In Siria, le grandi potenze gesticolano, i massacri continuano

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E’ da più di un anno e mezzo che i politici occidentali di ogni sponda ed i media si interessano con compassione della sorte della popolazione siriana. Tutti dicono che Bachar el-Assad è responsabile di “crimini contro l’umanità”. E in effetti, le carneficine perpetrate dal regime siriano si accumulano con una spaventosa regolarità e sono aumentate durante quest’estate nonostante gli appelli dell’ONU a cessare i combattimenti. Imperterrito il dittatore di Damasco persegue con determinazione l’operazione di “rimessa in riga” e distruzione della “ribellione” siriana, dichiarando che “ciò (la guerra attuale) necessita ancora di tempo” e che in fondo l’ondata di esilio è “un’operazione di auto-pulizia dello Stato innanzitutto, e in generale della nazione”.

 

Secondo l’Osservatorio siriano dei Diritti dell’Uomo, dal 15 marzo 2011 si contano 23.000 morti. E quanti dei 200.000 feriti resteranno storpi a vita, o non sopravvivranno alle ferite? Bisogna dire che Assad lascia loro poche probabilità, visto che bombarda proprio gli ospedali e poi ci manda le sue truppe per finire l’opera e terrorizzare. Al-Qoubir, Damasco, Rifha, Alep, Deraâ, ultimamente Daraya, ecc., tutte queste città-martirio sono il simbolo della brutalità estrema che dilaga in tutto il paese.

A ciò si aggiunge una situazione in cui i viveri, il latte per i bambini, i medicinali (non parliamo poi delle cure) e l’acqua mancano nella maggior parte delle città ed in intere regioni. Le case sono distrutte ed un si avverte già una grave mancanza di alloggi. I tagli di elettricità durano spesso dai 4 a 5 giorni per ritornare per appena un’ora come ad Alep.

Fuggendo dai combattimenti e dalle repressioni dell’esercito di Assad ma anche dell’Esercito siriano di Liberazione, additato sempre più come responsabile di certi massacri, circa 300.000 persone hanno preso la strada dell’esilio. Al Sud della Siria, verso il Libano e la Giordania, al Nord verso la Turchia, e anche in Iraq, masse di profughi si accalcano nei campi di miseria, nell'attesa disperata di ritornare un giorno a casa loro... dove tutto è distrutto.

Secondo l’ONU, in totale sarebbero più di 2,5 milioni di persone, donne, bambini, vecchi a trovarsi in “situazione di pericolo”.

Evidentemente, queste allarmanti cifre sono un pretesto per versare fiumi di lacrime di coccodrillo per i sensibili dirigenti del pianeta. Per esempio, ministro degli esteri francese, Fabius, ha detto che si tratta di una “situazione inammissibile ed inaccettabile”. Una rivolta legittima davanti a tanti orrori? Niente affatto!

Il 27 agosto scorso, François Hollande dichiara: “Lo dico con la dovuta solennità: restiamo molto vigili con i nostri alleati per prevenire l’impiego di armi chimiche da parte del regime (siriano) che per la comunità internazionale sarebbe una causa legittima di intervento diretto”. Questo intervento ricalcava quello di Barack Obama che poco prima aveva affermato che questa questione dell’utilizzazione delle armi chimiche avrebbe costituito una “linea rossa” ed una ragione per mandare delle truppe contro lo Stato siriano. In altre parole, finché le carneficine vengono perpetrate con le armi “tradizionali”, e cioè “lealmente”(!), allora va bene. Ma attenzione alla “linea rossa!”

L’ipocrisia putrida della borghesia si svela ancora una volta in questa situazione drammatica. Da parecchi mesi tutti minacciano di intervenire ma non sono in grado di fare nulla e anche se lo facessero non sarebbe per sostenere la popolazione ma per aprire la porta ad una nuova babele di cui i siriani farebbero inevitabilmente le spese e ciò costituirebbe solo una scalata nell’orrore.

In realtà, questa pretesa guerra di “liberazione” o di “lotta per la democrazia” è semplicemente una guerra imperialista nella quale sono impegnate tutte le potenze regionali e soprattutto quelle più grosse, Stati Uniti, Russia, Cina, Francia e Gran Bretagna. L’implicazione e la responsabilità di tutti questi gangster non si manifestano solamente attraverso le loro gesticolazioni all’ONU o altrove, ma anche per l’armamento e per i soldi che già elargiscono ai due campi siriani[1].

La richiesta della creazione di una zona-tampone in Siria alla frontiera con la Turchia, per offrire un sedicente riparo alle decine di migliaia di profughi che affluiscono, è una grande balla. Questa non sarebbe transitabile data l’opposizione di Assad e richiederebbe una guerra aperta con Damasco, proprio perché rappresenterebbe una retrovia di quasi tutti i pescecani in campo, sotto la bandiera della “difesa della pace” con, in fin dei conti, altrettanti rischi per i profughi. Ricordiamoci, infatti, con quale attenzione l’ONU nel 1995 lasciò che le truppe di Milosevic massacrassero migliaia di persone a Srebrenica in Bosnia.

Se l’ONU interviene bisognerà ricordarsi della sollecitudine con cui gli afghani sono stati trattati dal 2001, poi gli iracheni, in nome della lotta “contro il terrorismo” o “per la democrazia”, e quello che ne è rimasto: campi di rovine e milioni di persone offerte in pasto alle bande armate di questa o quella cricca con la prospettiva della miseria e la sottomissione al volere dei più signori della guerra, uno peggio dell’altro.

Bisogna ancora ricordare l’ipocrisia e la violenza proprie dei protettorati francesi e britannici in questa regione del Medio Oriente all’epoca del crollo dell’impero ottomano, all'epoca della Prima Guerra mondiale, e dell’accordo Sykes-Picot del 1916 che fu un vero e proprio smembramento della Siria e dell’Iraq, sulla base di promesse di liberazione agli arabi, e le carneficine ricorrenti. La borghesia è sempre piena di buone intenzioni per nascondere i suoi veri obiettivi e non può che rilanciare menzogne per realizzarli.

Di una cosa siamo certi, ciò che accade oggi è l’espressione non solo della follia di Assad ma anche di questo mondo decadente. Ed è senza alcun dubbio, qualunque sia l’evoluzione di questo dramma, il preludio ad un ulteriore aggravamento della situazione di tutto il Medio Oriente. Le conseguenze saranno disastrose, come già si vede con l’attuale estensione del conflitto in Libano.

Wilma, 31 agosto.



[1] Bisogna sottolineare la sfrontatezza della Russia che pretende di consegnare ad Assad degli elicotteri da combattimento che erano in “riparazione”, quella degli Stati Uniti che pretendono di fornire solamente “dei mezzi di comunicazione”, benché notoriamente procurino armi anticarro attraverso l’Arabia Saudita, il Qatar ed il Kuwait. La Francia contribuisce vendendo telecamere termiche alla Russia per i suoi carri.

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