Red Link: come sabotare l’internazionalismo proletario

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Abbiamo già ricordato come la nostra apertura sia determinata dalla convinzione dell’esistenza di una nuova generazione di proletari alla ricerca di una chiarificazione politica. Ma se noi siamo del tutto aperti alla discussione, non per questo facciamo concessioni sulle nostre posizioni politiche che difendiamo con determinazione. E lo percepiscono bene proprio quelle forze come Red Link che, per spingere sulle proprie posizioni borghesi la discussione del convegno, ci hanno continuamente “marcato ad uomo”, continuando la loro opera di maldicenze sul blog “no-war” che, come detto, ha mantenuto la discussione tra alcuni dei partecipanti al convegno. Da un messaggio mail di un militante di questo gruppo leggiamo quanto segue in risposta al su citato articolo di Programma: “Dobbiamo spezzare una lancia a favore della Corrente Comunista Internazionale. L’articolista di “Programma” sospetta che anche essa si sia arruolata alla lotta armata resistenziale. E’ vero invece che essa ha fatto un intervento altrettanto pacifista e bertinottiano, del tutto simile a quello di “Programma”. E’ arrivata a dire che sparare contro i soldati (cioè i mercenari pagati profumatamente) di Nassirya significa sparare contro i fratelli di classe. Doveva forse anche aggiungere che un giorno gli operai italiani che dovessero sparare contro la nostrana polizia sparerebbero contro altri fratelli di classe, per non essere sospettata di “nazionalismo”?

La prima cosa che ci viene da chiederci è perché mai, in una corrispondenza mail in cui si discute dell’articolo di Programma, a Red Link salti in testa di attaccare la CCI? Evidentemente perché per Red Link la discussione sull’articolo di Programma è solo l’espediente per procedere ad un attacco più generalizzato contro la Sinistra Comunista, per discreditarla il più possibile presentandola come una setta capace solo di pontificare standosene al sicuro a casa propria, e contrapponendo una cosiddetta “azione concreta” come l’unica valida azione rivoluzionaria.

In secondo luogo Red Link si sbaglia di indirizzo: la CCI non è una setta e non ha nulla da nascondere a proposito delle proprie posizioni o della propria attività. Veniamo dunque ai fatti. Quale sarebbe il nostro pacifismo, il rifiuto di riconoscerci nella parola d’ordine di “10, 100, 1000 Nassirya”? E’ vero, non lo condividiamo affatto. Ma qual è la questione? Dovremmo noi aizzare i proletari a combattere anche militarmente quelli che tra di loro fanno delle scelte suicide, come quella di andare a “servire la patria”, piuttosto che cercare di comprendere i motivi che sono alla base di certe scelte? E’ ovvio che l’azione dei rivoluzionari mira ad una trasformazione rivoluzionaria della società, trasformazione necessariamente violenta, portata avanti da un proletariato armato contro l’esercito borghese. Ma il raggiungimento delle condizioni adeguate a produrre un processo rivoluzionario di questo tipo richiede tutta una fase di maturazione da parte del proletariato in cui, poco per volta, i primi nuclei coscienti conquistano alla causa rivoluzionaria strati sempre più estesi della classe. L’azione del partito (e delle formazioni che, oggi come oggi, agendo sul piano di classe, operano in vista della costruzione del partito) è proprio quella di favorire, lavorando all’interno delle situazioni di lotta e tra le formazioni emergenti, il più possibile la comprensione della realtà in cui si vive e della prospettiva che ci sta davanti. I rivoluzionari non sono dei pacifisti, ma non sono neanche degli assetati di sangue. La rivoluzione di ottobre, di cui ricorre adesso il 90° anniversario, è stato uno degli eventi che ha inciso più profondamente nella storia dell’umanità pur avendo comportato una perdita di vite veramente irrisorio.

Ma torniamo a Red Link. Questo gruppo, come l’OCI da cui deriva e da cui si è amichevolmente separato, ci accusa di pacifismo perché sono loro che si sono fatti i sostenitori delle varie borghesie mediorientali, da quella di Saddam a quella di Bin Laden. Red Link accusa la CCI di pacifismo per spingere i proletari ad attribuire la responsabilità dei vari morti operai sotto le macerie o sotto le bombe del terrorismo islamico agli stessi operai perché non avrebbero reagito a tempo contro le ingiustizie della società. Non si tratta dunque solo dei soldati di Nassirya: gli stessi proletari morti sotto le Torri Gemelle a New York sarebbero morti giustamente perché corresponsabili con la borghesia mondiale per non aver sostenuto il proletariato arabo. Che limpida posizione di classe. Ma di classe borghese contro la classe operaia, naturalmente1.

Come si vede tra le posizioni di Red Link ed altre posizioni presenti al Convegno quali la nostra esiste un baratro, una frontiera di classe. Non è un caso che i difensori delle posizioni borghesi si identificassero quasi sempre tra quelli che sollecitavano il momento dell’azione, che fremevano per l’eccessivo indugiare sulla discussione. Posizioni come quelle di Red Link hanno bisogno, per affermarsi, di poggiare solo sull’emotività e poco sulla riflessione. Ma la prospettiva rivoluzionaria è un mix di cuore e di cervello e solo se si coniugano l’uno e l’altro assieme si riesce ad andare lontano. Noi non siamo pantofolai e lo dimostriamo tutti i giorni con la nostra presenza ai quattro angoli del mondo. Ma siamo consapevoli che l’azione non sorretta da una profonda riflessione può portare solo verso cocenti delusioni. E i gruppi alla Red Link sono sempre pronti ad aiutarci in questo senso.

Ezechiele, 30 settembre 2007

1. Vedi “Il disprezzo dell’OCI per la classe operaia”, pubblicato su Rivoluzione Internazionale n° 12

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