La lotta degli studenti: una generazione alla ricerca di un futuro negato

Printer-friendly version

Le lotte degli studenti universitari, con un’interessante eco nel mondo dei ricercatori e dei precari nonché delle scuole superiori, sono tornate ancora una volta, fragorose e vivissime come sempre, a riempire le cronache delle ultime settimane, innescate dalla discussione in parlamento sul cosiddetto decreto Gelmini, ma alimentate nel profondo dalla ricerca di un futuro che è stato negato a tutta l’attuale generazione di giovani. Le ragioni della protesta sono profonde: il mondo dell’istruzione, da momento propulsivo per la crescita di tutta la società, è diventato in anni di crisi economica una palla al piede per il governo che cerca tutte le occasioni per ridurre i costi di gestione del settore. Così, nel mondo universitario:

  •  é passata la Legge 133/08, che prevede tagli per quasi 1.5 miliardi di euro al Fondo di Funzionamento Ordinario delle Università, da realizzarsi in 5 anni (2009-2013), con tagli già operati per gli anni 2009 e 2010 che hanno messo in ginocchio diecine di università italiane e a rischio gli stessi stipendi dei lavoratori, alimentando inoltre una vera e propria competizione tra i diversi atenei. Infatti le Università, per ricevere quegli stracci di finanziamenti residui da parte dello Stato, devono concorrere l’una contro l’altra in una sfida basata su criteri assolutamente aberranti che stanno portando alla degenerazione e al collasso dell’istruzione superiore. Ad esempio, vengono premiate le università dove risulta un maggior numero di promozioni al primo anno (che evidentemente incoraggia la promozione facile) o ancora quelle i cui laureati trovano più lavoro nei primi tre anni dalla laurea (leggi università del nord);
  • sono stati congelati gli scatti stipendiali per tutto il personale docente e tecnico-amministrativo per i prossimi 3 anni che, per un giovane assunto, fosse anche un ricercatore (che ha uno stipendio base di inizio carriera di circa 1.200 euro), significa essere fortemente penalizzati sulla carriera futura;
  • è stato ridotto ai minimi termini il turn-over del personale sia tecnico-amministrativo che docente, con la conseguenza che, chi è rimasto, deve fare il doppio o il triplo del lavoro con conseguenze prevedibili sulla qualità della didattica e della ricerca;
  • è stato quasi del tutto azzerato il diritto allo studio, essendo passato il relativo fondo ministeriale dai 246 milioni di euro nel 2009 a 99 milioni nel 2010 e successivamente a soli 76 milioni di € per il 2011. Ma l'ultima manovra finanziaria, approvata in Consiglio dei Ministri il 14 ottobre, ha ridotto a solo 25.731.000 € il fondo per il diritto allo studio per l'anno 2011/2012 e per il 2013 sono previste risorse per soli 12.939.000 €!!!
  • grazie alla “Gelmini”, è previsto il blocco di fatto della carriera dei ricercatori attuali, cioè quella categoria di lavoratori che ha finora assicurato una parte significativa del lavoro globale svolto in un ateneo, istituendo nuove figure di ricercatori … a tempo definito, cioè precari per definizione;
  • ed ancora è previsto l’ingresso del 40% di privati nei consigli di amministrazione, che sarà da una parte una giustificazione per lo Stato a ritirarsi in buon ordine e a deresponsabilizzarsi nel prossimo futuro delle università, dall’altra una maniera per selezionare alcune singole sedi di élite per perseguire specifiche esigenze imprenditoriali e lasciare il resto all’abbandono più completo.

Come si vede, è tutto il sistema universitario che si sta mettendo in discussione e che scricchiola in maniera sempre più inquietante. Ed è altrettanto chiaro che gli studenti, che vivono sul piano sociale la crisi economica nelle loro famiglie e la crisi dell’istituzione universitaria nella loro vita quotidiana, sono fortemente angosciati da questa situazione sociale che non dà loro alcuna garanzia per il futuro. La loro lotta è perciò, come detto, per rivendicare un futuro che si vedono negato. Da questo punto di vista, come era già avvenuto per le lotte del 2008, queste lotte non hanno nulla di studentesco né sono i capricci di figli di papà che una volta erano i soli utenti degli studi superiori, ma esprimono viceversa la lotta di una generazione che non vuole essere emarginata, che reagisce al vuoto di prospettive di una società in crisi.

