Solidarietà con gli autoferrotranvieri

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Quanta indignazione, martedì due dicembre, per lo sciopero degli autoferrotranvieri di Milano. Da destra a sinistra, tutti i politici li hanno condannati, giudicati degli irresponsabili; i sindacati si sono dissociati; i magistrati hanno annunciato inchieste; qualche ministro ha proposto una nuova legge antisciopero.... L’avranno proprio fatta grossa questi, viene da dirsi. Poi si leggono i giornali e si vede che semplicemente gli autoferrotranvieri di Milano hanno scioperato per l’intera giornata, cioè per tre turni, invece che per l’unico turno previsto dai sindacati. Addirittura!!

Per questo sono stati chiamati sovversivi, nemici dei lavoratori che non sono potuti andare al lavoro, minacciati di licenziamenti, di denunce, ecc. Verrebbe da pensare che sono esagerazioni, che tutti questi benpensanti si sono fatti prendere dalla rabbia. No. Questi sanno bene quello che fanno e quello che dicono. Questi sanno bene che i lavoratori che lunedì si sono scocciati del solito sciopero simbolico sindacale ed hanno voluto dare un segno visibile del loro malcontento, sono lavoratori che sono stati costretti a questo dopo sette scioperi inutili, e questo per una richiesta di aumento salariale assolutamente irrisoria, 106 euro al mese, che recupera solo in parte la perdita di potere di acquisto dovuta a una inflazione reale che è ben al di sopra di quella ufficiale (su cui ancora ipocritamente i sindacati vanno a fare i calcoli per la richiesta di aumenti salariali).

Sanno benissimo che questi lavoratori fanno turni massacranti, per uno stipendio che va dagli 850 euro al mese (!!!), per i neoassunti con contratto di formazione lavoro, ai 1300 di quelli che hanno un decennio di anzianità, in una città in cui gli affitti superano i 500 euro al mese, e il pane costa circa 3 euro al chilo. Pur sapendo tutto questo, fanno finta di essere indignati per un momento di lotta che è più che ampiamente giustificato, al punto che l’indignazione dovrebbe essere diretta verso tutti quelli che sono responsabili di questa situazione e verso quelli, sindacati in testa, che non fanno niente per risolvere i problemi che assillano questi lavoratori, come quelli di ogni altro settore. Ed in realtà l’apparente indignazione nasconde la paura che il caso degli autoferrotranvieri di Milano possa essere solo il primo esempio di qualcosa che sta maturando in seno all’insieme della classe operaia. ”.

E questa paura non è infondata, perchè il susseguirsi degli attacchi economici sta facendo crescere sempre di più il malcontento fra i lavoratori, che cominciano a sentire la necessità di fare qualcosa per reagire, qualcosa che vada al di là degli scioperi simbolici del sindacato, che passano sotto silenzio e servono solo a illudere i lavoratori di aver fatto qualcosa. Quello che è successo lunedì 1 dicembre a Milano è semplicemente che questo malcontento ha cominciato a trasformarsi in organizzazione, in riflessione sulla propria condizione e sulla maniera per reagire. Una riflessione nata spontaneamente fra i lavoratori, che ha portato i più giovani e peggio pagati a confrontarsi con i più vecchi che hanno potuto mostrare loro che anche i contratti a tempo indeterminato non consentono di arrivare a fine mese, se si ha una famiglia da portare avanti, cosa che li ha convinti a lottare uniti al di là delle consegne sindacali.

Ed è questa determinazione, questa unità che, ancora più dei danni provocati dallo sciopero, ha colpito e spaventato i vari servitori della borghesia: “Solo così, con la saldatura tra giovani e vecchi si spiega la straordinaria compattezza dello sciopero selvaggio di ieri mattina. Solo così si spiega che non una voce, non un sospetto, non una soffiata sia arrivata ai vertici dell’ATM nel giorni scorsi, quando il passaparola da un deposito all’altro tesseva le fila del colpo di mano. Perchè vecchi e giovani si trovano a condividere la vita quotidiana nel girone dantesco del traffico milanese, (...)” (Repubblica, 2/12/03) E questa solidarietà tra lavoratori che condividono le stesse condizioni di vita e di lavoro, è la stessa che lega tutti noi altri lavoratori agli autoferrotranvieri, come a tutti i lavoratori del mondo intero. Noi che viviamo quotidianamente i disagi legati alle insufficienze dei trasporti urbani (come tutti gli altri disagi economici e sociali che il capitalismo ci provoca) e che perciò sappiamo bene capire che il disagio di lunedì 1 dicembre è addirittura benvenuto se esso rappresenta l’inizio di una ripresa delle lotte operaie.

Una ripresa che comincia a intravedersi un po’ dappertutto nel mondo. Una ripresa che vede i proletari normalmente ancora inquadrati e ingannati dai sindacati, che sono gli agenti sabotatori della borghesia tra le fila dei lavoratori, il che non ci meraviglia e non ci deve spaventare. Più di un decennio di riflusso delle lotte operaie e di riflusso della coscienza della classe hanno consentito ai sindacati di recuperare quella credibilità che avevano perso nei decenni precedenti a causa del loro continuo sabotaggio delle lotte proletarie. La classe operaia ha oggi bisogno di scontrarsi di nuovo con il vero volto del sindacato per cominciare a contestarlo, per cominciare a ricercare una via autonoma per le proprie lotte. Gli autoferrotranvieri di Milano non hanno contestato apertamente il sindacato, lo hanno scavalcato scioperando al di là delle sue consegne, spinti dalla semplice coscienza che solo così potevano dare un po’ di efficacia alla loro lotta.

Ma è proprio questa la dinamica che fa avanzare la coscienza della classe: non una riflessione a tavolino su quello che bisognerebbe fare, ma le esigenze della lotta che indicano la strada da seguire. Non vogliamo entusiasmarci: il caso degli autoferrotranvieri di Milano è solo un episodio, ma un episodio che va nella giusta direzione e un episodio che probabilmente esprime una maturazione profonda che sta avvenendo nel cuore della classe. Ed è per questo che di fronte alla lotta degli autoferrotranvieri noi gridiamo alta e forte la nostra solidarietà, e il nostro disprezzo per quelli che hanno mostrato indignazione ed espresso minacce nei loro confronti.

7 dicembre 2003                 Helios

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