Difendere il governo di “sinistra”? No! Lottare per difendere i nostri interessi di classe

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La crisi di governo che si è prodotta il 22 febbraio scorso ha fatto un grande rumore e ha scosso molto gli animi della politica italiana, con significative risonanze anche a livello internazionale. Ma cosa è veramente successo e perché è successo. Ed ancora, a chi torna utile questa crisi?

Prima di rispondere a questi quesiti, torniamo un attimo a caratterizzare la situazione che si era creata con l’elezione di questo parlamento e la nomina del governo Prodi. Nel n° 146 del nostro giornale ricordavamo allora come esistesse una difficoltà da parte della borghesia a “orientare il voto delle politiche del 2006 in maniera netta verso una maggioranza di centro-sinistra (…) Ciò si è tradotto in un tragico risultato di quasi parità tra centro-destra e centro-sinistra, che ha consentito, solo grazie al premio di maggioranza alla camera e il “responsabile” voto dei senatori a vita, di formare un governo con un minimo di margini di manovra. Ma questa situazione, come tutti gli osservatori di politica nazionale e internazionale hanno fatto subito notare, taglia le gambe al governo Prodi e lo rende molto più debole nei confronti di centomila ricatti da parte della disunita e variegata compagine partitica di centro sinistra di cui ogni singola componente risulta ugualmente indispensabile alla maggioranza” (1). Rispetto alla politica estera abbiamo poi ricordato come “lo schieramento imperialista dell’Italia per i prossimi anni sarà, rispetto al governo Berlusconi, meno accentuato e appariscente, ma non per questo meno imperialista e guerrafondaio. Basti solo tenere presente che al ministero degli esteri del nuovo esecutivo si trova un D’Alema che ha fatto, come capo di uno scorso governo, direttamente la guerra alla Serbia mandando i propri soldati a bombardare la povera gente di Belgrado” (1). Ed infine aggiungevamo che: “Tutto questo ha un solo grande difetto: nella misura in cui la borghesia ha dovuto impegnare anche Rifondazione Comunista – classico partito di opposizione – all’interno della maggioranza e del governo, significa che nel momento in cui il governo comincerà ad attaccare, non ci sarà uno straccio di forza di sinistra che possa fingere di fare l’opposizione parlamentare e cercare di convogliare lo scontento dei lavoratori su dei falsi obiettivi. Questa è una debolezza molto importante che potrà mettere in difficoltà la borghesia, cosa di cui questa sembra essere cosciente, tanto che ha anche cercato di porvi rimedio” (1).

Date queste premesse, qualunque congettura si possa fare sulla caduta del governo Prodi, che si tratti del colpo gobbo (pardon!) di Andreotti, indispettito - in quanto uomo del Vaticano - per i DICO; che si tratti di Pininfarina indispettito per una politica estera troppo distante dagli USA, che si tratti di una crisi voluta dalle componenti “responsabili” in seno al governo per ricattare la “sinistra radicale” e invogliare la venuta di elementi moderati, quello che è sicuro è che i numeri sono così risicati che anche se avessero votato i due contestatori Turigliatto e Rossi, il risultato della votazione non avrebbe sortito un risultato diverso e il governo sarebbe stato comunque bocciato. Per cui, a monte di qualunque analisi politica sugli orientamenti di questo o di quello, occorre prendere atto che quello che è successo è legato alla fragilità della situazione e poteva succedere in qualunque momento. Ma questa banale realtà è stata completamente sommersa da una campagna di denigrazione contro i due “mostri contestatori” che ha provocato una valanga di mail sul sito di Rifondazione contro i “traditori” e finanche dei messaggi minatori contro la famiglia, per telefono, mail, ecc., che sono culminate con l’aggressione fisica contro lo stesso Rossi in treno attraverso un solenne cazzotto da parte del segretario regionale del PdCI della Toscana Frosini. C’era da pensare che a questo punto un minimo di solidarietà Diliberto gliel’avrebbe potuta dare all’ex senatore fuoriuscito. E invece no: “L’esasperazione alimentata dal comportamento di Rossi e dal tradimento del mandato elettorale se non giustifica aiuta a comprendere l'arrabbiatura dei nostri compagni” Corrieredellasera.it del 23/02/2007. Insomma, dice Diliberto, Rossi si tenga il cazzotto (e le minacce alla famiglia?!) perché se lo merita!!

C’è da chiedersi a questo punto perché tanta drammatizzazione per delle dissidenze annunciate da giorni (Rossi addirittura non faceva più parte del PdCI da tempo). La risposta è che, a cose fatte, si cerca di trarre il massimo profitto possibile e, nel caso specifico, trarre il massimo profitto per le forze parlamentari di centro-sinistra significa colpevolizzare qualcuno per le sue posizioni di “estrema sinistra” e mostrare come proprio un atteggiamento troppo disinvolto a sinistra possa condurre a perdere tutto quanto faticosamente costruito finora con l’alleanza di centro-sinistra e il governo Prodi. Questo segnale di messa in guardia non è neanche tanto e soltanto indirizzato ai due capri espiatori del momento, Rossi e Turigliatto, quanto all’insieme della “popolazione di sinistra”, ai lavoratori, ai compagni, suggerendo in vario modo questa sequenza logica: la manifestazione di Vicenza ha prodotto il voto contrario al senato, questo ha prodotto la caduta del governo Prodi e la caduta del governo Prodi ha messo a rischio tutto quello che “faticosamente si stava facendo”. Il messaggio è dunque chiaro: di fronte allo spettro del ritorno di Berlusconi, teniamoci caro il governo Prodi, nonostante il fatto che abbia fatto una finanziaria bella tosta, che in seguito al decreto Bersani e le riduzioni di spesa da questo imposte migliaia di lavoratori di ditte in appalto abbiano perso il loro posto di lavoro o abbiano visto ridursi il già precario orario di lavoro, che la politica estera, nonostante il ritiro dall’Iraq, continui a somigliare paurosamente a quella precedente, con una presenza di guerra in Afghanistan, in Libano, ecc. ecc.

Non è un caso che, in seguito a questa crisi, Prodi abbia sfoderato i famosi 12 punti che, se da una parte confermano del tutto la politica imperialista del governo Prodi (con la scusa di impegni presi già in precedenza da precedenti governi italiani o con l’idea che l’Italia non può esimersi da compiti che le provengono dall’essere parte dell’Europa o dell’ONU), e specificamente la presenza in Afghanistan, dall’altra non citano più i cosiddetti PACS o DICO che, se erano stati dati in pasto alla cosiddetta sinistra radicale per addomesticarla rispetto a scelte più ardite di politica internazionale, adesso che questa risulta bastonata dalla canea mediatica, si può offrire l’osso succulento del loro oscuramento a personaggi di centro come Follini e altri per attirare qualche voto supplementare al Senato.

Noi non sappiamo quale sarà l’evoluzione di questo governo Prodi e delle sue eventuali espansioni verso il centro. Quello che possiamo dire di sicuro, anche sulla base di quanto viene documentato all’interno del giornale sul piano economico e sul piano della politica imperialista dell’Italia, è che i proletari non hanno veramente nulla da aspettarsi da un “governo amico”, come quello Prodi. La borghesia, oggi come oggi, non ha due alternative da proporci, una di sfruttamento e di oppressione e una di solidarietà e di democrazia, ma un’unica politica di sottomissione ideologica ed economica. I proletari devono rompere le catene di questa oppressione e liberarsi di tutti gli sfruttatori e soprattutto di tutti i falsi amici.

Ezechiele, 27 febbraio 2007

1. “Dopo Berlusconi, che ci riserva il governo Prodi?”, in Rivoluzione Internazionale n. 146.

 

 

 

 

 

 

 

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