D’altra parte non è solo in Italia e solo ora che sorgono movimenti di questo tipo. Le lotte contro il contratto di primo impiego degli studenti francesi nel 2006[1], e poi quelle dell’Onda in Italia nel 2008[2], e successivamente in Germania[3], in Grecia, Spagna[4], fino alle recenti lotte in Irlanda[5] e Gran Bretagna[6] (dove la causa scatenante è stata l’aumento vertiginoso delle tasse universitarie: in Irlanda da 1500 a 2500 euro e in Gran Bretagna da 3000 a 9000 sterline!) sono tutte espressione di questo malessere sociale di una componente a pieno titolo proletaria. E che la natura del movimento sia proletaria si vede anche dalle manifestazioni di solidarietà che sono state espresse nel percorso di questo movimento, a partire da quella dei lavoratori e precari dell’università, che spesso si sono uniti alle stesse assemblee degli studenti, a quella dei precari della scuola, che l’hanno espressa per iscritto e nelle piazze, fino alla più recente manifestazione di solidarietà espressa dai lavoratori del S. Carlo nei confronti degli studenti napoletani caricati dalla polizia all’interno dello stesso teatro:

Arrivati all'ingresso del teatro gli studenti hanno parlato con i lavoratori per chiedere di poter entrare per esporre uno striscione e per raccogliere la loro solidarietà: i tagli che ha subito l’Università rispondono alla stessa logica di quelli effettuati a tutto il settore culturale!” Ma, “incassata la solidarietà dei lavoratori (gli attori avevano addirittura fermato le prove per discutere assieme dei tagli alla cultura e all'università), la celere ha fatto irruzione nel teatro.[7] Ma l’aspetto più importante è che le forze della repressione non sono riuscite a spezzare quella solidarietà che si stava costruendo attraverso il dibattito improvvisato, e che si è espresso sia in uno specifico comunicato da parte dei lavoratori del S. Carlo (I lavoratori del san Carlo e gli studenti tutti, che hanno partecipato alla manifestazione, DENUNCIANO CON FORZA, l'atto di violenza gratuita delle forze dell'ordine e chiedono il rilascio immediato dei ragazzi fermati di cui ad ora non si hanno notizie)[8] che attraverso delle prese di posizione personali. D’altra parte lo stesso movimento degli studenti, oltre a far giungere attestati di solidarietà nei confronti delle contestazioni di cui si stanno rendendo protagonisti gli universitari del Regno Unito, ha promosso svariate iniziative per rompere l’isolamento mediatico sulle lotte, utilizzando una politica nuova, quella dei flash mob[9], attraverso cui sono stati esposti striscioni sui principali monumenti di tutta Italia e, attraverso gli studenti Erasmus, anche in Europa.

Naturalmente non mancano le debolezze in questo movimento, come ad esempio una eccessiva polarizzazione sulle tematiche della riforma Gelmini, che si giustifica almeno per il fatto che è proprio adesso che questa è in discussione in parlamento, o ancora un certo atteggiamento naif nei confronti della sinistra, del sindacato e della FIOM in particolare, che passa attualmente in alcune parti del movimento come una struttura credibile. O ancora - ma non gliene possiamo fare una colpa - il fatto che non si è realizzato l’incontro tra le lotte degli studenti e quelle dei lavoratori, mancando in questo momento una dinamica di lotte aperte e di massa nei luoghi di lavoro. Ma, al di là di qualsivoglia debolezza possa essere presente in questo movimento, occorre guardarsi da posizioni come quella espressa da un giornalista[10] che fa un paragone tra il movimento studentesco del '68 e quello attuale, considerando il movimento del ‘68 come un movimento “rivoluzionario”, mentre quello attuale sarebbe solo un movimento riformatore, che riuscirà nel suo obiettivo proprio perché gli studenti oggi “non vogliono tutto”, ma solo “un cambio di marcia”. Ora, con tutti i meriti che possiamo attribuire alla generazione del ‘68, ed in particolare quella di aver interrotto con il prorompere nelle lotte di quegli anni la lunga controrivoluzione seguita alla sconfitta dell’ondata rivoluzionaria degli anni ’20, nonostante un lessico rivoluzionario e il continuo riferimento ai classici del marxismo, questa generazione non era pronta per la rivoluzione per il semplice motivo che questa era ancora confusa dal boom economico da cui proveniva e non aveva ancora maturato la necessità di un evento rivoluzionario. Viceversa la generazione attuale, nonostante le sue debolezze, è materialmente costretta a fare i conti con la realtà della crisi economica e dunque del sistema in cui vive, ponendosi il problema della necessità di un cambio storico nel sistema. Come abbiamo già detto, mentre “alla fine degli anni ’60, l’idea che la rivoluzione fosse possibile poteva essere relativamente diffusa, ma non quella della sua necessità. Oggi, al contrario, l’idea che la rivoluzione sia necessaria ha un impatto non trascurabile, ma non altrettanto quella della sua possibilità”. Ma la crisi e lo sviluppo delle lotte a livello internazionale stanno lavorando pazientemente a favore della causa del proletariato.

Ezechiele, 8 dicembre 2010

 
[5] Vedi Scontri a Dublino tra polizia e studenti, su studiolavoro.irlandaonline.com/scontri-dublino-tra-polizia-studenti.

[9] Dall’inglese flash: breve esperienza o in un lampo, e mob: folla: indica un gruppo di persone che si riunisce all’improvviso in uno spazio pubblico, mette in pratica un’azione insolita generalmente per un breve periodo di tempo per poi successivamente disperdersi. Il raduno viene generalmente organizzato attraverso comunicazioni via internet o tramite telefoni cellulari (da Wikipedia).

Patrimonio della Sinistra Comunista: