Tra le caratteristiche costanti si può ricordare:
o esprime questo divenire attraverso la formulazione di obiettivi della classe e del cammino da seguire per raggiungerli;
o raccoglie le posizioni essenziali che l’organizzazione deve difendere nella classe;
o serve da base di adesione;
Tra le caratteristiche più circostanziali si possono mettere in evidenza:
2) Il modo in cui la CCI é organizzata corrisponde direttamente a questi diversi criteri sopra citati:
Ma il carattere unitario a livello internazionale é tanto più marcato per la CCI che, contrariamente alle organizzazioni sorte in precedenza durante il periodo di decadenza (Internazionale Comunista, frazioni di sinistra), non ha alcun legame organico con le organizzazioni provenienti dalla II Internazionale, dove la struttura per paese era più marcata. E’ perciò che la CCI è sorta immediatamente come organizzazione internazionale, stimolando progressivamente l’apparizione di sezioni territoriali, e non come risultato di un processo di avvicinamento di organizzazioni già formate a livello nazionale.
Questo elemento più “positivo” risultante dalla rottura organica é tuttavia controbilanciato da tutta una serie di debolezze legate a questa rottura e riguardanti la comprensione di questioni organizzative. Debolezze che non sono specifiche alla CCI ma che riguardano l’insieme dell’ambiente politico rivoluzionario. Sono queste debolezze che si sono manifestate ancora una volta nella CCI e che hanno richiesto la tenuta di una Conferenza Internazionale e il presente testo.
3) Al centro delle incomprensioni che pesano sulla CCI figura la questione del centralismo. Il centralismo non é un principio astratto o facoltativo della struttura dell’organizzazione. E’ la concretizzazione del suo carattere unitario: esso esprime il fatto che é una sola e stessa organizzazione che prende posizione e che agisce nella classe. Nei rapporti tra le diverse parti dell’organizzazione e il tutto, é sempre il tutto che prevale. Non é concepibile che, nei confronti della classe, vi siano posizioni politiche o concezioni dell’intervento specifiche di questa o quella sezione territoriale o locale. Queste devono sempre concepirsi come parte di un tutto. Le analisi e le posizioni che si esprimono nella stampa, nei volantini, nelle riunioni pubbliche, nelle discussioni con i simpatizzanti; i metodi impiegati nella nostra propaganda come nella nostra vita interna, sono quelli dell’organizzazione nel suo insieme, anche se esistono dei disaccordi su questo o quel punto, in questo o quel luogo, o da parte di questo o quel militante e anche se l’organizzazione porta all’esterno i dibattiti politici che si sviluppano al suo interno. La concezione secondo cui questa o quella parte dell’organizzazione può adottare, di fronte alla classe o all’organizzazione, delle posizioni o degli atteggiamenti che le sembrano corretti al posto di quelli dell’organizzazione ritenuti sbagliati, è del tutto fuori luogo perché:
Nell’organizzazione, il tutto non é la somma delle singole parti. Queste sono delegate a compiere una specifica attività particolare (pubblicazioni territoriali, interventi locali, ecc.) e sono dunque responsabili davanti all’insieme dell’organizzazione del mandato che hanno ricevuto.
4) Il momento privilegiato in cui si esprime in tutta la sua ampiezza l’unità dell’organizzazione è il suo Congresso Internazionale. E’ al Congresso Internazionale che viene definito, arricchito, rettificato il programma della CCI, che sono stabilite, modificate o precisate le sue modalità di organizzazione e di funzionamento, che vengono adottate le sue analisi e gli orientamenti generali, che viene fatto un bilancio delle sue attività passate ed elaborate le sue prospettive di lavoro per il futuro. E’ per questo che la preparazione del Congresso deve essere presa in carica con la più grande cura ed energia da parte dell’insieme dell’organizzazione. E’ perciò che gli orientamenti e le decisioni del Congresso devono servire da riferimento costante all’insieme della vita successiva dell’organizzazione.
5) Tra un congresso e l’altro, l'unità e la continuità dell'organizzazione si esprimono attraverso l’esistenza di organi centrali nominati dal Congresso e responsabili nei suoi confronti. Tocca agli organi centrali la responsabilità (a seconda del livello di competenza: internazionale o territoriale) di:
L’organo centrale é una parte dell’organizzazione e come tale é responsabile nei suoi confronti quando questa é riunita in Congresso. Tuttavia è una parte che ha la specificità di esprimere e di rappresentare il tutto; per questo fatto le posizioni e le decisioni dell’organo centrale prevalgono sempre su quelle delle altre parti dell’organizzazione prese separatamente.
Contrariamente a certe concezioni, particolarmente quelle dette “leniniste”, l’organo centrale é uno strumento dell'organizzazione e non il contrario. Esso non è il vertice di una piramide, secondo una visione gerarchica e militare dell’organizzazione dei rivoluzionari. L’organizzazione non é formata da un organo centrale più i militanti, ma costituisce un tessuto stretto e unito all’interno del quale trovano posto e agiscono tutte le sue componenti. Occorre dunque vedere l’organo centrale piuttosto come il nucleo di una cellula che coordina il metabolismo di una entità vivente.
In questo senso, l’insieme dell’organizzazione é implicata costantemente dalle attività dei suoi organi centrali, i quali sono tenuti a fare dei rapporti regolari sulla loro attività. Anche se il mandato viene reso solo in occasione del Congresso, gli organi centrali sono tenuti a tenere sempre le orecchie aperte alla vita dell’organizzazione e a tenere costantemente conto di questa.
Secondo le necessità e circostanze, gli organi centrali possono essere condotti a designare al loro interno delle sottocommissioni a cui tocca la responsabilità di eseguire e di fare eseguire le decisioni adottate in occasione delle riunioni plenarie degli organi centrali così come di compiere ogni altro compito (particolarmente le prese di posizione) che si renda necessario tra una riunione plenaria e l’altra.
Queste sottocommissioni sono responsabili di fronte a queste riunioni plenarie. Più in generale, i rapporti che si stabiliscono tra l’insieme dell’organizzazione e gli organi centrali valgono anche tra questi e le loro sottocommissioni permanenti.
6) La preoccupazione della più grande unità all’interno dell’organizzazione presiede ugualmente alla definizione dei meccanismi che permettono le prese di posizione e la nomina degli organi centrali. Non esiste alcun meccanismo ideale che garantisca la migliore scelta sulle decisioni da prendere, sulle orientazioni da adottare e sui militanti da nominare negli organi centrali. Tuttavia, il voto e l’elezione sono la migliore garanzia per l’unità dell’organizzazione e la più ampia partecipazione dell’insieme di questa alla sua propria vita.
In generale, le decisioni a tutti i livelli (Congresso, organi centrali, sezioni locali) sono prese (quando non c’è unanimità) a maggioranza semplice. Tuttavia, certe decisioni che possono avere una ripercussione diretta sull’unità dell’organizzazione (modifica della piattaforma o degli statuti, integrazione o esclusione di militanti) sono prese con criteri di maggioranza più forti della maggioranza semplice (3/5, 3/4, ecc.).
Viceversa, nella stessa preoccupazione dell’unità, una minoranza dell’organizzazione può portare alla convocazione di un Congresso straordinario a partire dal momento in cui assume una certa consistenza (per esempio i 2/5): per regola generale, tocca al Congresso pronunciarsi sulle questioni essenziali, e l’esistenza di una forte minoranza che chiede la tenuta di un congresso è evidentemente l’indice dell’esistenza di problemi importanti all’interno dell’organizzazione.
Infine, é chiaro che il voto non ha senso se non nel caso in cui i membri che restano in minoranza si impegnano ad applicare le decisioni prese e che diventano quelle dell’organizzazione.
Nella nomina degli organi centrali é necessario prendere in considerazione i tre elementi che seguono:
E’ in questo senso che si può dire che l’assemblea, (Congresso o altro), che deve designare un organo centrale, nomina una equipe: è perciò che, in generale, l’organo centrale uscente fa una proposta di candidati. Tuttavia tocca a questa assemblea (ed é diritto di ogni militante) proporre altre candidature se viene ritenuto necessario e, in ogni caso, eleggere individualmente i membri degli organi centrali. Solo questo tipo di elezione permette all’organizzazione di dotarsi di organi in cui riporre il massimo di fiducia.
L’organo centrale ha la responsabilità di applicare e di difendere le decisioni adottate dal Congresso che lo ha eletto. In questo senso, é opportuno che figuri al suo interno una forte proporzione di militanti che, in occasione del Congresso, si siano pronunciati a favore di queste decisioni e orientamenti. Ciò non vuol dire tuttavia che solo quelli che hanno difeso nel Congresso le posizioni maggioritarie, posizioni che sono divenute dopo il Congresso quelle dell’organizzazione, possano far parte dell’organo centrale. I tre criteri definiti sopra restano validi indipendentemente dalle posizioni difese in occasione dei dibattiti da questo o quel candidato eventuale. Ciò non vuol dire neanche che debba esistere un principio di rappresentanza - per esempio proporzionale – delle posizioni minoritarie all’interno dell’organo centrale. Questa è una pratica vigente nei partiti borghesi, particolarmente i partiti socialdemocratici, in cui la direzione é costituita dai rappresentanti delle diverse correnti o tendenze in proporzione dei voti raccolti nei Congressi. Un tal modo di designare l’organo centrale corrisponde al fatto che, in un’organizzazione borghese, l’esistenza di divergenze é basata sulla difesa di questa o quella visione di gestione del capitalismo, o più semplicemente sulla difesa di questo o quel settore della classe dominante o di questa o quella cricca, orientamento o interessi che si mantengono in maniera durevole e che occorre conciliare attraverso una “ripartizione equa” dei posti tra rappresentanti. Niente di tutto questo appartiene ad un’organizzazione comunista in cui le divergenze non esprimono per niente la difesa di interessi materiali, personali o di gruppi di pressione particolari, ma sono la traduzione di un processo vivente e dinamico di chiarificazione dei problemi che si pongono alla classe e sono destinati come tali ad essere riassorbiti con l’approfondimento della discussione e alla luce dell’esperienza. Una rappresentazione stabile, permanente e proporzionale delle diverse posizioni che sono apparse sui diversi punti all’ordine del giorno di un Congresso volgerebbe dunque le spalle al fatto che i membri degli organi centrali:
7) L’utilizzazione dei termini "democratico" o "organico" per qualificare il centralismo dell’organizzazione dei rivoluzionari è da evitare perché:
In effetti, il “centralismo democratico” (termine che si deve a Lenin) é segnato oggi dal marchio dello stalinismo che l’ha impiegato per mascherare e ricoprire il processo di soffocamento e di liquidazione di tutta la vita rivoluzionaria all’interno dei partiti dell’Internazionale, processo nel quale d’altra parte lo stesso Lenin porta una responsabilità per aver chiesto ed ottenuto al 10°Congresso del PCUS (1921) il divieto delle frazioni che lui riteneva, a torto, necessario (anche se a titolo provvisorio) di fronte alle terribili difficoltà attraversate dalla Rivoluzione. D’altra parte non ha ugualmente alcun senso la rivendicazione di un “vero centralismo democratico” che sarebbe stato praticato nel partito bolscevico nella misura in cui:
In un certo qual modo, il termine “organico” (che si deve a Bordiga), sarebbe più corretto per qualificare la natura del centralismo che esiste nell’organizzazione dei rivoluzionari. Tuttavia, l’uso che ne fa la corrente bordighista per giustificare un modo di funzionamento che esclude ogni controllo sugli organi centrali e sulla sua vita da parte dell’insieme dell’organizzazione, lo squalifica e rende necessario ugualmente rigettarlo. In effetti per il bordighismo, il fatto – giusto in sé – che l’esistenza di una maggioranza a favore di una posizione non garantisce che questa sia quella corretta, o che l’elezione degli organi centrali non sia un meccanismo perfetto che possa impedire una loro qualunque degenerazione, viene utilizzato per difendere una concezione dell’organizzazione in cui il voto e le elezioni sono banditi. In questa concezione, le posizioni corrette e i “capi” si impongono “da soli” attraverso un processo cosiddetto “organico”, ma che in pratica, significa affidare al “centro” il compito di decidere da solo su tutte le questioni, di decidere su qualsiasi dibattito, e conduce questo “centro” ad allinearsi sulle posizioni di un “leader storico”, che sarebbe investito di una sorta di infallibilità divina. Combattendo ogni forma di spirito religioso e mistico, i rivoluzionari non possono rimpiazzare il pontefice di Roma con quello di Napoli o di Milano.
Ancora una volta, il voto e le elezioni, per quanto imperfette possano essere, sono ancora il mezzo migliore, nelle condizioni attuali, per garantire il massimo di unità e di vita nell’organizzazione.
8) Contrariamente alla visione bordighista, l’organizzazione dei rivoluzionari non può essere “monolitica”. L’esistenza di divergenze al suo interno é la manifestazione che é un organo vivente che non ha delle risposte sempre pronte da fornire immediatamente ai problemi che si pongono alla classe. Il marxismo non è né un dogma, né un catechismo. E’ lo strumento teorico di una classe che, attraverso la sua esperienza e con la prospettiva del suo divenire storico, avanza progressivamente, con degli alti e dei bassi, verso una presa di coscienza che è la condizione indispensabile della sua emancipazione. Come qualunque riflessione umana, quella che presiede allo sviluppo della coscienza proletaria non è un processo lineare e meccanico, ma piuttosto contraddittorio e critico. Essa suppone necessariamente il confronto tra argomenti diversi. Di fatto, il famoso “monolitismo” o la famosa “invarianza” dei bordighisti sono una chimera (come si può verificare facilmente dalle prese di posizione di questa organizzazione e delle sue diverse sezioni); o l’organizzazione è completamente sclerotizzata e non ha più alcun contatto con la vita della classe, oppure non è monolitica e le sue posizioni non sono invarianti.
9) Se l’esistenza di divergenze all’interno dell’organizzazione é un segno della sua vita, solo il rispetto di un certo numero di regole nella discussione di queste divergenze permette che queste contribuiscano al rafforzamento dell’organizzazione e al miglioramento dei compiti per i quali la classe l’ha fatta nascere.
Possiamo enumerare alcune di queste regole:
Nella misura in cui i dibattiti che attraversano l’organizzazione riguardano in generale l’insieme del proletariato, è opportuno che questa li porti all’esterno, rispettando le seguenti condizioni:
10) Le divergenze esistenti nell’organizzazione dei rivoluzionari possono condurre all’apparizione di forme organizzate di posizioni minoritarie. Se, di fronte ad un tale processo, nessuna misura di tipo amministrativo (come il divieto di tali forme organizzate) potrebbe sostituirsi alla discussione più approfondita possibile, occorre ugualmente che questo processo sia preso in carica in maniera responsabile, il che suppone:
La tendenza é anzitutto l’espressione della vita dell’organizzazione per il fatto che il pensiero non si sviluppa mai in maniera rettilinea, ma attraverso un processo contraddittorio e di confronto delle idee. Come tale, una tendenza é destinata in generale a riassorbirsi nella misura in cui una questione diventa sufficientemente chiara perché l’insieme dell’organizzazione possa dotarsi di un’analisi unica, sia come risultato della discussione, sia per l’apparizione di dati nuovi che vengano a confermare una delle visioni e a confutare l’altra.
D’altra parte, una tendenza si sviluppa essenzialmente su dei punti che condizionano l’orientamento e l’intervento dell’organizzazione. La sua costituzione non ha dunque come punto di partenza delle questioni di analisi teorica. Una tale concezione della tendenza comporterebbe un indebolimento dell’organizzazione e a una parcellizzazione ad oltranza delle energie militanti.
La frazione è l’espressione del fatto che l’organizzazione é in crisi per l’apparizione di un processo di degenerazione al suo interno, per la capitolazione di fronte al peso dell’ideologia borghese. Contrariamente al caso della tendenza, che si applica solo a delle divergenze su come orientarsi rispetto a delle questioni circostanziali, la frazione si riferisce al caso di divergenze programmatiche che non possono trovare soluzione che nell’esclusione della posizione borghese o attraverso l’uscita dall’organizzazione della frazione comunista ed è nella misura in cui la frazione porta in sé la separazione delle due posizioni divenute incompatibili all’interno dello stesso organismo che essa tende a prendere una forma organizzata con dei suoi propri organi di propaganda.
Proprio perché l’organizzazione della classe non é mai garantita contro una possibile degenerazione, il ruolo dei rivoluzionari è di lottare in ogni momento per l’eliminazione delle posizioni borghesi che possono svilupparsi al suo interno. Ed è quando si trovano in minoranza in questa lotta che il loro ruolo é di organizzarsi in frazione, o per guadagnare l’insieme dell’organizzazione alle posizioni comuniste ed escludere la posizione borghese oppure, quando questa lotta sia divenuta sterile per l’abbandono del terreno proletario da parte dell’organizzazione – generalmente in occasione di un riflusso della classe - di costituire il ponte verso la ricostituzione del partito di classe che non può dunque sorgere che in una fase di rimonta delle lotte.
In ogni caso, la preoccupazione che deve guidare i rivoluzionari è quella che esiste all’interno della classe in generale. Quella di non disperdere le deboli energie rivoluzionarie di cui dispone la classe. Quella di vegliare senza sosta al mantenimento e allo sviluppo di uno strumento tanto indispensabile quanto fragile com’è l’organizzazione dei rivoluzionari.
11) Se l’organizzazione non può utilizzare alcun mezzo amministrativo o disciplinare di fronte a dei disaccordi, ciò non vuol dire che essa debba privarsi di questi mezzi in ogni caso. E’ viceversa necessario ricorrere a tali mezzi, come la sospensione temporanea o l’esclusione definitiva, quando si ha a che fare con degli atteggiamenti, dei comportamenti o dei modi di fare che possono costituire un pericolo per la sua esistenza, la sua sicurezza o la sua capacità di far fronte ai suoi compiti. Ciò si applica a dei comportamenti all’interno o all’esterno dell’organizzazione che sarebbero incompatibili con l’appartenenza ad una organizzazione comunista.
D’altra parte occorre che l’organizzazione prenda tutte le disposizioni necessarie alla sua protezione di fronte a tentativi di infiltrazione o di distruzione da parte degli organi dello Stato capitalista o di elementi che, senza essere direttamente manipolati da questi organi, hanno dei comportamenti che finiscono per favorirne il lavoro.
Quando dei tali comportamenti sono messi in evidenza, é dovere dell’organizzazione prendere delle misure non solo a favore della propria sicurezza, ma anche a favore della sicurezza delle altre organizzazioni comuniste.
12) Una condizione fondamentale dell’attitudine di una organizzazione a far fronte ai suoi compiti nella classe é una comprensione corretta al suo interno dei rapporti che si stabiliscono tra i militanti e l’organizzazione. E’ questa una questione particolarmente difficile da comprendere nella nostra epoca, tenuto conto del peso della rottura organica con le frazioni del passato e dell’influenza della componente studentesca nelle organizzazioni rivoluzionarie del dopo ‘68 che hanno favorito il risorgere di una delle tare del movimento operaio del l9° secolo: l’individualismo.
In generale, i rapporti che si stabiliscono tra i militanti e l’organizzazione fanno riferimento agli stessi principi evocati prima e concernenti i rapporti tra le parti e il tutto.
Più precisamente, è opportuno affermare a questo proposito quanto segue:
[1] Questa affermazione non é soltanto ad uso interno; essa non riguarda solo le scissioni che si sono prodotte (o che potranno ancora prodursi) nella CCI. Nel campo politico proletario abbiamo sempre difeso questa posizione. In particolare, nel caso della scissione della sezione di Aberdeen dalla “Communist Workers' Organisation” e della scissione del Nucleo Comunista Internazionalista da “Programma Comunista”. Noi abbiamo criticato all’epoca il carattere frettoloso delle scissioni basate su divergenze apparentemente non fondamentali e che non avevano avuto l’occasione di essere chiarificate da un dibattito interno approfondito. In generale, la CCI si oppone alle “scissioni” senza principi basate su divergenze secondarie (anche quando i militanti implicati pongono in seguito la loro candidatura alla CCI, come fu nel caso di Aberdeen). Le scissioni su questioni secondarie esprimono in realtà una concezione monolitica dell’organizzazione che non tollera alcuna discussione né divergenza al suo interno. E’ il caso tipico delle sette.