I perché della crisi di governo

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Caduto un governo, se ne fa un altro, si diceva una volta, per sottolineare il fatto che la storia continua più o meno uguale a se stessa. Ma possiamo veramente tirare questa filosofia dagli avvenimenti dell’ultima legislatura e soprattutto dagli ultimi mesi del governo Prodi? Onestamente no! Proviamo a ripercorrerli velocemente. Tutti ci ricordiamo che il governo Berlusconi, che è rimasto in carica fino al 2006, ha ceduto il passo al governo Prodi lasciando un campo minato, quello della legge elettorale che, come tutti adesso ammettono, è una porcata in quanto non permette di fatto a nessun governo di governare tranquillamente perché mentre concede un premio di maggioranza alla Camera, non fa altrettanto al senato, creando una fragilità cronica nell’esecutivo.

Questa legge, che era stata cucita addosso proprio ad un nuovo probabile governo Prodi, ha dato vita ad un esecutivo che doveva accendere i lumi a S. Antonio per ogni giorno in più che rimaneva in carica e che ha finito di governare, travolto dal flagello Mastella, a meno di 2 anni dalle elezioni politiche del 2006. Ma stavolta non si tratta di una semplice alternanza destra-sinistra, del solito gioco democratico tra le diverse rappresentanze politiche della borghesia. Si tratta invece dell’emergere di segni vistosi di un empasse in cui tutta la borghesia sembra essere entrata e da cui fa sempre più fatica ad uscire.

In realtà già nello scorso articolo sulla costituzione del Partito Democratico avevamo segnalato il tentativo dei settori più attenti e lucidi della borghesia italiana (che corrispondono in linea di massima a settori del centro-sinistra moderato) di contrapporsi alla deriva attuale, alla frammentazione e al caos in cui sembrano incamminarsi sempre più i vari uomini politici del momento, attraverso la costituzione di un partito che fosse capace di aggregare alcune delle forze di centro sinistra. Ma nello stesso articolo avevamo segnalato anche i limiti di questa operazione: “Il PD non è riuscito, come era nelle intenzioni, a coagulare l’intero schieramento di centro-sinistra ed in particolare non è riuscito a prosciugare quell’area frastagliata e frammentata che esiste. (…) Ma c’è di più perché le stesse componenti che hanno aderito lo hanno fatto in maniera conflittuale”. (Rivoluzione Internazionale n.153).

Oggi che la frittata è fatta e che tutta l’opera di attenta ingegneria politica messa su dalla parte più responsabile della borghesia è stata smontata, Berlusconi si ritrova con l’insperato regalo di avere una mano a proprio vantaggio non per essere riuscito a mettere in minoranza il governo ma perché la maggioranza è riuscita da sola a mettersi in minoranza!!! Infatti, cos’è che ha fatto cadere il governo Prodi? La sua inefficienza? La sua incapacità di dare risposta ai problemi del paese? Vediamo. Certamente la gente comune, i proletari, dopo questa ennesima esperienza faranno sempre più fatica a distinguere un governo Prodi da un governo Berlusconi. Sul piano sociale l’uno forse più che l’altro si è distinto in attacchi indiscriminati contro la classe operaia. Ma sul piano di quelle che sono le esigenze reali del paese, inteso come paese capitalista, il governo Prodi ha largamente superato tutte le prove di esame, e particolarmente quelle sul piano economico, attraverso un sostanzioso risanamento economico operato grazie agli attacchi contro i lavoratori. D’altra parte, nonostante le difficoltà di coerenza della compagine governativa, la destra aveva mostrato ben altre incoerenze già segnalate nello scorso articolo, particolarmente attraverso lo scioglimento della Casa delle libertà, lo scioglimento di Forza Italia e la creazione, dalla sera alla mattina, di un nuovo partito, il Popolo delle libertà. Ma tutto questo non è bastato. Di fronte ad una situazione economica internazionale particolarmente difficile (vedi i recenti e ripetuti crolli in borsa nelle ultime settimane e il summit dei 7 grandi del mondo che si è appena concluso con un comunicato quanto mai gelido e preoccupante sul futuro economico della società), a fronte di una necessità imprescindibile di fare una nuova legge elettorale per permettere a chiunque vinca in futuro di poter governare in maniera stabile, il governo Prodi è caduto non per un’imboscata dell’opposizione ma per delle vicende giudiziarie della famiglia Mastella che, controllando un minuscolo partito, con un seguito elettorale dell’1,5%, è riuscito a travolgere il governo e la legislazione ridando fiato, nella mischia, alle componenti retrive e parassite del centro-destra.

Dunque si va alle elezioni politiche 2008 con la stessa legge elettorale che ha causato la fragilità del governo Prodi e con il rischio di avere tra i principali partiti votati quello delle astensioni. La borghesia lo sa e teme molto questo esito. E’ per questo che prima di sciogliere il Parlamento il presidente Napoletano ha fatto di tutto per creare un governo Marini che riuscisse a dettare almeno delle regole elettorali nuove. E’ ugualmente per questo che non solo il partito democratico, ma un po’ alla volta tutte le varie componenti politiche stanno cercando di dare una risposta concreta al problema della dispersione delle forze politiche presenti nello scenario del paese, anche se questo non si fa sempre per serietà politica ma talvolta perché si capisce che da soli si perde più facilmente. Così, accanto al Partito Democratico, abbiamo assistito alla formazione del nuovo soggetto politico denominato La Sinistra Arcobaleno, fusione politica e elettorale di Rifondazione Comunista, Verdi, PdCI e Sinistra Democratica ed l’Italia dei Valori entrare nel PD. Ma anche sull’altro fronte c’è stata una semplificazione importante con il Partito delle Libertà che ingloba la vecchia Forza Italia, AN e la Lega Nord, anche se qui sembra aver funzionato, nell’accorpamento del cartello elettorale, molto più opportunismo politico di quanto non ce ne sia stato a sinistra.

Un ultimo elemento da segnalare, apparentemente in contraddizione con quanto detto sopra, è il fatto che Veltroni abbia deciso di “correre da solo” alle prossime elezioni politiche senza creare cartelli di alleanze né con la sinistra né con altre formazioni del centro. Nonostante le iniziali critiche, anche abbastanza dure, da parte della sinistra che lo ha accusato di consegnare la prossima legislatura nelle mani di Berlusconi nella misura in cui in questo modo quasi sicuramente si viene a perdere il premio di maggioranza, la scelta di Veltroni ancora una volta esprime che il PD rappresenta oggi la forza più responsabile della borghesia. Di fatto è vero che correre da soli alle elezioni comporta perdere il premio di maggioranza, ma la scelta del PD è una scelta strategica e non tattica, cioè per il lungo periodo e non per domani mattina. Di fatto Veltroni sa che il centro-sinistra ha sulle spalle l’eredità del governo Prodi che, nonostante tutto, è stato uno dei governi meno stimati degli ultimi tempi, sia per gli attacchi fatti alla popolazione da un governo “amico”, sia per l’assoluta goffaggine e disunione della maggioranza governativa. Per cui, di fronte ad una legislatura che rischia di essere vinta senza molte difficoltà da Berlusconi e alla prospettiva di un nuovo governo (di destra o di sinistra che sia) che rischia esso stesso di sorgere con la stessa precarietà di quello precedente (in quanto nasce con la stessa legge elettorale), la scelta di Veltroni è quella di puntare soprattutto a caratterizzare l’identità del partito in modo da riuscire a collocarsi in futuro come un’alternativa credibile di gestione della società. Che questa sia stata una scelta seria e importante per la vita politica della borghesia lo si vede sia dai commenti positivi della stampa che dai forti apprezzamenti che vengono dalla stessa destra tentata a sua volta a emulare il comportamento di Veltroni.

Quali sono le conclusioni che possiamo trarre da questo insieme di elementi? Che la borghesia tende a perdere di coerenza, di lucidità. In genere la politica della borghesia è sempre più discreditata; destra e sinistra diventano sempre più sovrapponibili nella sostanza a parte slogan retorici lanciati dagli uni o dagli altri. In realtà i partiti non hanno più grandi carte da giocare ed anche una carta intelligente come quella del Partito Democratico finisce per essere bruciata rapidamente.

Questa situazione di difficoltà della borghesia viene fortemente percepita dalla gente, la credibilità nei confronti della cosiddetta “classe politica” è particolarmente bassa in questo periodo. Ma la sfiducia nella classe dominante in sé non basta, non è un elemento di costruzione di una prospettiva. Occorre ancora che i lavoratori, i proletari passino dal sentimento di sfiducia nella borghesia a quello di fiducia in se stessi, di fiducia in una prospettiva che essi stessi possono costruire. E’ a partire da ciò che sarà possibile costruire una prospettiva nuova per tutta l’umanità.

Ezechiele, 13 febbraio 2008

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