La lotta del marxismo contro la religione La fonte fondamentale della mistificazione religiosa è la schiavitù economica

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Il primo articolo, Islamismo: un sintomo della decomposizione del capitalismo ha evidenziato il ritorno in forza dell'Islam in quanto ideologia capace di mobilitare le masse. Abbiamo visto come l'Islam è stato adattato ai bisogni del capitalismo in decomposizione nei paesi sottosviluppati, prendendo la forma di un sedicente 'Islam politico', il fondamentalismo, che ha poche cose in comune con la fede di Maometto, il suo fondatore, ma che si presenta come il difensore di tutti gli oppressi. Abbiamo mostrato anche che, contrariamente a Marx che pensava che la nebbia religiosa sarebbe stata dispersa velocemente dallo stesso capitalismo, i suoi continuatori hanno riconosciuto che il capitalismo, nella sua fase di decadenza, ha determinato una rinascita della religione, espressione evidente di una totale bancarotta della società borghese. Nei paesi sottosviluppati questa ha preso la forma particolare di una recrudescenza di movimenti 'fondamentalisti'. Nei paesi evoluti, la situazione è più complessa: la rigorosa osservanza dei riti delle religioni stabilite è più o meno in declino da cinquanta anni, mentre altri culti religiosi alternativi, come la 'New Age', si sviluppano.

Nello stesso momento in cui certi settori della popolazione si allontanano dalla religione e dalla fede in Dio, altrove si vedono risorgere credenze 'fondamentaliste'.

Queste tendenze si osservano particolarmente negli ambienti tradizionali religiosi e riguardano tutte le grandi religioni, salvo forse il Buddismo. Le popolazioni immigrate provenienti dal Terzo Mondo tendono ad aggrapparsi alla loro religione, non solo per 'consolarsi' ma anche perché quest’ultima costituisce un simbolo della loro eredità culturale persa, un mezzo per mantenere la loro identità culturale in un ambiente crudele ed ostile.

Queste tendenze non sono uniformi in tutti i paesi evoluti, nonostante la loro evidente evoluzione comune verso il laicismo. Così, secondo un articolo de Le Monde diplomatique (Dominique Vidal, "Una società secolare", novembre 2001), "solamente il 5% degli americani dice di non avere una religione" e a dispetto dei progressi secolari della società, sarebbe impensabile che un presidente degli Stati Uniti non intonasse il God bless America (Dio benedica l’America) ogni volta che si rivolge alla nazione. Tuttavia, mentre in Francia, dove la separazione tra Chiesa e Stato ha  rappresentato la ragion d'essere della borghesia dal 1789 e che "la metà della popolazione non frequenta più la chiesa, il tempio o la moschea", si sviluppa un'ondata crescente di 'fondamentalismo' tra gli immigrati dell'Africa del nord. Così dunque, malgrado una disaffezione verso le principali religioni, la pratica religiosa perdura. La fine del periodo ascendente del capitalismo, la sua entrata nel suo periodo di decadenza, ed ora nella sua fase terminale di decomposizione generalizzata, non hanno solo prolungato la vita dell'irrazionalità religiosa ma anche fatto nascere molteplici varianti, che riteniamo essere ancora più pericolose per l'umanità.

Questo articolo costituisce un primo tentativo di esaminare da un punto di vista marxista, nelle condizioni attuali, il problema della lotta contro l'ideologia religiosa in seno al proletariato. Vedremo come, su questo argomento, molti insegnamenti possono essere tratti dalla storia del movimento operaio.

La lotta contro la religione

Come dimostrato nella prima parte, Marx vedeva la religione come una pericolosa mistificazione che permette di fuggire dalla realtà ("l'oppio del popolo"), ma anche come "il sospiro della creatura oppressa"; in altri termini un grido soffocato contro l'oppressione. Lenin aggiungeva a ciò il seguente consiglio ai comunisti: avanzare prudentemente nella propaganda anti-religiosa, senza per questo nascondere il suo materialismo ateo. In generale l’atteggiamento di Lenin su questa delicata questione rappresenta ancora oggi un punto di riferimento per il pensiero comunista e la pratica rivoluzionaria. E non solo perché ne ha tracciato il quadro con citazioni di Marx ed Engels (e ciò significherebbe abbassare la scienza marxista a livello di una religione), ma anche perché questo quadro tratta tutti i principali problemi in modo razionale e scientifico. È utile esaminare innanzitutto le riflessioni di Lenin su questa questione prima di ritornare sulla situazione attuale per capire dunque quale deve essere l'atteggiamento dei marxisti.

