Dopo la repressione in Polonia: prospettive della lotta di classe mondiale

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Il fatto che le prime grandi lotte degli “anni della verità" (come noi abbiamo chiamato gli anni '80 ([1]) si siano avute proprio in Polonia dipende dalla debolezza della borghesia nei cosiddetti paesi "socialisti". Debolezza che si esprime sia sul piano economico che su quello politico. Infatti, l’esplosione operaia dell'estate '80 è scaturita direttamente dalla catastrofe economica che attanaglia il capitale polacco, uno degli anelli più deboli di questo insieme di paesi, poco sviluppati e particolarmente vulnerabili alla crisi, che costituisce il blocco dell'Est.

Ma questa esplosione si è potuta avere perchè, sul posto, la borghesia non disponeva di una delle armi essenziali che altrove utilizza oggi contro il proletariato: una sinistra che, grazie al suo linguaggio "operaio" e al suo posto nell'opposizione, può sabotare dall'interno, deviare e svuotare le lotte proletarie. Nelle grandi concentrazioni operaie dell'Occidente, anch'esse colpite duramente dalla crisi in questi ultimi anni (come testimoniano i 30 milioni di disoccupati, secondo l'OCDE), la borghesia cerca di far fronte in modo preventivo alla tendenza alla ripresa delle lotte proletarie. E, a tal fine, si appoggia fondamentalmente sulle manovre della sinistra, partiti "operai" e sindacati, che ha il compito fondamentale di immobilizzare la classe operaia, mentre i vari governi s'incaricano di mettere in opera un'austerità crescente. L'esempio migliore è quello della Gran Bretagna, dove, a partire dal 1978, di fronte alle lotte operaie, i laburisti e i sindacati sono passati all'opposizione rinunciando alla politica del “contratto sociale", che aveva per scopo di fare aderire i lavoratori agli obiettivi governativi, e radicalizzando notevolmente il loro linguaggio contro la politica della signora Thatcher. Così la borghesia inglese, una delle più agguerrite del mondo, utilizzando la "sinistra all'opposizione", è riuscita a venire a capo delle lotte del 78-79, e a far praticamente tacere il proletariato nel periodo successivo, proprio quando questo subiva uno degli attacchi più violenti della sua storia.

I regimi esistenti nell'Europa dell'Est, sorti direttamente dalla controrivoluzione, basano il loro potere essenzialmente sul terrore poliziesco e non hanno la stessa flessibilità. Ma nel 1980 in Polonia, di fronte all'ampiezza del movimento di scioperi ed in un contesto internazionale di ripresa delle lotte, la borghesia non ha potuto impiegare la repressione sanguinosa come aveva fatto nel '70 e nel '76.  Nell'agosto essa viene sopraffatta dalla situazione ed è nella breccia aperta nelle sue linee di difesa che si è spinto il proletariato per sviluppare le lotte più importanti da 50 anni a questa parte.

Pertanto l'enorme sviluppo delle lotte in Polonia non è solamente dovuto alla gravità della crisi e dell'attacco contro il livello di vita degli operai. Un fattore almeno altrettanto importante è da attribuire all'incapacità della borghesia locale di utilizzare quelle armi politiche ben sperimentate in Occidente.

Solo "a caldo”, con la creazione del sindacato Solidarnosc, la classe dominante ha potuto dotarsi di un'arma efficace contro il proletariato. Ed è a livello internazionale che la borghesia ha condotto la sua controffensiva. Nell'agosto '80 anche la borghesia ha compreso in maniera chiara che siamo ormai entrati negli "anni della verità" ed ha accelerato i suoi preparativi per affrontarli.

LO SPIEGAMENTO DI FORZE DELLA BORGHESIA

Avendo compreso la dimensione mondiale dello scontro con il proletariato, la borghesia ha sviluppato i suoi dispositivi a livello mondiale. A questo scopo, ha saputo far passare in secondo piano gli antagonismi interimperialisti, salvo restando la possibilità di utilizzare i contrasti reali come mezzo per una divisione dei compiti.

In questa divisione, è toccato ai governi del blocco dell'Est il compito di intimidire gli operai di questa regione con le minacce di intervento e di repressione violenta da parte del "grande fratello". Questi governi avevano anche il compito di screditare le lotte operaie in Polonia attraverso campagne nazionaliste del tipo: "i polacchi sono pigri e rissosi, per questo l'economia sprofonda", "la loro agitazione è responsabile delle nostre difficoltà economiche" ...

Ma l'essenziale del lavoro è toccato alle grandi potenze occidentale che hanno fatto fronte a tutta una serie di compiti:

- salvataggio economico del capitale polacco in fallimento, soprattutto attraverso un rinnovamento dei suoi crediti,

- credibilizzazione delle campagne di intimidazione sviluppate da Mosca con continue intimazioni all'URSS a non effettuare alcun intervento in Polonia, attraverso il bombardamento di mass-media come "Radio Europa libera" o la BBC,

- campagne dirette ai proletari d'Occidente sul tema: "i problemi affrontati dagli operai in Polonia sono specifici di questi paesi e di questo blocco (gravità della crisi economica, penuria, miseria, totalitarismo)",

- presa in carico, sia materiale che politica, da parte della sinistra e dei sindacati occidentali, del consolidamento di Solidarnosc (invio di fondi, di materiale per la stampa, di delegazioni incaricate di insegnare al neonato sindacato le diverse tecniche di sabotaggio delle lotte... ),

- sabotaggio sistematico delle lotte operaie nei paesi occidentali attraverso queste stesse organizzazioni che, oltre ad impiegare tutto l'arsenale classico ("giornate di azione", scioperi "bidone", divisione della classe in settori professionali o geografici) hanno sviluppato in questi ultimi mesi delle enormi campagne pacifiste destinate ad insabbiare e smobilitare l'inquietudine reale e giustificata dei lavoratori rispetto alla minaccia di guerra (cfr. "Crisi e lotta di classe", in Révue Internationale n. 28). E’ interessante infine notare come i sindacati dell'Occidente, per riverniciare la facciata e facilitare così il lavoro di sabotaggio della combattività operaia, si siano serviti della popolarità che ha Solidarnosc presso quegli stessi operai che devono inquadrare: il cinismo, la doppia faccia della borghesia, soprattutto quella di sinistra, non hanno limiti!

Anche in Polonia, questa offensiva borghese di indebolimento della classe operaia mondiale ha avuto come risultato:

- lo sviluppo del "sindacato indipendente" a detrimento delle più grandi conquiste dell'agosto ‘80: lo sciopero di massa, l'autorganizzazione delle lotte;

- lo sviluppo delle illusioni nazionaliste, democratiche ed autogestioniste promosse da questo sindacato, che hanno trovato alimento nella passività del proletariato degli altri paesi.

Contrariamente alle assurdità snocciolate da quelli che pensavano che in Polonia il proletariato stava radicalizzando la sua lotta e si apprestava a sferrare un attacco decisivo al capitalismo (persino la rivoluzione!), è di importanza fondamentale comprendere perchè si sia verificato questo indebolimento progressivo tra l'agosto ‘80 e il dicembre '81, malgrado le enormi riserve di combattività della classe operaia in Polonia, comprendere e mettere in evidenza perchè la borghesia ha aspettato circa un anno e mezzo per scatenare la repressione.  Si tratta di mostrare chiaramente che la repressione non è derivata da uno scavalcamento proletario della borghesia e del suo agente Solidarnosc, ma al contrario al fatto che di fronte all'offensiva di questi il proletariato si è trovato in POSIZIONE DI DEBOLEZZA.

E questa debolezza SI E' MANIFESTATA A LIVELLO MONDIALE.

LA SCONFITTA OPERAIA

Con l'instaurazione dello stato di guerra in Polonia, il proletariato ha subito una sconfitta: sarebbe illusorio e dannoso nasconderselo. Solo dei ciechi e degli incoscienti possono pretendere il contrario.

E' una sconfitta perchè, in questo paese, gli operai sono oggi imprigionati, deportati, costretti a lavorare con il fucile sulla schiena per un salario ancora più miserabile del precedente.  La loro resistenza allo stato d'assedio durata parecchie settimane, per quanto coraggiosa e determinata, era destinata alla sconfitta.

Le differenti forme di resistenza passiva saranno alla fine anch’esse vinte perchè non si basano più su estesi movimenti di massa, ma su una somma di operai ricondotti alla dispersione dalla repressione e dal terrore.

