe (Rivoluzione e controrivoluzione.., pag. 7). È questo l'argomento centrale, che, però, è la conseguenza naturale di quello precedente. Nessuno può essere così pazzo da pretendere che la classe operaia non abbia mai cedimenti. Per quanto, in generale, la rivoluzione o avanza o è sconfitta, non si può, tuttavia, interpretare questo fatto in modo unilaterale e credere che si possa avanzare linearmente e senza problemi.
Si pone allora questo problema: che cos’è una ritirata inevitabile, che cos’è il vacillamento dei principi? Il programma bolscevico, nella misura in cui faceva un'apologia mistificatrice del capitalismo di Stato, era un programma anti-proletario, ma l'incapacità di abolire la legge del valore o dello scambio in un solo paese non è affatto un “tradimento delle frontiere di classe”. O si capisce a fondo questo fatto o si arriva alla posizione secondo cui il proletariato avrebbe dovuto realizzare il socialismo integrale in Russia. Essendo ciò impossibile per definizione, i rivoluzionari avrebbero dovuto mascherare l'incapacità di applicare il programma, mentendo su ciò che veniva realmente fatto.
Ritirate sul terreno economico saranno certamente inevitabili in molti casi (malgrado la necessità di un orientamento economico chiaro) ma una ritirata sul terreno politico significa la morte per il proletariato. È questa la differenza fondamentale che c'è tra la NEP e il massacro di Kronstadt, tra la NEP e il trattato di Rapallo o le tattiche di “Fronte unico”.
“Che avrebbero fatto i compagni di Internacionalismo in questa situazione? Avrebbero restaurato l'economia mercantile.
Avrebbero decentralizzato l'industria per affidarne la direzione ai manager? In breve si sarebbero presi la responsabilità di una “ritirata” che nei fatti era una sconfitta?... Avrebbero subordinato gli interessi della rivoluzione proletaria mondiale agli interessi del capitale nazionale russo?” (Forward, pag. 45).
Quest'approccio storico consistente nel “che avreste fatto?” è sterile per definizione; la storia non può essere cambiata o giudicata con la coscienza (o mancanza di coscienza) attuale. Comunque, le ingenue domande poste dal RWG dimostrano che essi non hanno capito la differenza tra una ritirata e una sconfitta.
L'economia mercantile? Non è mai stata distrutta a livello internazionale, che è l'unico modo per eliminarla, così nessuno ha potuto restaurarla in Russia - vi è sempre esistita. Il rublo? Ancora una domanda assurda dal punto di vista dell'analisi marxista del capitalismo mondiale e del ruolo della moneta, La decentralizzazione dell'industria? Questo è un problema politico che indebolì fortemente il potere dei Consigli Operai e appartiene a tutt'altro campo. Difendere gli interessi del capitale russo? Questa era chiaramente la campana che suonava la morte della rivoluzione.
“le trasformazione economica non poteva essere compiuta per decreto, ma il decreto era il primo passo da compiere” .
Se il RWG intende per decreto il programma della classe operaia, non ci resta più che da “decretare” il comunismo integrale immediato. E dopo? Come lo realizzeremo? Dovremo: o abbandonare la lotta, o mentire e pretendere che sia possibile realizzare il socialismo in delle piccole repubbliche socialiste.
Una rivoluzione in un paese come l'Inghilterra, per esempio, (che è ben lungi dall'essere un paese con economia arretrata e sottosviluppata come la Russia del 1917) non potrebbe resistere che poche settimane, prima di essere schiacciata dalla fame (nel caso di un blocco). Che senso avrebbe il parlare di una guerra economica sempre vittoriosa contro il capitalismo, quando la prospettiva è il morire di fame a breve termine? La sola politica che protegge e difende un bastione rivoluzionario è l'offensiva della rivoluzione a livello internazionale e la sola speranza è la solidarietà politica della classe, la sua organizzazione autonoma e la lotta di classe internazionale.
ALCUNE MISURE PER UN PROGRAMMA DI TRANSIZIONE
Il RWG, con tutte le sue chiacchiere sulla NEP, non suggerisce nulla che possa servire ad orientare in modo socialista l'economia nella futura lotta rivoluzionaria. In che direzione dovremo andare fintantoché la lotta di classe ce lo permetterà?
1) Socializzazione immediata delle grosse concentrazioni capitaliste e dei principali centri di attività proletaria.
