Dietro la bomba di Brindisi c’è tutta la barbarie di questo sistema in agonia

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La bomba alla scuola di Brindisi rappresenta un nuovo esempio della barbarie in cui sta sprofondando questa società: una ragazza di sedici anni uccisa mentre entra a scuola, altre cinque ferite, senza nessun motivo apparente. A due settimane dallo scoppio restano ancora in piedi tutte le ipotesi avanzate dagli investigatori: il gesto di un folle che avesse qualche motivo di rancore verso la scuola, la mafia per lanciare un qualche messaggio allo Stato[1], uno scontro interno alle diverse fazioni mafiose, il terrorismo politico[2]; a queste ipotesi ne aggiungiamo una noi: l’intervento di quelle forze cosiddette “oscure”, che negli anni ’70 hanno dato luogo a una serie di stragi che sono passate sotto il termine di “strategia della tensione”[3]; il clima sociale che stiamo vivendo, anche se non mostra le stesse mobilitazioni di massa, può ben lasciar pensare a una riedizione di quella strategia.

Se le responsabilità sono ancora tutte da verificare, e chissà se saranno mai accertate, quello che invece sembra da subito chiaro è l’uso di questo attentato che lo Stato ha deciso di fare. Subito dopo lo scoppio, a partire da un video che ritrae un uomo che preme un telecomando, il procuratore di Brindisi avanzava l’interpretazione che si trattasse di un gesto isolato di una personalità distorta che aveva qualche motivo per avercela con il mondo, e sulla base di questa ipotesi il quotidiano Repubblica di lunedì 21 pubblicava tutto un articolo per spiegare che i motivi del gesto erano legati alla scuola. Contemporaneamente però il procuratore antimafia di Lecce e quello nazionale cominciavano a parlare di gesto terroristico con finalità stragiste, e questo a prescindere dal fatto che il gesto “provenga dalla mafia, o da un folle isolato o da un’organizzazione eversiva” (parole del procuratore nazionale antimafia Grasso). Insomma sin dal primo momento gli organi dello Stato ai più alti livelli hanno imposto che la bomba di Brindisi venisse etichettata come atto di terrorismo, e questo a prescindere dalle responsabilità precise. Pochi giorni dopo, l’inchiesta è stata tolta al procuratore di Brindisi e affidata alla procura antimafia di Lecce, a conferma che bisognava continuare sulla strada della strage terroristica. Dietro questa generica definizione ci si può mettere quello che si vuole, ma quello che è chiaro è che con questa caratterizzazione si vuole creare un clima di paura, un clima in cui anche i semplici cittadini si sentano in pericolo, in qualsiasi luogo e senza motivo apparente, come è stato per la scuola di Brindisi. Creato questo clima[4], da un lato si spingono i settori più deboli della popolazione[5] a stringersi intorno allo Stato, dall’altro si può cominciare ad additare il nemico pubblico nel terrorismo, mescolando in questo termine le vicende più diverse: il gesto di un folle, le stragi di mafia, gli atti dimostrativi del terrorismo politico …, fino agli scontri di piazza.

Gli interventi che vanno in questo senso si susseguono con ritmo crescente: dapprima Monti ha detto che il pericolo principale era il terrorismo, e questo a partire dal semplice agguato al dirigente Ansaldo gambizzato dai sedicenti anarchici della FAI (Federazione Anarchica Informale, raggruppamento di cui si sa molto poco), poi si è aggiunto il capo della polizia Manganelli a lanciare lo stesso allarme, con i giornali borghesi pronti a raccogliere il segnale: “Ma come se non bastasse il terrorismo anarchico, anche le proteste violente (Napoli) contro Equitalia, oltre che i pacchi esplosivi, è poi arrivato l’attentato di Brindisi, la morte di Melissa.” (La Stampa, 26/5/2012), e la settimana precedente il TG3 (sì, quello dell’estrema sinistra) in un servizio dedicato alla gambizzazione del dirigente Ansaldo mostrava … le immagini degli scontri di Napoli davanti alla sede di Equitalia![6]

Così il cerchio si chiude! Per quelli che non accettano di schierarsi dietro lo Stato, è pronta l’etichetta di terrorista, e perché no, anche di stragista, visto che tutto viene messo sullo stesso piano.