E' una sconfitta perchè in Polonia il proletariato si è lasciato smobilitare e ingannare dalle mistificazioni della borghesia e perchè la repressione che ha subito oggi non gli dà realmente i mezzi per trarre le lezioni dalla sua esperienza, per prendere coscienza della posta in gioco nelle sue lotte. Ciò soprattutto per il fatto che Solidarnosc, il nemico più pericoloso, non è affatto smascherato, ma ha assunto l'aureola di martire. E infine si tratta di una sconfitta perchè questo colpo di stato è arrivato al proletariato di tutti i paesi sotto forma di demoralizzazione e di vero disorientamento di fronte alle campagne sferrate dalla borghesia dopo il 13 dicembre.

Il proletariato mondiale ha subito questa sconfitta da quando il capitalismo, in modo concentrato, è riuscito ad isolare il proletariato polacco dal resto della classe e a chiuderlo ideologicamente nel quadro delle proprie frontiere di blocco (paesi "socialisti" dell'Est) e nazionali ("la Polonia è affare dei polacchi"); da quando è ' riuscito, grazie a tutti i mezzi di cui dispone, a fare degli operai degli altri paesi degli SPETTATORI inquieti certo, ma PASSIVI, a distoglierli dalla sola forma che può avere la solidarietà di classe: la generalizzazione delle lotte in tutti i paesi, mettendo avanti una schifosa caricatura di solidarietà: le manifestazioni sentimentali, le petizioni umanitarie e la carità cristiana con l'invio di pacchi per Natale.

LA MANCATA GENERALIZZAZIONE DELLA LOTTA OPERAIA E' IN SE' UNA DISFATTA. Questa è la prima e la più importante lezione degli avvenimenti polacchi. Il colpo del 13 dicembre, la sua preparazione e le sue conseguenze sono una vittoria della borghesia. Sono esempi dolorosi per il proletariato della efficacia della strategia della "sinistra all’opposizione" che il capitalismo sta sviluppando a livello mondiale.

Questo esempio dimostra ancora una volta che, nella decadenza del capitalismo, la borghesia non affronta il proletariato nello stesso modo del secolo scorso. Allora le disfatte inflitte al proletariato con repressioni sanguinose non consentivano alcuna ambiguità su chi era amico e nemico: come nei casi della Comune di Parigi o della rivoluzione del 1905 che, pur annunciando aspetti propri di questo secolo (sciopero di massa e consigli operai), conservava ancora caratteristiche proprie del secolo scorso (soprattutto rispetto ai metodi della borghesia). Oggi invece, la borghesia scatena la repressione solo dopo un'adeguata preparazione ideologica, nella quale la sinistra e i sindacati giocano un ruolo decisivo, e che è destinata sia ad indebolire la capacità di difesa del proletariato che ad impedirgli di trarre tutti gli insegnamenti necessari dalla repressione.

Il capitalismo non ha rinunciato e non rinuncerà mai alla repressione aperta e brutale contro il proletariato. E' la sua arma preferita nei paesi arretrati in cui il proletariato è meno concentrato. Ma il suo campo di azione non si limita a queste regioni. In generale questa è un'arma destinata a completare una sconfitta del proletariato, a dissuaderlo il più a lungo possibile dal riprendere la lotta, e "dare un esempio" al resto della classe operaia, demoralizzandola. E’ questa la funzione del colpo di stato del 13 dicembre '81 in Polonia.

Tuttavia, nelle grandi concentrazioni operaie, la arma essenziale della borghesia è l'arma ideologica. E' per questo che il proletariato deve guardarsi bene dall'accumulare sconfitte ideologiche come quella di oggi, che andranno a sbriciolare il potenziale di combattività dei suoi battaglioni decisivi e gli impediranno di ingaggiare lo scontro frontale contro il capitalismo.

QUALI PROSPETTIVE ?

Le lotte operaie dell'estate '80 in Polonia sono il primo assalto di un certo livello negli “anni della verità" contro la fortezza capitalista. Nonostante i loro protagonisti non ne siano coscienti, esse costituiscono un primo appello al proletariato mondiale. Confuso nel clamore della propagande borghese, questo appello alla generalizzazione della lotta è rimasto però senza risposta. Anzi, se ci riferiamo ad esempio alle statistiche sul numero di giorni di sciopero (che pur non potendo essere considerate come criterio assoluto indicano almeno una tendenza), gli anni '80 e '81 sono, dal 1968, tra quelli in cui la combattività operaia si è manifestata di meno. Attualmente, nelle grandi potenze capitalistiche come gli USA e la Germania Occidentale, la borghesia è capace di fare accettare agli operai, senza alcuna reazione da parte loro, peggioramenti significativi del livello di vita (vedi gli accordi nel settore automobilistico negli USA e nella metallurgia in Germania). Il "cordone sanitario" posto dalla borghesia mondiale attorno all’"appestato" proletariato polacco è stato efficace.  Relativamente disarcionata nell'agosto '80, la borghesia è riuscita con il tempo, ed in maniera netta, a superare vittoriosamente questo primo scontro.