2) Pianificazione della produzione e della distribuzione da parte dei Consigli Operai, secondo il criterio della massima soddisfazione possibile dei bisogni (dei lavoratori e della lotta di classe) e non dell'accumulazione.
3) Tendenza a ridurre l'orario di lavoro.
4) Aumento sostanzioso del livello di vita degli operai, che comprende l'organizzazione immediata di trasporti, di abitazioni, di servizi medici gratuiti, il tutto sotto la direzione dei Consigli Operai.
5) Tentativi da parte dei Consigli Operai di eliminare, per quanto è possibile, la forma salariale e il denaro in tutta la società anche se è necessario per questo ricorrere al razionamento dei beni, nel caso questi siano in quantità insufficiente. Questo sarà piú facile nelle zone in cui il proletariato é fortemente concentrato ed ha molte risorse a sua disposizione.
6) Organizzazione delle relazioni tra i settori socializzati e i settori in cui la produzione resta individuale (soprattutto nelle campagne), orientata verso uno scambio organizzato e collettivo, in un primo tempo attraverso le cooperative (che porterebbero eventualmente all'eliminazione della produzione privata e dello scambio, se la lotta di classe vince nelle zone rurali); misura questa che rappresenta un passo avanti verso la scomparsa dell’economia di mercato e degli scambi individuali.
Questi punti devono essere considerati suggerimenti per l'orientamento futuro, come un contributo al dibattito che va avanti all'interno della classe su questi problemi.
L'OPPOSIZIONE OPERAIA
I compagni del RWG non capiscono la situazione russa, par cui vi si perdono. Essi cercano di dare un orientamento per il futuro richiamandosi a qualcuna delle frazioni russe dissidenti. Come tutti quelli che rigettano completamente il passato e pretendono che la coscienza rivoluzionaria sia nata ieri (assieme a loro, naturalmente), il RWG ragiona all'incontrario e risponde alla storia a modo suo. Non si tratta di un arricchimento delle lezioni del passato, ma di un desiderio di riviverlo e di “fare meglio”, anziché cercare che cosa se ne può trarre fuori oggi.
Il RWG scrive dunque: “il nostro programma è quello dell'Opposizione Operaia, cioè quello di stimolare l'attività autonoma della classe operaia contro la burocratizzazione ed i tentativi di restaurazione del capitalismo”. Ciò rivela una fondamentale mancanza di comprensione di ciò che significa realmente l'Opposizione Operaia nel contesto dei dibattiti che si svolgevano in Russia. L'Opposizione Operaia è stato uno dei numerosi gruppi che hanno lottato contro l'evolvere degli avvenimenti in Russia verso la degenerazione. Pur non rigettando assolutamente i loro sforzi spesso coraggiosi, è tuttavia necessario considerare qual era il loro programma.
L'Opposizione Operaia non era contro il “burocratismo”, ma contro la burocrazia di Stato e per l'utilizzazione della burocrazia sindacale. A gestire il capitale in Russia dovevano essere i sindacati e non l'apparato del partito-Stato. L'Opposizione Operaia voleva forse difendere la iniziativa operaia, ma per lei questa doveva esprimersi all'interno del contesto sindacale. La vera vita della classe all'interno dei soviet era stata quasi del tutto soffocata nel 1920-21 ma questo non voleva dire che fossero i sindacati e non i consigli operai lo strumento della dittatura del proletariato. È lo stesso tipo di ragionamento che ha portato i bolscevichi a concludere che fosse necessario ritornare a certi aspetti del vecchio programma socialdemocratico (infiltrazione nei sindacati, partecipazione al parlamento, alleanza coi centristi, etc.) dato che il programma del primo congresso dell'Internazionale Comunista non poteva essere facilmente attuato a causa della sconfitta delle insurrezioni proletarie in Europa. Anche se i soviet erano tati schiacciati, l'attività autonoma della classe (per non parlare della sua attività rivoluzionaria) non poteva più esercitarsi all'interno dai sindacati in periodo di decadenza del capitalismo. Tutto il dibattito sui sindacati si basava su un falso assunto: che i sindacati potessero sostituirsi ai soviet come organizzazioni unitarie della classe. Su questo punto gli insorti di Kronstadt che lanciavano come parola d'ordine la rigenerazione dei Soviet erano molto più chiari. All'epoca l’Opposizione Operaia appoggiò l'annientamento militare di Kronstadt.
È fondamentale la comprensione storica che nel contesto della situazione russa il dibattito portato avanti dall'Opposizione Operaia si limitava al modo dì “gestire” la degenerazione e che quindi sarebbe il colmo dell’assurdità richiamarsi oggi ad un tale programma. Ancora, il RWG afferma:
“ma noi siano sicuri di una cosa: se il programma dell'Opposizione Operaia, il programma dell'attività autonoma del proletariato, fosse stato adottato, la dittatura proletaria in Russia sarebbe morta (ammesso che lo sarebbe stata) combattendo il capitalismo e non adattandovisi. E ci sarebbe stata qualche possibilità di salvezza con una vittoria in Occidente. Se questo programma di lotta fosse stato adottato, non ci sarebbe stata forse una ritirata a livello internazionale. Ci sarebbe stata forse qualche possibilità che la Sinistra Internazionale predominasse nell'Internazionale Comunista” (Forward, pagg. 48, 49)
Questo prova soltanto che c'è una convinzione radicata nello RWG che se in Russia le cose fossero andate meglio, tutto sarebbe stato diverso. Per loro la Russia era l'elemento decisivo del tutto. Essi affermano anche, come abbiamo visto, che se fossero state prese misure economiche diverse, il tradimento politico sarebbe stato evitato e non viceversa. Ma l'assurdità storica di quest'ipotesi è dimostrata dal: “ci sarebbe stata forse qualche possibilità che la sinistra internazionale predominasse nell'Internazionale Comunista”. La Sinistra Internazionale, di cui presumiamo che parlino, non aveva le idee molto chiare a quell'epoca sul programma economico. Ma il KAPD, per esempio, si basava sul rigetto del sindacalismo e della sua burocrazia. L'Opposizione Operaia ha trovato ben poco da ridire sulla strategia bolscevica in Occidente ed ha sempre fatto da tampone alla politica bolscevica ufficiale su questa questione, ivi comprese le 21 condizioni del secondo congresso dell'Internazionale Comunista (come fece Ossinsky). La visione di un'Opposizione Operaia che diventa il punto di riferimento della Sinistra Internazionale è una pura invenzione del RWG, che non conosce la storia di cui parla con tanta leggerezza.
Il RWG, mentre scrive che “interrogare la sfera di cristallo non è un'attività rivoluzionaria” (Forward, pag. 48), si perde qualche riga più in basso nella descrizione degli infiniti orizzonti che l'Opposizione Operaia avrebbe aperto alla classe operaia. Si potrebbe dire che più che stare attenti ad evitare le sfere dì cristallo sarebbe meglio sapere di cosa si sta parlando.
LE LEZIONI D'OTTOBRE
Il nostro scopo principale in quest'articolo non è di polemizzare, benché sia sicuramente utile per fare chiarezza su certi punti. Il compito principale dei rivoluzionari è trarre dalla storia dei punti di orientamento per il futuro. La discussione su quale è il momento in cui la rivoluzione ha cominciato a degenerare è meno importante del:
1) Vedere se questa degenerazione c'è stata.
2) Capire perché c'è stata.
3) Cercare di contribuire alla presa di coscienza della classe mettendo in evidenza gli apporti positivi e quelli negativi di quella epoca.
È in questo senso che vorremmo contribuire e dare una visione generale delle principali eredità lasciateci dall'esperienza dell'ondata rivoluzionaria del dopoguerra, per oggi e per domani.
1) La rivoluzione proletaria è una rivoluzione internazionale, ed il primo compito della classe operaia in un paese è di contribuire alla rivoluzione mondiale.
2) Il proletariato è la sola classe rivoluzionaria, il solo soggetto della rivoluzione e della trasformazione sociale. È chiaro oggi che ogni alleanza “operai – contadini” è da rigettare.
3) Il proletariato organizzato nel suo insieme in Consigli, costituisce la dittatura del proletariato. Il ruolo del partito politico della classe non è di impadronirsi del potere Statale, di “dirigere in nome della classe”, ma di contribuire a sviluppare e a generalizzare la coscienza di classe all'interno di questa. Nessuna minoranza politica può costituirsi alla classe nell'esercizio del potere politico.
4) Il proletariato deve esercitare il suo potere armato contro la borghesia. Benché il principale modo di unificare la società debba essere quello d'integrare gli elementi non proletari e non sfruttatori nella produzione socializzata, in alcune occasioni può essere necessario utilizzare la violenza contro questi settori; ma questa non può essere utilizzata come mezzo per risolvere le discussioni all'interno del proletariato e delle sue organizzazioni di classe. Bisognerà fare ogni sforzo per rafforzare l'unità e la solidarietà del proletariato.
5) Il capitalismo di Stato è la tendenza dominante dell'organizzazione capitalista in periodo di decadenza. Le misure di capitalismo di. Stato, ivi comprese le nazionalizzazioni, non sono in alcun modo un programma per il socialismo né una “tappa progressiva”, né una politica che possa “aiutare” la marcia verso il socialismo.
6) Le linee generali delle misure economiche che tendono a eliminare la legge del valore, la socializzazione della produzione industriale e agricola per i bisogni dell'umanità, menzionate sopra, rappresentano un contributo all'elaborazione di un nuovo orientamento economico per la dittatura del proletariato.
Questi punti, qui rapidamente illustrati, non hanno la pretesa di fare una panoramica della complessità dell'esperienza rivoluzionaria, ma possono servire da punti di riferimento per una elaborazione futura.
Oggi, con la ripresa della lotta di classe, ci sono molti piccoli gruppi come il RWG che si sviluppano ed è importante capire le implicazioni del loro lavoro ed incoraggiare gli scambi di idee tra i rivoluzionari. Ma c'è il pericolo che dopo tanti anni di controrivoluzione, questi gruppi non siano capaci di riappropriarsi della eredità del passato rivoluzionario. Come il RWG, molti di questi gruppi pensano di essere i primi a “scoprire” la storia, come se prima di loro ci fosse stato il nulla. Questo puó portare ad aberrazioni di questo genere: fissarsi sul programma dell'Opposizione Operaia o dei gruppi dì sinistra russi, nel vuoto, come se si “scoprisse” ogni giorno un “nuovo pezzo del puzzle”, senza inserire i nuovi elementi in un contesto più ampio. Senza conoscere il lavoro della Sinistra Comunista (ed esaminarlo in modo critico) (KAPD, Gorter, Sinistra Olandese, Pannekoek, “Workers Dradnought ", la Sinistra Italiana, la rivista Bilan negli anni 30 e Internationalisme negli anni 40, il Comunismo dei Consigli e Living Marxisme, come i Comunisti di Sinistra russi), e senza vederlo come pezzi separati di un puzzle, ma comprendendolo in termini generali di sviluppo della coscienza rivoluzionaria della classe, il nostro lavoro sarà condannato alla sterilità e all'arroganza del dilettante.
Quelli che fanno lo sforzo indispensabile di rompere col gauchisme dovrebbero capire che non sono i soli a marciare sul cammino della rivoluzione e in tutta la storia e al giorno d'oggi.
Judith Allen
[1] Il trattato di Rapallo tra Russia e Germania (aprile 1922) viene preparato dagli incontri di Radek in prigione con Rathman ed altri esponenti militari ed economici tedeschi. La collaborazione militare segreta tra le due nazioni, nascosta dietro un'innocente facciata commerciale, viene alla luce nel 1926 (“scandalo delle granate”), quando si rivela che fabbriche russe forniscono armi all'esercito tedesco, al quale viene concessa la possibilità di addestrarsi in territorio russo.
[2] Vedi “Dal modernismo al niente” su World Revolution n. 3 e Révolution Internationale n. 18.
[3] La politica di comunismo di guerra in Russia durante la guerra civile, tanto vantata dal RWG, non era “meno capitalista” della NEP. L'espropriazione violenta dei beni ai contadini, pur essendo una misura necessaria per l'offensiva proletaria all'epoca, non costituiva affatto un “programma” economico (il saccheggio?). È facile vedere che queste misure temporanee, intervenendo con la forza sulla produzione agricola, non potevano durare indefinitamente. Prima, durante e dopo il comunismo di guerra, la base essenziale della produzione restava la proprietà privata. Il RWG ha ragione di sottolineare l'importanza della lotta di classe degli operai agricoli in Russia, ma questa lotta non annientò automaticamente e immediatamente il ceto contadino ed il suo sistema di produzione, anche nel migliore dei casi.