A proposito della cacciata dal palco di Rinaldini a Torino del 16 maggio scorso

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Ci sono avvenimenti che alla borghesia cadono proprio a puntino per portare avanti le proprie mistificazioni. Un esempio è quello degli scontri fra i Cobas dell’Alfa e la CGIL durante lo sciopero degli operai FIAT del 16 maggio.

L’assalto al palco e la defenestrazione di Rinaldini ha costituito infatti l’occasione per cominciare a gridare al pericolo del terrorismo, o per parlare di scontri fra lavoratori. Se la prima mistificazione è stata portata avanti principalmente dalle forze politiche di destra, che da sempre impostano la loro politica sociale sulla negazione della possibilità dell’esistenza di una lotta di classe e sul rigetto di qualsiasi opposizione di piazza (immediatamente condannata come teppismo o, appunto, presagio di un ritorno del terrorismo), la seconda è  toccata soprattutto a quelle di sinistra, che hanno invece il compito di deviare e mistificare le lotte.

Significativa è l’intervista a Rinaldini fatta sul giornale Repubblica (che si vuole la voce critica di tutta la sinistra): dopo che nell’articolo di cronaca si dichiarava che uno degli assaltatori era Corrado Delle Donne (leader dei Cobas dell’Alfa di Milano)[1], l’intervistatore fa a Rinaldini la seguente domanda: “ Se questo è il clima all’inizio di una vertenza difficile, come riuscirete a tenere uniti i diversi stabilimenti italiani?” Al che Rinaldini prende al volo la palla e rilancia: “Sappiamo che non è facile. Non è la prima volta che ci troviamo in una situazione del genere. Nel periodo 2002-2004, durante la crisi più grave della FIAT, rischiavamo di contrapporre Mirafiori e Termini (…) Siamo riusciti a evitare allora la guerra tra i territori e penso che riusciremo anche oggi.” Che faccia tosta! Se c’è qualcuno che non si preoccupa affatto di evitare le divisioni, che al contrario li favorisce e li crea, è proprio il sindacato. I casi sono tanti, ma ci limitiamo a ricordare cosa sta succedendo da diversi mesi a questa parte, con CISL e UIL a cercare di convincere i lavoratori che è realista accettare le briciole che governo e padroni vogliono concedere, e la CGIL che fa invece “l’estremista”, non firma gli accordi, ma si guarda bene dal lanciare un appello a una mobilitazione generale, unitaria di tutti i lavoratori, a prescindere dalla tessera che hanno in tasca[2]. E d’altra parte il motivo dell’assalto a Rinaldini ha le sue origini proprio in un episodio di emarginazione e di divisione portato avanti dall’azienda con il consenso dei sindacati confederali: si tratta della decisione della FIAT, di poco più di un anno fa, di trasferire trecento lavoratori dall’Alfa di Pomigliano in un piccolo centro produttivo a Nola, trasferimento che non aveva nessuna motivazione produttiva, ma quella politica di rinchiudere in un ghetto un certo numero di lavoratori tra quelli più combattivi. Una rappresaglia politica in perfetto stile FIAT, ma che i sindacati confederali avallarono, nonostante gli spontanei scioperi di solidarietà fatti dagli operai di Pomigliano.

Perciò noi vogliamo dire con chiarezza che non esprimiamo nessuna solidarietà a chi la solidarietà fra i lavoratori la sabota tutti i giorni attraverso la propria politica di divisione, e lasciamo volentieri che questa solidarietà venga invece offerta dai vari commentatori politici, di destra e di sinistra, degni compagni di Rinaldini.

Una volta denunciato il tentativo borghese di utilizzare un episodio isolato contro i lavoratori, allo scopo di intimidirli (contestazione alla politica sindacale = terrorismo) o di dividerli, vogliamo subito aggiungere che non ci sentiamo di esprimere la nostra solidarietà nemmeno ai COBAS autori della contestazione. Infatti questi, seguendo la logica connaturata alla struttura del sindacato, hanno portato avanti un’azione isolata e minoritaria per guadagnarsi la propria manciata di popolarità tra alcuni lavoratori in una situazione in cui invece andava chiarito che l’unità raggiunta in quella manifestazione non poteva portare a nessuna parte se essa veniva concepita come unità contro i lavoratori degli altri paesi, e che invece solo la ricerca della solidarietà tra tutti i settori, di tutti i paesi, può arrivare a creare un rapporto di forza capace di frenare gli attacchi del capitale. Ma in realtà i cosiddetti COBAS, nella loro logica di sindacatino combattivo, non arriveranno mai a capirlo, presi anche loro dalla logica della difesa della propria sigla, dalla volontà di ricondurre sotto il proprio cappello la volontà di lotta che comincia a farsi strada anche tra i lavoratori italiani.

Questo è il motivo per cui le prossime lotte che si prospettano non potranno fare a meno di misurarsi con le mistificazioni del sindacato, piccolo o grande che sia.

18 maggio 2009                     Helios



[1] Giusto en passant vale la pena di segnalare che si tratta qui di una vera è propria spiata da parte di un giornale sempre così attento alle parole quando si tratta di commentare le azioni, anche in odore di reato, dei vari politici di destra come di sinistra.

[2] Se ce l’hanno. Infatti tra i lavoratori attivi, in Italia come in tutti i paesi occidentali, gli iscritti al sindacato sono solo una minoranza, ma nonostante questo i sindacati si arrogano il diritto di decidere per tutti e di condannare come estremisti quei lavoratori che contestano le loro decisioni.

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