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Quando il governo greco ha deciso in tempi brevi di indire un referendum, era chiaro che le differenze tra la coalizione guidata da Syriza e la troika costituita da BCE, CE e FMI erano minime.
Quando si è arrivati alla campagna referendaria le differenze tra No e Sì, nonostante tutto il linguaggio melodrammatico, erano pertanto altrettanto limitate. Il ministro delle Finanze greco Varoufakis ha accusato la Troika di cercare di “umiliare” la Grecia. “Perché ci hanno forzato a chiudere le banche? Per spaventare la gente. E quando si tratta di diffondere il terrore, questo si chiama terrorismo.” (El Mundo 4/7/15). Syriza sostiene che lo scopo del referendum era di migliorare la posizione negoziale dello stato greco. Nel frattempo, i sostenitori del Sì hanno messo in guardia rispetto alle conseguenze disastrose di un'uscita dalla eurozona e alla possibilità di lasciare l'Unione europea.
Entrambe le parti hanno mobilitato la popolazione come tanti individui atomizzati che seguono ciecamente le campagne della borghesia. Un professore greco citato dal New York Times (3/7/15) ha detto: “Non c'è alcuna discussione sui problemi reali ... Stanno esasperando i sentimenti di paura e di angoscia e stanno creando un'atmosfera che rende impossibile per chiunque pensare con chiarezza”. Pensare con chiarezza è qualcosa che la borghesia scoraggia sempre. Quello di cui ha bisogno sono invece milioni di persone intruppate in seggi elettorali per esprimere la loro passività di fronte agli attacchi economici della borghesia.
Negoziare l’austerità
Quando la coalizione guidata da Syriza ha assunto la guida del governo dopo le elezioni di gennaio, ha affermato che avrebbe chiuso con l’austerità. Molti credevano ingenuamente che questo fosse possibile. I negoziati con la Troika sono stati intrapresi in un’atmosfera di accuse e controaccuse. Tuttavia, poiché si avvicinava la scadenza del 30 giugno che segnava il default della Grecia se non ci fosse stato alcun accordo che producesse nuovi fondi, sembrava che un accordo fosse imminente. Ma il governo greco interruppe i colloqui pochi giorni prima della scadenza. Ed anche dopo tale scadenza Syriza ha continuato a fare concessioni sulle misure proposte dalla Troika.
Alla fine i punti critici erano questioni di dettaglio. Il governo greco aveva accettato la maggior parte delle modifiche proposte per l'IVA, con l'eccezione del trattamento speciale delle isole greche. Aveva accettato ugualmente gran parte degli attacchi alle pensioni, anche se non tutti. Sui tagli alla difesa non c’è stata inizialmente alcuna concessione fatta da Syriza. Dopotutto la difesa nazionale è una delle preoccupazioni centrali di ogni Stato capitalista, che sia guidato da un partito di sinistra, di destra o di centro. Alla fine ciò che è stato offerto dallo Stato greco era prossimo a quanto era stato richiesto dalla Troika.
Per quanto riguarda l'austerità provata in Grecia negli ultimi cinque anni, la prospettiva è solo verso un peggioramento. Gli Stati Uniti e il FMI potrebbero parlare di più di ristrutturazione del debito, la CE/BCE di più delle particolari misure da introdurre, e Syriza di più sulle sofferenze del popolo greco. Nessuno può offrire alcun miglioramento alle condizioni di vita di quelli che vivono oggi in Grecia. Entrambe le campagne per il SI e per il NO, oltre a descrivere gli orrori impossibili nel sostegno dell’altro campo, insistevano sul fatto che seguendo loro sarebbe stato restituito l’orgoglio greco. Entrambe le parti avevano posto le cose in termini di nazione greca, di popolo greco e di economia greca. I nazionalisti ci dicono che i lavoratori greci dovrebbero essere orgogliosi del fatto che i greci hanno le giornate lavorative più lunghe d'Europa, nonostante il fatto che questo dimostri anche che sono tra i meno produttivi. La qualità dell'agricoltura greca è spesso esaltata, tuttavia il 70% del cibo consumato in Grecia viene importato. In ultima analisi il capitalismo greco si è dimostrato non competitivo e ha perso colpi rispetto ad economie più grandi e più forti. I problemi dell'economia greca non sono dovuti a particolari problemi di corruzione della Grecia o all’evasione delle tasse (per quanto siano diffusi), ma sono un’espressione della crisi internazionale del capitalismo decadente.
