Elezioni politiche 2008: La sconfitta della “sinistra parlamentare” non è una sconfitta per i lavoratori

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Passata l’ennesima ubriacatura di propaganda elettorale, fatte sedimentare tutte le polemiche della vigilia, ci ritroviamo un quadro politico che ha meravigliato anche i più preparati esperti politologi e prodotto stati di sconcerto, se non di vera demoralizzazione, in non pochi compagni. Cosa è successo dunque? Anzitutto le elezioni sono andate, come ampiamente previsto, a Silvio Berlusconi e alla sua alleanza di destra, e su questo non ci piove vista la situazione che si era creata nell’ultima fase politica con la caduta del governo Prodi per motivi interni alla coalizione. Sull’altro versante il Partito Democratico, pur risultando perdente nei confronti del PdL, è riuscito non solo a tenere, ma ad accrescere la sua influenza elettorale visto che, sommando i voti ottenuti dalle sue componenti politiche alle precedenti elezioni, abbiamo 27,9% nel ’96, 32,1% nel 2001, 31,3% nel 2006 e 34,0% nel 2008 (1). Ricordiamo che la determinazione di Veltroni a correre da solo – ed in particolare senza la sinistra “radicale” – era stata dettata dalla necessità di ritrovare una credibilità di partito dopo il fiasco completo del governo Prodi, la sua inconcludenza per l’eccessiva litigiosità e per gli attacchi senza risparmi portati contro le condizioni di vita degli strati sociali più deboli.

Chi ha veramente perso è la sinistra “radicale” che ha perso non solo due terzi del suo elettorato, ma anche la faccia. Se la riduzione della sinistra era attesa, quello che non era atteso è l’entità di questo tracollo. Cos’è dunque che fa la differenza? Anzitutto le astensioni, che con questa tornata elettorale hanno avuto l’impennata più forte di tutta la storia della Repubblica con un incremento del 3,5%. Da questo punto di vista occorre rilevare che, come riportato dai sondaggi effettuati, questo incremento di astensioni è principalmente di sinistra. Per cui mentre l’elettorato di destra si è mantenuto ed anche rafforzato, quello di sinistra ha perso probabilmente qualcosa vicino ad un milione di voti, ovvero di uomini e donne che, dopo aver sempre votato a sinistra, oggi ormai stanchi di essere “rappresentati” da questi partiti, si sono astenuti dal voto (2). Ma indubbiamente per una parte importante la vittoria preponderante di Berlusconi è dovuta anche a spostamenti dell’elettorato da sinistra a destra e - in particolare - dalla sinistra “radicale” alla destra, particolarmente alla Lega di Bossi.

Lo scenario che si apre a questo punto è inedito perché queste elezioni, oltre a dare la vittoria a Berlusconi, hanno segnato la fuoriuscita dal Parlamento di formazioni politiche che hanno segnato la storia d’Italia. Non c’è più un partito “socialista” e non c’è più un partito “comunista”. Il Partito “Socialista” era già morto di fatto con il crollo del muro di Berlino e quello che era rimasto era solo un fantasma del passato. Ma la sinistra radicale, attraverso Rifondazione in particolare, era la continuità storica del vecchio partito “comunista”, ovvero di quel partito di stampo stalinista che tante nefaste responsabilità ha avuto nella storia d’Italia. Adesso il PD risulta essere la forza più di sinistra nel parlamento, eppure è solo un partito di centro!

La reazione del “popolo di sinistra”

Dal punto di vista psicologico questo fatto ha scosso molta gente. Subito dopo le elezioni c’erano tanti che si domandavano: “e adesso …?”. Altre persone, più o meno “di sinistra”, invece si interrogavano sull’accaduto e se la prendevano “con gli altri”, quelli che si erano astenuti o che avevano votato a destra, se le cose erano andate in un certo modo.

Occorre dunque riconoscere che, nonostante tutto, l’illusione del voto e della democrazia parlamentare è qualcosa che ha una presa ancora molto forte sui proletari in Italia. Nonostante la disillusione per i partiti e per la politica, dare ad un risultato elettorale tanta importanza è sintomatico di questo peso, tanto più che questi commenti vengono finanche da chi si era astenuto dal votare e che si è lanciato tuttavia a criticare gli altri lavoratori per non essersi comportato come lui, astenendosi. Un commento molto diffuso è stato infatti: “Perché non hanno disertato tutti quanti le urne?” come se fosse facile mettere d’accordo milioni di elettori a fare o non fare una certa cosa. E poi, quand’anche la percentuale di astensioni fosse stata più alta, quale risultato si sarebbe raggiunto? “Dare un segnale ai politici! Dare loro una lezione!”. E qui si sconta ancora una volta l’inganno del parlamentarismo pensando che, oggi come oggi, la politica della borghesia possa essere decisa o solo vagamente orientata dalla “volontà popolare”. Come abbiamo mostrato in un recente articolo (3), oggi il potere sta tutto nelle mani degli esecutivi ed ogni governo non fa quello che gli viene suggerito dal “popolo sovrano” ma quello che richiede la difesa del capitale nazionale.

Un altro giudizio che si è sentito molto in giro è sui lavoratori che sarebbero dei traditori per aver votato a destra, ed in particolare la Lega. O ancora: “Chi ha sempre votato a sinistra e adesso vota Lega è diventato qualunquista perché non ha più un’ideologia”. Queste osservazioni meritano un’attenta riflessione. Infatti, nonostante l’apparente ovvietà, queste riflessioni sono non solo sbagliate, ma esprimono per di più una comprensione della situazione completamente rovesciata. Chi pensa che votare per la Sinistra sia meglio che votare per la Lega esprime l’illusione che questa sinistra possa realmente fare ancora qualcosa per i lavoratori. Ma di quale sinistra parliamo? Di quella sinistra che trae origine dal vecchio PCI stalinista dove Togliatti, nominato ministro della Giustizia nell’immediato dopoguerra, dava la caccia ai cosiddetti sbandati, cioè la povera gente che tornava dalla guerra sfinita e demoralizzata, da una parte per riarmarla e mandarla di nuovo a combattere contro i “nuovi nemici” tedeschi, dall’altra trattandoli come teppaglia quando si lasciavano andare a qualche furto di generi alimentari (4). O ancora di quella sinistra che, tutte le volte che ha avuto responsabilità di governo, non ha mai tradito una sola volta la ragion di Stato, sottoscrivendo tutte le misure più infami contro i lavoratori, gli immigrati, la povera gente. Se Cofferati è noto come il sindaco sceriffo, Bassolino come il ras della Campania, D’Alema come il capo di governo che ha fatto la guerra alla Serbia bombardando le povere famiglie di Belgrado, tutti i governi di sinistra sono noti per aver dato le più grandi mazzate economiche ai lavoratori, ecc. ecc., possiamo ancora meravigliarci se la gente non vota più a sinistra? In realtà, se i lavoratori hanno scelto di votare al di fuori di ogni schema è proprio perché cominciano finalmente a capire che non c’è più nessun partito “ufficiale” che riesca a garantire loro una qualsivoglia prospettiva. E se il voto è andato alla Lega è perché questa, nella sua propaganda elettorale, ha toccato delle corde su cui molti lavoratori del nord sono sensibili (il salario, la sicurezza, la concorrenza per il posto di lavoro, ecc.). E’ vero che resta l’illusione che la Lega possa garantire qualcosa ai lavoratori. Ma per lo meno il voto non è più ammantato da alcuna ideologia.

Quali sono le prospettive?

Un’ultima considerazione va fatta su quale sarà il futuro della politica italiana. Con Berlusconi che ha una salda maggioranza che ruolo potrà avere la sinistra “radicale” nella politica italiana dei prossimi anni visto che non sta né al governo né in parlamento? Le forze di “sinistra borghese”, ovvero i vari partiti e partitini di sinistra più i sindacati, confederali e di base, hanno la funzione di tenere buona la rabbia operaia, di far credere ai proletari che c’è chi pensa a loro e per loro. Nella misura in cui queste strutture, oltre ad essere ampiamente screditate, non riescono neanche più a giocare un ruolo di opposizione in parlamento semplicemente perché non ci stanno, è evidente che si pone un problema serio per la borghesia. Il ruolo di falsa opposizione che la sinistra ha finora giocato in parlamento sarà espresso d’ora in poi nelle piazze, tanto più che adesso al governo ci sta un Berlusconi contro il quale si può dire quello che si vuole perché sembra fatto apposta per lasciare sfogare liberamente i proletari.

E’ in questa fase che occorrerà fare tesoro di tutte le nefandezze prodotte dalla sinistra borghese e non cedere alle lusinghe della piazza. I lavoratori devono tirare fino in fondo le lezioni di questi anni di sacrifici e comprendere che la loro emancipazione non può derivare che dalla loro lotta autonoma dalle arpie sia di destra che di sinistra.

Ezechiele, 25 aprile 2008

1. A proposito della vittoria di Berlusconi e del relativo successo di Veltroni vedi l’analisi sviluppata nei numeri scorsi di Rivoluzione Internazionale n°151, 153 e 154.

2. “A Torino l’astensionismo è stato superiore del 5% rispetto alle Politiche del 2006, ma il calo più significativo si registra nei quartieri simbolo della città operaia. A Mirafiori Sud, in particolare, la partecipazione al voto è scesa dall’82,63% al 76,42%. «Già una volta non ero andato a votare, dopo la vicenda Mani Pulite. Così come allora, non ho fiducia in nessuno, non avevo voglia di esprimere la mia preferenza per uno dei due schieramenti. E’ un moto di ribellione contro il sistema» dice l’operaio Capello. E aggiunge: «Hanno detto tutti, durante la campagna elettorale, che bisogna ridurre le tasse e aumentare i salari perché tutti cavalcano temi che si pensa facciano presa nell’elettorato di base. Ma in fabbrica la sensazione diffusa era quella di sentirsi presi in giro. Tanto la busta paga resta sempre uguale, dicevano i miei colleghi. E sarà così, vedrete. Ci vorrebbe un volto davvero nuovo … per ora è tutto desolante e triste»”. (da Liberazione del 15 aprile 2008).

3. Vedi l’articolo “L’avvenire non si trova nella scheda elettorale ma nella lotta di classe” sul nostro sito web.

4. Vedi gli articoli "Breve storia del PCI (ad uso dei proletari che non vogliono più credere a niente ad occhi chiusi) 1921-1936" su Rivoluzione Internazionale n° 63, “Breve storia del PCI (ad uso dei proletari che non vogliono più credere a niente ad occhi chiusi) 1936-1947” e "QUANDO IL PCI ERA AL GOVERNO... Circolare n° 3179 del 29 aprile 1946" su Rivoluzione Internazionale n°64 e l’opera di Arturo Peregalli: “Togliatti guardasigilli 1945-1946”, Edizione Colibrì.

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