È interessante segnalare che il primo commento di Lenin sulla religione che sia stato tradotto, è una difesa appassionata della libertà religiosa. Si tratta di un testo scritto nel 1903, indirizzato ai contadini poveri di Russia, nel quale dichiara che i marxisti "esigono che ciascuno abbia il pieno diritto di professare la religione che si desidera". Lenin denunciava come particolarmente 'vergognose' le leggi in vigore in Russia e nell'impero ottomano ("le scandalose persecuzioni poliziesche contro la religione") così come le discriminazioni in favore di certe religioni (rispettivamente la Chiesa ortodossa e l'Islam). Per lui tutte queste leggi sono così ingiuste, arbitrarie e scandalose, e ciascuno deve essere perfettamente libero non solo di professare la religione che desidera, ma anche di diffonderla o cambiarla.

Le idee di Lenin su numerosi aspetti della politica rivoluzionaria nel tempo cambiarono, ma non su questo  argomento. È questo che dimostra la sua prima dichiarazione importante "Socialismo e religione" - un testo del 1905 – che, in fondo, non si discosta di molto dai suoi ultimi scritti su tale argomento.

"Socialismo e religione" rappresenta l’indispensabile cornice entro cui si muovono i bolscevichi verso la religione. Quest’articolo riassume, in uno stile accessibile, le conclusioni già raggiunte da Marx ed Engels sull'argomento: la religione, dice Lenin, è "una sorte di alcol spirituale che incoraggia gli operai a subire il loro sfruttamento nella speranza di essere ricompensati nella vita eterna. Ma a coloro che vivono del lavoro degli altri, la religione insegna a praticare quaggiù la carità, ciò che a buon conto permette di giustificare tutta la loro esistenza in quanto sfruttatori e di poter acquistare un biglietto a tariffa ridotta per la beatitudine nell'aldilà".

Lenin prediceva con fiducia che il proletariato avrebbe fuso  la sua lotta con la scienza moderna, in rottura con "la nebbia della religione" e "oggi stesso starebbe combattendo per una migliore vita terrestre".

Per Lenin, nel quadro della dittatura del proletariato, la religione era un fatto privato. Affermava che i comunisti volevano uno Stato assolutamente indipendente da ogni affiliazione religiosa e non contribuente con alcun aiuto materiale alle spese delle organizzazioni religiose. Allo stesso tempo, ogni discriminazione verso le religioni doveva essere bandita, ed ogni cittadino doveva "essere libero di professare qualsiasi religione" o magari "alcuna religione".

Di contro, per il partito marxista, la religione non fu considerata mai come un fatto privato: "Il nostro partito è un'associazione di elementi animati di una coscienza di classe, all'avanguardia del combattimento per l'emancipazione del proletariato. Una tale associazione non può e non deve essere indifferente al vero significato delle credenze religiose: ignoranza, oscurantismo e perdita di coscienza di classe. Esigiamo la completa separazione della Chiesa e dello Stato, per essere capaci di combattere la nebbia religiosa con armi puramente e semplicemente ideologiche, per mezzo della nostra stampa e dei nostri interventi. Ma per noi, il combattimento ideologico non è un fatto privato, è un fatto di tutto il partito, il fatto di tutto il proletariato".

E Lenin aggiungeva che non si potrebbe giungere ad una fine della religione unicamente attraverso una propaganda vuota ed astratta: "Bisognerebbe essere un borghese dalla mente ristretta per dimenticare che il giogo della religione... è solamente il prodotto ed il riflesso del giogo economico che pesa sulla società. Tutti gli opuscoli e tutti i discorsi non potranno illuminare il proletariato se non è, lui stesso, illuminato dalla sua lotta contro le forze oscure del capitalismo. L'unità, in questo combattimento realmente rivoluzionario della classe oppressa per la creazione di un paradiso sulla terra, è più importante per noi dell'unità dell'opinione dei proletari su un paradiso nei cieli".

I comunisti, scriveva Lenin, si oppongono in modo intransigente ad ogni tentativo di attizzare "le differenze secondarie" su questioni religiose, ciò che potrebbe essere utilizzato dai reazionari per dividere il proletariato. Dopo tutto, la vera fonte del "ciarlatanismo religioso" è la schiavitù economica.

Gli stessi temi furono sviluppati nel 1909, in un testo intitolato "Sull'atteggiamento del partito operaio al riguardo della religione": "La base filosofica del marxismo, così come l'hanno più volte proclamata Marx ed Engels, è il materialismo dialettico..., materialismo indiscutibilmente ateo, risolutamente ostile ad ogni religione...” “La religione è l'oppio del popolo” (Karl Marx, Contributo alla critica della filosofia del diritto di Hegel. Introduzione). Questa sentenza di Marx costituisce la pietra angolare di tutta la concezione marxista in materia di religione. Il marxismo considera sempre le religioni e le chiese, le organizzazioni religiose di ogni tipo esistenti attualmente, come organi della reazione borghese che servono a difendere lo sfruttamento ed ad intossicare la classe operaia.

Nello stesso tempo, Engels non mancò di condannare i tentativi di coloro che, desiderosi di mostrarsi più 'a sinistra' o 'più rivoluzionari' della socialdemocrazia, volevano introdurre nel programma del partito operaio una proclamazione esplicita di ateismo, ciò che significava una dichiarazione di guerra alla religione. Lenin si appoggia sulla condanna di Engels della guerra alla religione condotta dai blanquisti per considerarla il migliore mezzo per ravvivare l'interesse per la religione e rendere più difficile il suo effettivo deperimento: "Engels imputa ai blanquisti di non comprendere che solo la lotta di classe delle masse operaie, portando i più larghi strati del proletariato a praticare a fondo l'azione sociale, cosciente e rivoluzionaria, può liberare nei fatti le masse oppresse dal giogo della religione, e che proclamare la guerra alla religione come compito politica del partito operaio, è solamente fraseologia anarchicheggiante" (id.).

Lo stesso avvertimento è stato lanciato da Engels nell'anti-Dühring, in relazione alla guerra che Bismarck faceva alla religione: "Attraverso questa lotta, Bismarck non ha fatto che riaffermare il clericalismo militante dei cattolici; ha nuociuto  alla causa della vera cultura; mettendo in primo piano le divisioni religiose, al posto delle divisioni politiche, ha deviato l'attenzione di certi strati della classe operaia e della democrazia, dai compiti essenziali che comportano la lotta di classe rivoluzionaria, verso l'anticlericalismo il più superficiale e borghesemente menzognero. Accusando Dühring, che voleva mostrarsi ultrarivoluzionario, di volere riprendere sotto un'altra forma quella stessa stupidità di Bismarck, Engels esigeva che il partito operaio lavorasse pazientemente all'opera di organizzazione e di educazione del proletariato, che porta al deperimento della religione, e non di gettarsi nelle avventure di una guerra politica contro la religione (..) Engels (..) ha sottolineato di proposito (..) che la socialdemocrazia considera la religione come un affare privato di fronte allo Stato, ma non verso se stessa, non verso il marxismo, non verso il partito operaio".(id.)

L'atteggiamento verso la religione, flessibile ma fondato su dei principi

Questo atteggiamento flessibile verso la religione, ma fondato su dei principi, che era quello di Marx, Engels e Lenin, è stato attaccato dai "parolai anarchici" (espressione di Lenin) che non sono riusciti ad afferrare quello che l'approccio marxista di questa questione aveva di logico e di coerente.

Come spiega Lenin: "Sarebbe un grossolano errore pensare che l'apparente 'moderazione' del marxismo verso la religione sia dovuta a pretese considerazioni 'tattiche', il desiderio di non 'urtare', ecc. Al contrario, la linea politica del marxismo, anche per questa questione, è legata indissolubilmente ai suoi principi filosofici.

Il marxismo è un materialismo (...) Noi dobbiamo combattere la religione, è l'ABC di tutto il materialismo e, partendo dal marxismo. Ma il marxismo non è un materialismo che si sarebbe fermato all'ABC. Il marxismo va più lontano, dice: bisogna sapere lottare contro la religione e, per farlo, dobbiamo spiegare la fonte della fede e della religione delle masse in un modo materialista. Non si deve confinare la lotta contro la religione in una predicazione ideologica astratta, non la si deve minimizzare; bisogna legare questa lotta alla pratica concreta del movimento di classe che mira a fare sparire le radici sociali della religione". (id.)

Secondo "il borghese progressista, il radicale ed il borghese ateo", continua Lenin, la religione mantiene il suo ascendente "sul popolo a causa della sua ignoranza". "I marxisti dicono: ciò è falso. È un punto di vista superficiale, il punto di vista di un borghese dalla mente ristretta che vuole elevare le masse. Non spiega le radici della religione in modo sufficientemente profonda, le spiega in un modo idealistico e non materialista. Nei paesi capitalisti moderni, queste radici sono soprattutto sociali. Oggi, la religione è radicata profondamente alle condizioni sociali di oppressione delle masse lavoratrici e alla completa impotenza a cui esse sono manifestamente ridotte di fronte alle forze cieche del capitalismo, che infliggono ad ogni ora di ogni giorno agli operai le più orribili sofferenze e i tormenti più brutali, mille volte più rigorosi di quelli inflitti dagli avvenimenti straordinari come le guerre, i terremoti, ecc.".

"La paura ha creato gli dei". La paura davanti alle forze cieche del capitale - cieche perché non possono essere previste dalle masse popolari - che minacciano ad ogni tappa della loro vita il proletario ed il piccolo padrone e portano loro la rovina 'improvvisa', 'inattesa' e 'accidentale' che causa la loro fine, che ne fanno un mendicante, un declassato, una prostituta e li riducono a morire di fame. Tali sono le radici della religione moderna, e questo deve avere in mente, prima di ogni cosa, il marxista, se non vuole rimanere un materialista primitivo. Nessun libro divulgatore potrà estirpare la religione dalla mente delle masse inebetite dall'inferno capitalista, e che sono alla mercé delle forze cieche e distruttrici del capitalismo, finché queste masse non apprenderanno da sole a combattere queste radici della religione, a combattere il regno del capitale sotto tutte le sue forme, in un modo unitario, organizzato, sistematico e cosciente.

Ciò significherebbe che il libro divulgativo contro la religione sarebbe nocivo o inutile? No. La conclusione che si impone è tutt'altra. Ciò significa che la propaganda atea della socialdemocrazia deve essere subordinata al suo compito fondamentale: lo sviluppo della lotta di classe delle masse sfruttate contro i loro sfruttatori". (id.)

Lenin insisteva sul fatto che ciò poteva essere compreso solamente in modo dialettico. Altrimenti, in certe circostanze, la propaganda atea può essere nociva. Cita l'esempio di uno sciopero condotto da un'associazione operaia cristiana. In questo caso, i marxisti devono "porre al di sopra di tutto il successo del movimento di sciopero", opporsi ad ogni divisione tra gli operai "tra atei e cristiani", saranno, infatti, i progressi della lotta di classe a "convertire gli operai cristiani alla socialdemocrazia ed all'ateismo, cento volte più efficaci di un semplice sermone per l'ateismo".

"Il marxista deve essere un materialista, nemico della religione, ma un materialista dialettico, deve cioè considerare la lotta contro la religione non in modo speculativo, non sul campo astratto e puramente teorico di una propaganda sempre identica a se stessa, ma in modo concreto, sul terreno della lotta di classe realmente in corso, che educa le masse più di tutto e meglio di tutto.

Il marxista deve sapere considerare l'insieme della situazione concreta, deve sempre trovare il punto di equilibrio tra l'anarchismo e l'opportunismo (questo equilibrio è relativo, leggero, variabile, ma esiste), non cadere né nel 'rivoluzionarismo' astratto, verbale e praticamente vuoto dell'anarchico, né nel filisteismo e l'opportunismo del piccolo borghese o dell'intellettuale liberale, che teme la lotta contro la religione, dimentica la missione che gli compete in questo campo, si adatta alla legge di Dio, e si ispira non agli interessi della lotta di classe ma ad un meschino e miserabile piccolo calcolo: non urtare nessuno, non ferire nessuno, non impaurire nessuno, alla massima: 'vivere e lasciare vivere', ecc". (id.)

Lenin ha sempre allertato sui pericoli dell'impazienza piccolo-borghese nella lotta contro i danni determinati dalla religione. E così in un discorso davanti al primo congresso panrusso delle operaie, nel novembre 1918, notò i successi stupefacenti ottenuti dalla giovane Repubblica dei soviet nelle zone più urbanizzate, nella sua capacità di fare arretrare l'oppressione delle donne. Ma avvertì: "Per la prima volta nella storia, le nostre leggi hanno soppresso tutto ciò che privava le donne dei loro diritti. Ma la cosa importante non è la legge. Nelle grandi città e nelle zone industriali, questa legge sulla completa libertà del matrimonio si applica senza problemi, ma nelle campagne è rimasta lettera morta. Là, è il matrimonio religioso che predomina ancora. E questo è dovuto all'influenza del clero, una piaga che è più difficile da combattere della vecchia legislazione.

Dobbiamo essere estremamente prudenti nella nostra lotta contro la nocività della religione; alcuni hanno causato molti danni offendendo i sentimenti religiosi. Dobbiamo servirci della propaganda e dell'educazione. Con attacchi frontali, troppo brutali, non faremo che svegliare il risentimento del popolo, e tali metodi di lotta tendono a perpetuare le divisioni in seno al popolo secondo criteri religiosi, mentre la nostra forza risiede nella sua unità. La povertà e l'ignoranza sono le fonti più profonde delle nocività della religione, ed è questo il male che dobbiamo combattere".

Nel suo progetto di programma del Partito comunista di Russia stabilito l'anno successivo, Lenin reiterò la rivendicazione della completa separazione tra Chiesa e Stato e rinnovò i suoi avvertimenti di non "urtare i sentimenti religiosi dei credenti, perché ciò può servire solamente ad aumentare il fanatismo".

Due anni dopo, all'epoca di una riunione dei delegati non bolscevichi al 9° congresso panrusso dei soviet, quando Kalinin (a cui più tardi Stalin diede il controllo dell'educazione) rese noto che Lenin potrebbe dare l'ordine di "bruciare tutti i libri di preghiere", Lenin si affrettò a chiarire con una certa insistenza che lui "mai aveva suggerito una tale cosa e non avrebbe potuto mai farla. Voi sapete che, secondo la nostra Costituzione, la legge fondamentale della Repubblica, la libertà di coscienza, per ciò che riguarda la religione, è pienamente garantita a ciascuno".

Qualche tempo prima, nel 1921, Lenin aveva scritto a Molotov (un altro dei futuri pilastri dell'apparato di Stalin), per criticare le parole d'ordine come "denunciare le menzogne della religione" che comparvero in una circolare riguardante il 1° maggio. "È un errore, una mancanza di tatto" scrisse Lenin, sottolineando ancora una volta la necessità "di evitare assolutamente di attaccare la religione frontalmente". In effetti, Lenin aveva tale consapevolezza dell'importanza di questa questione che chiese una circolare addizionale a correzione della precedente. E se la Segreteria non fosse stata d'accordo, allora avrebbe proposto di portare l'argomento davanti al Politburo. Di conseguenza, il Comitato centrale fece pubblicare una lettera nella Pravda del 2l aprile 1921, esigendo che nelle celebrazioni del 1° maggio "niente sarebbe fatto o detto che potesse offendere i sentimenti religiosi delle masse popolari".

Il punto di vista di Lenin sui rapporti tra socialismo e religione sono definiti con chiarezza. Ora, possiamo brevemente esporre come Marx, Engels e Lenin vedono la lotta contro l'oscurantismo religioso. In primo luogo, la religione è vista come una forma di oppressione in una società divisa in classi, un mezzo per ingannare le masse e far loro accettare questa oppressione. Esiste e si sviluppa nelle condizioni materiali specifiche che Lenin definiva "la schiavitù economica". L'entrata del capitalismo nella sua fase di decadenza significa, più che mai, che il proletariato e gli altri strati oppressi soffrono "la paura delle forze cieche del capitale", le catastrofi economiche del capitalismo che trascina le masse lavoratrici nell'abisso senza fondo "della mendicità, della prostituzione e della carestia".

Le religioni prendono forme estremamente varie. Ma ogni religione, pur deviando indiscutibilmente l'essere umano dalla sua vera liberazione, funziona precisamente da diversivo per il conforto che dispensa a ciascuno contro l'avversità. Sembra offrire la speranza di una vita migliore, che sia dopo la morte o attraverso qualche trasformazione soprannaturale del mondo materiale. Ed attraverso questa speranza di liberazione, 'la salvezza dell'anima' nell'aldilà o nella futura Apocalisse, può svilupparsi l'illusione che la sofferenza patita quaggiù non è vana, poiché questa sarà ricompensata generosamente in Paradiso, se il credente si sottopone alle leggi di Dio. In questo mondo freddo, disumano e senza pietà, conseguenza della crisi permanente ed approfondita della decadenza capitalista, la religione fornisce quindi agli oppressi un apparente calo di tensione parziale della loro schiavitù. Infatti, la religione afferma che ogni persona è veramente preziosa agli occhi del suo divino creatore.

Per superare la religione, la ricerca dell'unità nella lotta di  classe 

Per gli anarchici, "i borghesi dalla mente ristretta che vogliono elevare le masse" ed i radicali impazienti, generati dalle classi medie, l'ascendente della religione sulle masse è dovuto alla loro ignoranza. I marxisti, al contrario, sanno che la religione affonda le sue radici nel profondo del capitalismo moderno, e prima ancora fino alle origini della società di classe e persino alle stesse origini dell'umanità. È per tale motivo che non è possibile arrivare alla sua fine basandosi semplicemente, e neanche principalmente, sulla propaganda. I comunisti sicuramente devono fare propaganda anti-religiosa, ma questa deve essere sempre subordinata alla ricerca dell'unità effettiva del proletariato nella lotta di classe. Il discorso anti-religioso "deve essere collegato alla pratica concreta del movimento della classe il cui scopo è eliminare le radici sociali della religione". E questa è la sola strategia materialista per estirpare tali radici. Tutti i tentativi per risolvere il problema attraverso una dichiarazione di guerra politica alla religione, attaccandola frontalmente senza precauzioni, o sostenendo misure il cui scopo è restringere l'osservanza delle pratiche religiose, ignorano le radici ben reali e materiali della religione. Da un punto di vista proletario, una tale condotta è irragionevole, perché inasprisce le divisioni in seno al proletariato e spinge gli operai nelle braccia dei fanatici religiosi.

Se i comunisti si oppongono alla religione, ciò non significa che essi danno sostegno alle misure prese dallo Stato contro le credenze o le pratiche religiose, o contro gruppi religiosi particolari.

Sul piano ideologico e politico, i comunisti si oppongono alla religione: non dovrebbe esserci una questione religiosa considerata come un fatto privato nelle stesse righe di un'organizzazione rivoluzionaria, essendo questa costituita da militanti animati da una coscienza di classe e che hanno già rotto con ogni forma di religione. Nella loro lotta contro i danni inflitti dalla religione tra le masse, i comunisti non devono essere solamente materialisti, in quanto basano la loro convinzione e la loro azione sul fatto fondamentale che sono gli esseri umani a fare la loro storia e che dunque possono liberare se stessi attraverso la loro attività cosciente. Essi devono essere dei materialisti dialettici, e cioè agire considerando la situazione nel suo insieme, in quanto coscienti di tutte le interazioni cruciali tra le differenti componenti politiche. Ciò implica che la propaganda anti-religiosa deve essere concretamente legata alla lotta di classe ben reale, al posto di condurre un combattimento astratto, puramente ideologico, contro la religione. È solamente attraverso la vittoria del movimento proletario che le radici sociali delle nocività religiose legate allo sfruttamento della classe operaia potranno essere estirpate.

La religione non può essere abolita per decreto e le masse operaie devono superarla basandosi sulla loro esperienza. I comunisti eviteranno dunque ogni misura (come la condanna delle pratiche religiose), che tendono infatti a ravvivare i sentimenti religiosi, ciò che sarebbe contrario allo scopo ricercato. Così lo Stato del periodo di transizione dal capitalismo al comunismo, attuato dalla dittatura del proletariato, dovrà guardarsi da ogni discriminazione religiosa così come da ogni affiliazione o legame materiale con la religione.

Proprio per mostrare quali interessi di classe serve oggigiorno la religione, le organizzazioni rivoluzionarie devono integrare, nella loro propaganda, l'evoluzione del ruolo della religione nella società. Le credenze e le pratiche, che caratterizzavano le grandi religioni alla loro origine, si sono trasformate in una sorte di caricatura, per il fatto che le gerarchie religiose si sono adattate alla società di classi e che queste le ha assorbite. È questo che sentiva profondamente Rosa Luxemburg nel rivolgere un appello agli operai animati da sentimenti religiosi nel quale accusava le chiese: "Oggi siete voi, con le vostre menzogne ed i vostri insegnamenti ad essere dei pagani, invece siamo noi che annunciamo ai poveri ed agli sfruttati la buona novella della fratellanza e dell'uguaglianza. Siamo noi a marciare per conquistare il mondo, come l'aveva fatto prima colui che proclamava che era più facile per un cammello passare attraverso la cruna di un ago che per un uomo ricco entrare nel regno dei cieli" (Rosa Luxemburg, Il socialismo e le chiese, tradotto da noi).

Si vede chiaramente che l'eredità rivoluzionaria del passato, attualmente è ancora molto utile. Gli scritti militanti di Marx ed Engels datano l'epoca della piena ascesa del capitalismo, mentre Lenin è stato un pioniere rivoluzionario della praxis comunista all'alba della decadenza del capitalismo. Oggi la fase finale della decadenza capitalista ha raggiunto il suo parossismo: la decomposizione capitalista. Allora o il proletariato riscoprirà la sua eredità rivoluzionaria, o l'umanità nel suo insieme sarà condannata all'estinzione. Evidentemente, ciò significa che non basta ripetere i testi pertinenti tratti dai classici del marxismo, ma che è imperativo identificare ciò che il periodo attuale ha di nuovo, e gli insegnamenti che da questo nuovo devono trarre nella loro pratica il proletariato e le sue organizzazioni politiche.

La lotta contro la religione nella decadenza e nella fase di decomposizione del capitalismo 

In effetti, la prima questione da chiarire si è posta all'alba della decadenza, verso il 1914, ma all’epoca non fu identificata con chiarezza dai rivoluzionari. Si tratta della parola d'ordine ereditata dalla rivoluzione francese e ripresa dalla 1a e 2a Internazionale: la separazione tra Chiesa e Stato. Questa parola d'ordine, completamente appropriata e necessaria all'epoca in cui fu lanciata, era un'esigenza borghese e democratica del capitalismo nella sua fase ascendente che non è stata mai soddisfatta. Bisogna comprendere che solo il proletariato ed il suo partito possono soddisfarla realmente, considerando i numerosi legami che uniscono le religioni ed il capitalismo. Questa era già una verità universalmente riconosciuta nel diciannovesimo secolo, ed è ancora più evidente in questa epoca di capitalismo di Stato, specifico della decadenza capitalista. Rivendicare la separazione della Chiesa dallo Stato capitalista non significa niente e, di più, rappresenta un'illusione pericolosa verso la quale tendevano Lenin ed i Bolscevichi.

La seconda questione, menzionata nell'introduzione del presente articolo e nel precedente, è la seguente: il capitalismo, da quando è entrato nella sua fase di decomposizione, è più irrazionale e barbaro di quanto non lo sia mai stato prima (vedere: "La decomposizione, fase estrema della decadenza del capitalismo", Rivista Internazionale n°14). La decomposizione è la conseguenza di una situazione nella quale il capitalismo, allorché ha da molto tempo smesso di giocare un ruolo progressista ed utile all'umanità, si trova confrontato a un proletariato che è ancora pesantemente contrassegnato da lunghi decenni di controrivoluzione e che manca di fiducia in sé, sebbene sia l'unica forza capace di rovesciare questo sistema e di sostituirlo con un'altra società. Durante il periodo che va dal 1968 al 1989, la ripresa dell'attività della classe operaia ha indebolito seriamente certi effetti della controrivoluzione capitalista. Ma durante l'ultimo decennio, ed è questo periodo che caratterizziamo come corrispondente alla fase di decomposizione capitalista, la classe operaia ha subito numerosi attacchi contro la coscienza della sua identità di classe, in particolare attraverso le campagne orchestrate dalla borghesia su 'la morte del comunismo' e 'la fine della lotta di classe'. A questi effetti negativi sulla coscienza della classe operaia si sono aggiunti quegli insidiosi e sornioni risultanti dalla decomposizione sociale.

Nella sua ultima fase, perversa ed altamente irrazionale, niente potrà arrestare il capitalismo dal suo tentativo di ostacolare lo sviluppo della fiducia della classe operaia in se stessa, e della sua coscienza politica. Di più, le organizzazioni rivoluzionarie non sono immunizzate contro l'influenza dell'irrazionalità del capitalismo decadente. Già dopo il 1905, come conseguenza della sconfitta dell'assalto rivoluzionario e del trionfo della reazione di Stolypin, una parte dei Bolscevichi fu afferrata da una frenesia religiosa. Più recentemente, un gruppo bordighista che pubblica il giornale Il Partito Comunista, si è anche dedicato al misticismo (vedere: "Marxismo e misticismo",  Revue Internationale n°94, ed il numero di maggio 1997 di Programme Communiste). Parimenti, la CCI è stata costretta, nel mezzo degli anni 90, a condurre una lotta al suo interno contro l'infatuazione di alcuni militanti per l'esoterismo e l'occultismo.

I pericoli accresciuti che la decomposizione del capitalismo rappresenta non devono essere sottovalutati. L'umanità nel suo insieme è, per natura, un animale sociale. La decomposizione è un tipo di acido sociale che erode i legami naturali di solidarietà che gli esseri umani che vivono in società tessono, spargendo al loro posto il sospetto e la paranoia. In altri termini, la decomposizione genera una tendenza spontanea nella società a raggruppamenti tribali e in bande. Tutti i tipi di 'fondamentalismi', le differenti varietà di culti, lo sviluppo di gruppi e di pratiche 'New Age', la recrudescenza di bande di giovani delinquenti, tutto questo rappresenta dei tentativi, destinati all'insuccesso, che mirano a colmare il vuoto della sparita solidarietà sociale, in un mondo sempre più duro ed ostile. Poiché non si basano sulla vitalità latente della sola classe rivoluzionaria della nostra epoca, ma su repliche individualistiche delle relazioni sociali fondate sullo sfruttamento, tutti questi tentativi sono, per loro stessa natura, condannati a produrre solamente più alienazione e sconforto e, in effetti, ad inasprire ancora oltre gli effetti della decomposizione.

Così dunque, la lotta contro un revival religioso, contro tutte le forme di irrazionalismo oggi fiorenti, è oggi ancora più inseparabile dalla necessità per la classe operaia di riannodarsi alla lotta per i suoi reali interessi. Solo questa lotta è in grado di bloccare gli effetti distruttori di un ordine sociale che va disgregandosi. Il proletariato, nella lotta per la difesa dei suoi interessi materiali, non ha altra scelta che creare le premesse di una vera comunità umana. La vera solidarietà che l'anima nella lotta è l'antidoto a questo falso sentimento di solidarietà che procura la cultura delle bande ed il fondamentalismo. Allo stesso modo, la lotta per svegliare la coscienza di classe del proletariato - e all'avanguardia di questa lotta si trovano le minoranze comuniste - è sempre più l'antidoto contro queste mitologie avvilenti e disumane, secretate da una società in putrefazione. E questa lotta indica la strada verso un avvenire dove l'essere umano diventerà infine pienamente cosciente di sé e del suo posto nella natura, e dove avrà lasciato lontano dietro di lui tutti gli dei.

Dawson

Questioni teoriche: 

Rubric: 

Religione e movimento operaio