In realtà in Grecia non vi è alcuna prospettiva di una riduzione della disoccupazione, molte tasse aumentano, i salari e le pensioni saranno ulteriormente ridotti, l’età pensionabile salirà a 67 anni, e altri servizi pubblici diminuiranno per la mancanza di redditività. In pratica, con tutto il suo parlare di opposizione all’austerità, Syriza ha dimostrato di essere in continuità con i governi di Nuova Democrazia e del Pasok che lo hanno preceduto.
Fomentare le divisioni all’interno della classe operaia
Se la popolazione in Grecia ha sofferto i rigori di una austerità sostenuta, essa non è stata la sola. Via via che la crisi economica del capitalismo peggiora, questa spinge la classe capitalista a farne pagare il conto alla classe operaia, e ad altri strati non-sfruttatori della popolazione, attraverso ... salari ridotti, la perdita di posti di lavoro, prezzi più elevati, servizi tagliati e, infine, la stessa guerra imperialista. La retorica anti-austerità dei partiti, come quella di Syriza, viene smascherata come una fanfaronata, non appena fanno parte del governo. Ma la classe operaia non soffre solo di privazioni e pauperizzazione, essa subisce anche l'ideologia del capitalismo e del suo apparato democratico. In Grecia, in passato ci sono stati molti scioperi generali “contro l'austerità”, ma questi sono stati in grande misura avviati, controllati e divisi dalle federazioni sindacali rivali. Lungi dallo sviluppare un qualunque senso di identità di classe o la possibilità di un’azione autonoma, i sindacati hanno spinto i lavoratori a fare affidamento su fazioni parlamentari e a sostenere i partiti di sinistra. Questo è stato il caso, per il passato, dei socialdemocratici del Pasok e degli stalinisti greci del KKE, più di recente, di Syriza.
La feroce polarizzazione della politica borghese greca continua ad avere un’eco nella classe operaia. Colpi di stato e contro-colpi di stato nel 1920 e negli anni '30, la dittatura di Metaxas, la guerra civile negli anni ‘40, il regime dei colonnelli (1967-1974), l'emergere del Pasok e di Nuova Democrazia - tutte queste espressioni di divisione del passato all’interno della classe dirigente hanno trovato i lavoratori raccolti dietro le diverse frazioni della borghesia piuttosto che contro di essa. Sebbene la domanda posta nel referendum fosse di una complessità bizantina, la risposta era ridotta a una scelta tra ΝΑΙ o ΟΧΙ (Si o No). ΟΧΙ non è un termine neutro nella moderna cultura greca. Ogni 28 ottobre in Grecia si celebra il giorno dell’ΟΧΙ, una festa nazionale che ricorda il rifiuto di Metaxas di fronte all’ultimatum posto dalle potenze dell'Asse e l’entrata della Grecia nella Seconda Guerra Mondiale.
In Grecia oggi i partiti politici della borghesia fanno a gara per mostrare le loro credenziali nazionaliste. Nessuno di loro può offrire altro se non ulteriore austerità e guerra. Sarà un grande passo in avanti per la classe operaia quando si renderà conto che i suoi interessi sono diametralmente opposti a quelli della borghesia. In passato ci sono state minoranze politiche in Grecia che hanno difeso la prospettiva della rivoluzione della classe operaia. Negli anni 1940 il gruppo intorno ad Agis Stinas ha difeso una posizione internazionalista contro la Seconda Guerra Mondiale. Più di recente ci sono state delle voci internazionaliste durante i movimenti sociali del 2009-2011. La via da seguire per la classe operaia in Grecia, anche se non è una prospettiva immediata, è di collegare la propria lotta con quella della classe operaia mondiale e di sviluppare una vera e propria prospettiva internazionalista e rivoluzionaria.
Car 4/7/15
Tradotto da World Revolution No. 370.