Non ci si deve meravigliare di questo uso cinico della morte di una ragazzina[7]: un sistema in piena crisi economica, sociale e politica, non arretra di fronte a nessuna nefandezza pur di sopravvivere; un sistema che non esita a bombardare civili inermi, come in Iraq e in Afganistan, chiamando questi interventi “missioni di pace” o di ristabilimento della democrazia, un sistema in cui leader affermati e rispettati nel resto del mondo non esitano a bombardare le loro stesse popolazioni per difendere il loro potere, un sistema ridotto così non ha nessun rispetto né per le vite umane, né per le sofferenze delle persone che vedono distrutte le loro vite, che sia per la crisi o per la morte dei propri cari. Un sistema così è già la barbarie dispiegata, e in un sistema così non ci si deve meravigliare nemmeno che una ragazzina possa morire senza motivo, mentre entra a scuola.

Helios, 02/06/2012



[1] Nel 1993-94 la mafia fece scoppiare bombe a Roma e a Firenze, con morti e feriti tra i passanti. Le indagini più recenti affermano che era in atto una trattativa tra mafia e Stato, su quali fossero i limiti della prima che il secondo avrebbe sopportato, e che perciò la mafia, con le bombe, cercava di spingere il braccio di ferro dalla propria parte. In realtà la questione era un po’ più complessa perché il braccio di ferro era tra diverse frazioni della borghesia, con la mafia che appoggiava l’una piuttosto che l’altra, e quindi gli attentati facevano parte di questa guerra tra gang borghesi. Vedere in proposito gli articoli: Attentati di mafia: I regolamenti di conti tra capitalisti, su Rivoluzione Internazionale n°77 di ottobre 1992, e “Bombe di Roma e Firenze: nessuna solidarietà con lo Stato borghese”, su Rivoluzione Internazionale n°81 di giugno 1993.

[2] Repubblica di lunedì 21 maggio faceva generici riferimenti ad una possibile responsabilità di “anarchici greci” nella strage. Checché se ne pensi degli anarchici greci, che interesse potrebbero avere a fare strage di ragazzine innocenti? Ma quando si tratta di spargere veleno la logica se ne va a farsi benedire.

[3] La strategia della tensione fu il clima creato contro le lotte di lavoratori e studenti di fine anni sessanta, inizio anni settanta, un clima creato con bombe e stragi (Piazza Fontana, Milano 1969, Piazza della Loggia, Brescia 1974, Stazione di Bologna 1980, …) di cui non sono mai stati trovati dei responsabili certi… Nelle indagini su queste stragi, si è spesso parlato di “forze oscure” che avrebbero manovrato gli esecutori di queste stragi, in genere settori di servizi segreti, definiti per comodo “settori deviati”.

[4] A meno di una settimana dalla bomba di Brindisi alla preside di un liceo romano è arrivato un sms che minacciava un attentato anche lì. Che si sia trattato del gesto sconsiderato di qualche irresponsabile o di apparati dello Stato che hanno il compito di alimentare questo clima di paura, il dato di fatto è che questo clima si sta sviluppando.

[5] Cioè quei settori più suscettibili di essere influenzati dalla propaganda borghese: piccola borghesia, quelli che vedono solo la televisione e non hanno la possibilità di confrontarsi in una riflessione più approfondita, e così via.

[6] En passant va detto che quelli di Napoli non sono stati nemmeno dei veri scontri, ma una semplice violenza della polizia contro dei lanci di uova e scritte sulle mura.

[7] Poiché non ci piace lanciarci in speculazioni, ci limitiamo a parlare di uso, ma niente esclude che lo zampino dello Stato possa esserci stato fin dall’inizio.

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