Ma questo significa forse che il proletariato è già completamente battuto, che la borghesia ha sin da oggi le mani libere per imporre la sua soluzione alla crisi, la carneficina mondiale? Niente affatto. Per dura che sia, la sconfitta subita dal proletariato in Polonia in seguito alle sue lotte è solo parziale. Per le stesse ragioni per le quali il primo scontro degli "anni della verità" è scoppiato in questo paese (debolezze dell'economia e del regime) e che hanno permesso alla borghesia di isolare così facilmente le lotte (paese di secondo ordine, relativamente decentrato rispetto alle grandi concentrazioni industriali e proletarie), per queste stesse ragioni, le lotte in Polonia non erano decisive. La disfatta è parziale perchè lo scontro era parziale. La lotta è stata ingaggiata da un battaglione del proletariato mondiale in avanscoperta, mentre il grosso delle truppe, quelle delle enormi concentrazioni industriali di Occidente, in particolare in Germania, non è ancora entrato in battaglia. Proprio per impedire questo la borghesia occidentale ha sviluppato la sua campagna attuale, sotto la guida del direttore d'orchestra Reagan (non a caso si parla del "Reagan show"). Questa campagna è la continuazione di quella messa in piedi molto prima del colpo di stato del 13 dicembre e nei fatti lo ha reso possibile.

La sola differenza sta nel fatto che, prima di questa data, la campagna prendeva di mira sia gli operai d'Occidente sia quelli polacchi nella misura in cui questi ultimi restavano in prima linea negli scontri di classe, mentre ora la borghesia occidentale mira principalmente al proletariato del proprio blocco. Dopo aver messo a tacere il distaccamento più combattivo del proletariato mondiale, il capitale deve concentrare l'attacco ideologico in direzione dei battaglioni più importanti: quelli dai quali dipenderà l'esito della lotta.

E' in questo senso che non bisogna considerare queste campagne come diretti preparativi ideologici in vista della guerra imperialista. Certo, ciascun blocco non perde nessuna occasione per marcare dei punti a proprio favore in questo campo, dato che i conflitti tra i blocchi non scompaiono mai. E’chiaro inoltre che un'eventuale disfatta generale del proletariato significherebbe un nuovo olocausto imperialista. Tuttavia è importante sottolineare che l'obiettivo principale dell'attuale campagna è di prevenire ogni esplosione proletaria nelle principale metropoli del capitalismo, tentando di legare gli operai di questi paesi al carro dello Stato "democratico". L'utilizzazione del rigetto del "totalitarismo del blocco dell'Est" non ha nell'immediato la funzione di inquadrare la classe per la guerra contro l'altro blocco, ma di SMOBILITARE LE LOTTE OPERAIE, condizione prioritaria per questo inquadramento.

Come nelle campagne pacifiste la paura della guerra è sfruttata per distogliere il proletariato dal proprio terreno di classe, così nel "Reagan show" attuale la divisione tra blocchi o anche tra paesi è utilizzata per sbriciolare la combattività del proletariato e del suo fronte di lotta.  Rispetto a questo fronte, non assistiamo ad una divisione tra i settori della borghesia, ma ad una divisione del lavoro al loro interno.

Quali sono le possibilità di riuscita di questa campagna borghese ?

Anche se questa classe non ha ancora le mani libere per apportare la sua soluzione guerriera alla crisi, bisogna pensare che riuscirà comunque a mantenere la sua cappa di piombo ideologica fino ad annientare definitivamente la combattività operaia ?

Come abbiamo detto precedentemente, questo pericolo esiste. Ma è importante mettere in evidenza le carte vincenti di cui dispone oggi il proletariato e che distinguono la situazione presente da quella che esisteva alla vigilia del 1914 o negli anni 30, quando il rapporto di forze globale era in favore della borghesia. In questi due casi il proletariato era già stato direttamente battuto nelle grandi metropoli (in particolare in quelle dell'Europa Occidentale: Germania, Francia, Gran Bretagna), sia sul piano esclusivamente ideologico (alla vigilia del 1914 grazie al peso del riformismo ed al tradimento dei partiti socialisti) sia su entrambi i piani (dopo la terribile disfatta degli anni 20).

Non è questa la situazione attuale; infatti le generazioni operaie dei grandi centri industriali non hanno subito disfatte fisiche, le mistificazioni democratiche ed antifasciste non hanno più lo stesso impatto del passato, il mito della "patria socialista" è moribondo e, infine, i vecchi partiti operai passati al nemico capitalista, i PC e PS, hanno una capacità di inquadramento del proletariato molto inferiore rispetto a quando tradirono.

E' per tutte queste ragioni che le riserve di combattività del proletariato sono ancora praticamente intatte e, come abbiamo visto con la Polonia, enormi. Questa combattività non potrà essere controllata all'infinito dalla borghesia, malgrado tutte le campagne, manovre e mistificazioni dispiegate a livello internazionale.

Ma le mistificazioni grazie a cui la borghesia riesce ancora a impedire alla classe operaia mondiale di intraprendere uno scontro aperto sono destinate ad essere direttamente attaccate dall'aggravamento della crisi:

- il mito degli "Stati socialisti" che, a suo tempo, fu una delle armi migliori di inquadramento della classe operaia, vive oggi le sue ultime ore di fronte al tracollo economico di questi Stati, alla miseria crescente che si abbatte sulla classe operaia che vi vive e alle esplosioni sociali che ne derivano;

- l’idea che esistano "specificità nazionali" o di blocco, che ha permesso l’isolamento del proletariato in Polonia, sarà sempre più sconfitta nella pratica dal livellamento in basso della situazione economica di tutti i paesi come delle condizioni di vita di tutti i lavoratori; 

- l'illusione che accettando sacrifici si potrà evitare una situazione molto peggiore (illusione che ha condizionato gli operai americani o tedeschi quando hanno acconsentito a riduzioni di salario in cambio di un'ipotetica garanzia dell'impiego) non potrà resistere all'infinito all'aggravamento inesorabile di questa situazione;

- la fiducia nelle virtù di questa o quella medicina miracolo ("economia dell'offerta", nazionalizzazioni, autogestione, etc.) capace, se non di guarire (questa fase è ormai superata), almeno di impedire l'aggravamento della situazione economica, si scontra sempre più duramente con la realtà dei fatti.

Più in generale, tutti i pilastri ideologici del sistema attuale subiranno l'assalto del crollo economico:

- tutte le grandi frasi dei politicanti sulla "civilizzazione", la "democrazia", i "diritti dell’uomo", la "solidarietà nazionale, la “fraternità umana", la "sicurezza", 1’”avvenire della società" etc. appariranno sempre più per quello che sono: volgari buffonate, ciniche menzogne;

- a masse crescenti di proletari, comprese quelle dei paesi finora più prosperi, il sistema attuale svelerà la sua natura e diventerà sinonimo per loro di barbarie, terrore statale, egoismo, insicurezza e disperazione.

Malgrado e a causa delle terribili prove che l'aggravamento della crisi impone al proletariato, questa gioca a sua vantaggio. E' un punto a suo favore tanto più importante in quanto lo sviluppo della crisi attuale è ben più in grado di aprirgli gli occhi di quella del 1929.

In effetti, dopo la violenta caduta degli inizi degli anni 30, il capitalismo aveva dato per alcuni anni l'illusione di un ristabilimento grazie a massicci interventi statali e soprattutto allo sviluppo di un'economia di guerra. Questo ristabilimento momentaneo che si è compiuto nel 1938 ha consentito tuttavia di completare la smobilitazione del proletariato, già considerevolmente indebolito dalle sconfitte degli anni 20, e gettarlo, mani e piedi legati, nel secondo macello mondiale.

Oggi invece la borghesia ha esaurito tutte le risorse delle politiche neokeynesiane ed ha da decenni già sviluppato pienamente la sua economia di guerra. Nessuna illusione di ristabilimento può essere più offerta alla società: il carattere assolutamente inesorabile della crisi s'impone a tutti con forza, tanto che anche i più ferventi difensori accademici del capitalismo sono costretti a riconoscerlo. Dopo che il premio Nobel neokeynesiano Samuelson ha constatato amaramente nel 1977 "la crisi della scienza economica", il premio Nobel monetarista Friedman confessa nello stesso anno: "Non capisco cosa succede" (Newsweek).

Se la recessione del 1971 era stata seguita da una ripresa euforica durata fino al 1973, quella del 1974-75 ha lasciato il posto ad una ripresa evanescente, quella che comincia nel 1980 continua ancora, smentendo le previsioni su una "nuova ripresa”. Sono state esaurite tutte le medicine somministrate lungo gli anni 70 per ritardare le scadenze, che diventano oggi un aggravamento del male. Di fronte alla sovrapproduzione delle merci, le grandi potenze capitaliste hanno tentato di venderle usando e abusando del credito. Il risultato è notevole: tra il 71  e l'81, il debito totale del Terzo Mondo è passato da 86,6 a 524 miliardi di dollari, con un aumento di 118 miliardi nel 1981.  La maggior parte di questi paesi è nella condizione di insolvenza: nel paese del "miracolo", il Brasile, campione del mondo dell'indebitamento, su 100 dollari prestati solo 13 sono investiti produttivamente, gli altri 87 sono destinati a pagare gli interessi e gli ammortamenti dei debiti precedenti. Questo indebitamento del Terzo Mondo non è che una parte dell'indebitamento totale, che supera di molto i 1000 miliardi di dollari e grazie a cui il capitalismo ha cercato di evitare la crisi nel corso degli anni 70. La bancarotta del Terzo Mondo esprime quella di tutta l’economia mondiale.

Inutilmente i paesi dei centri del capitalismo hanno tentato per un decennio di sospingere gli effetti della crisi verso la periferia. Ora anche  il proletariato delle metropoli è colpito dalla crisi e sarà costretto, malgrado tutte le manovre della sinistra all’opposizione, a riprendere la lotta, come ha cominciato a fare quello dei paesi periferici (Brasile 78-79, Polonia 80-81). Questo proletariato non potrà essere isolato dalla borghesia con la stessa facilità di quello polacco. Allora ci saranno le condizioni per une reale generalizzazione mondiale delle lotte proletarie, di cui le lotte polacche hanno messo in evidenza la necessità ([2]) . Questa generalizzazione non è una tappa semplicemente quantitativa dello sviluppo della lotte de classe. Sarà invece un passo realmente QUALITATIVO del proletariato in quanto:

-         la generalizzazione permetterà di superare le illusioni veicolate tra gli operai dalla sinistra, consentendo di sconfiggere l’unità internazionale  della borghesia contro la lotta di classe;

-         essa sola creerà le condizioni per il rovesciamento dello Stato capitalista (contrariamente a quanto pensano alcuni, come il GCI, che ponevano già come compito degli operai polacchi di prendere le armi);

-         essa sola darà al proletariato coscienza della sua forza, del fatto che le sue lotte molteplici sono preparativi per la rivoluzione comunista, di cui “l’idea ridiventerà familiare per la classe, dopo mezzo secolo di eclisse”.

Proprio perchè la crisi colpisce ora in pieno le grandi metropoli capitaliste, questa generalizzazione diviene possibile. Il camino sarà lungo e difficile, comporterà ancora altre sconfitte, parziali ma dolorose. L’essenziale di questa lotta è davanti a noi; per molto tempo ancora, il proletariato si scontrerà ancora con i sabotaggi della sinistra e in particolare delle sue frazioni “radicali” come il sindacalismo di base”. Solo dopo essersi sbarazzato delle molteplici trappole della sinistra, il proletariato potrà attaccare frontalmente lo Stato capitalista in vista della sua distruzione. SI ANNUNCIA UNA LUNGA E DIFFICILE BATTAGLIA CHE IL PROLETARIATO, CON L’AIUTO DEL CROLLO DELL’ECONOMIA CAPITALISTA, PUO’ SENZ’ALTRO VINCERE.

12/03/82      FM


[1] Vedi in proposito il “Rapporto sul corso storico del III° Congresso della CCI”, nella Révue Internationale n. 18

[2] Vedi l’articolo “Le condizioni storiche della generalizzazione” su Rivoluzione  Internazionale n. 27 e 28

Geografiche: 

Storia del movimento operaio: 

Patrimonio della Sinistra Comunista: