Di fronte agli attacchi brutali contro i lavoratori lo scontro con la borghesia è inevitabile

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Quale che sia il nome dato alla violenza degli attacchi che a vagonate ci sta scaricando addosso il governo: riforme, politica del rigore o programmi d’austerità, il taglio è netto! Quale che sia il modo in cui si subisce la pressione dello sfruttamento capitalista, che sia da operaio di una grande fabbrica o di una piccola impresa, che sia da cassa integrato o con un’occupazione parziale, che sia da precario, da lavoratore dei servizi, impiegato, ingegnere, quadro, studente, disoccupato, pensionato…, tutti siamo presi alla gola.

La borghesia ci ha dichiarato una vera e propria guerra!

Se gli effetti dell’attacco sulle pensioni iniziano a farsi sentire già adesso, nei prossimi anni questi peseranno molto di più sulle nuove generazioni di proletari. Sicuramente già oggi tutti i proletari avvertono l’ampiezza e la profondità degli attacchi che sui vari piani vengono portati avanti simultaneamente.

I budget sociali sono ridotti all’osso ed i rispettivi servizi sono in piena rovina. La non sostituzione di chi va in pensione sta sfociando in una situazione da incubo o da catastrofe in particolare nel settore sanitario e dell’istruzione. La chiusura di strutture ospedaliere e di intere classi nelle scuole, in nome dell’economia da realizzare sul budget, prendono una piega sempre più drammatica. In sempre più imprese si esercita un ricatto sul licenziamento per far accettare una diminuzione dei salari o condizioni di lavoro sempre peggiori, come alla Fiat recentemente o alla General Motors di Strasburgo in Francia dove i salari sono stati ridotti del 10%. E le molteplici esperienze di questi ultimi anni mostrano che questi “sacrifici” non servono a niente: le carrettate di licenziamenti riprenderanno alla grande dopo qualche mese.

Le condizioni draconiane imposte ai disoccupati, che li sottomettono alla minaccia costante di essere cancellati delle liste di collocamento, diventano sempre più insopportabili. Chi non ha lavoro viene brutalmente isolato da ogni vita sociale, immerso nella miseria e l’inoperosità. Nel settore pubblico come nel privato, il sovraccarico per quelli che restano al lavoro è tale che non ne possono più. La sofferenza ed i suicidi per il lavoro sono diventati un fenomeno sociale sempre più diffuso. Un numero crescente di lavoratori dipendenti e di famiglie si trovano in “situazione di emergenza” non solo finanziaria ma anche fisiologica e psicologica. Il deterioramento delle condizioni di vita è accentuato dagli aumenti a ripetizione dei prezzi del gas, dell’elettricità, del combustibile, dell’affitto, dai nuovi aumenti di tariffe dei trasporti pubblici mentre, nei negozi, ciascuno può constatare l’altalena dell’aumento dei prodotti alimentari di prima necessità. Le cure mediche vengono rimborsate sempre meno mentre i contributi per la sanità schizzano in alto, così come le assicurazioni.

Finanche la caccia agli “evasori” fiscali, decretata come priorità dal governo, chi colpisce in massima parte? I milionari che possono disporre di ogni mezzo, più o meno “legale”, per mettere al sicuro i loro capitali o chi è costretto a pagare multe esorbitanti rispetto alle proprie misere entrate perché magari ha sbagliato a compilare la dichiarazione dei redditi?

Ormai è nel quotidiano che dobbiamo porci il problema di come nutrirci, avere un tetto, curarci, vestirci in modo decente, anche chi fino a pochi anni fa poteva ritenersi relativamente “tranquillo”.

Ed i giovani stanno ancora peggio: farsi una vita propria, avere di che vivere, pensare di avere dei figli, insomma avere una prospettiva davanti, tutto diventa estremamente difficile e vago, potendo contare solo sul quel poco di aiuto che la propria famiglia riesce ancora a darti.

Tocca a noi ingaggiare frontalmente la lotta!

L’aumento della rabbia e della indignazione è alimentato da una sensazione profonda d’ingiustizia. La borghesia dispiega senza sosta un’arroganza incredibile. Siamo costretti ogni giorno a sentire di sperperi del denaro pubblico, di imbrogli, clientele, intrecci dell’apparato politico ed imprenditoriale con la malavita, di corruzioni. Abbiamo dovuto assistere al fatto che anche di fronte alla sofferenza di intere popolazioni (per i rifiuti, il terremoto, le maree di fango, ecc) l’unico interesse è stato ed è ancora il lucro. Tutto questo da parte di chi (e non si tratta certo solo di un Berlusconi, ma di tutta l’apparato politico) al tempo stesso, con una ipocrisia mai vista, non solo ci viene a parlare di moralità e spirito di sacrificio, ma ci riduce ad una vita sempre più misera, da tutti i punti di vista. Da parte di chi a quelli che perdono il posto di lavoro, alle migliaia di precari della scuola che si troveranno a spasso, a quelli che non vengono pagati per mesi perché la sanità non ha soldi, sanno solo dire “abbiate pazienza, c’è la crisi!”. E quando hanno fatto qualcosa è stato dare la caccia all’immigrato, come a Milano con gli autobus blindati, o respingere i profughi, destinandoli ad una sorte atroce perché non sapevano che farsene, e adesso come in Francia si passa ai rom, non senza averne fatto di tutti loro il capro espiatorio della delinquenza dilagante, dell’insicurezza sociale, ecc.

Tutto questo ha certamente gettato un discredito importante sullo Stato ed il suo governo, ma non bisogna farsi illusioni. Un cambio di gestione, magari andando di nuovo a votare, non cambierà in niente la situazione e non impedirà nuovi attacchi. Ne è una prova il fatto che la politica del rigore viene adottata dappertutto tanto da governi di sinistra che da governi di destra. Le misure prese vanno dappertutto nella stessa direzione. In tutti i paesi i proletari sono confrontati ad attacchi simili ed ovunque sono di fronte alle stesse prospettive di condizioni di vita ancora più misere. In Grecia e in Spagna sono i governi di sinistra e social-democratici che, oltre all’attacco sulle pensioni, hanno appena imposto una brutale riduzione dei salari dal 10 al 20% a tutti i proletari. È questo che ci aspetta e che mostra il futuro che ci è riservato ovunque. E non è necessario essere indovini per sapere che sarà sempre peggio.

Non è perché abbiamo a che fare con dei poco di buono o gente marcia che la borghesia ci fa pagare a così caro prezzo la sua crisi, ma perché il sistema capitalista è in pieno fallimento su scala mondiale.

Il capitalismo non ci darà mai un governo più sociale o più equo. In Spagna, è stato il governo “socialista” di Zapatero che, di concerto con la destra, ha lanciato a fine giugno ed inizio luglio una grande campagna ideologica diffamatoria per screditare ed isolare il coraggioso sciopero dei lavoratori della metropolitana di Madrid in lotta contro la riduzione del 5% del salario[1].

La classe operaia sarà sempre più spinta a difendersi e del resto sta già iniziando a farlo[2]. In questa difesa non può evitare lo scontro con la classe dominante ed il suo sistema.

I proletari in Italia non sono soli!

La classe operaia in Italia deve prendere coscienza che non è sola ad affrontare questa realtà terribile, che in tutti i paesi, come classe, è spinta a fare la stessa lotta contro gli stessi attacchi. Dalla Cina a Panama, passando per il Bangladesh ed il Kashmir[3], la classe operaia sta mostrando di essere capace di sviluppare, in maniera massiccia e con determinazione, la sua lotta di classe contro classe su scala mondiale. Non c’è altra prospettiva che scendere in massa in lotta per difendersi, altrimenti il peggioramento delle nostre condizioni di vita è certo. Entrare in lotta in massa significa lottare insieme ed in modo determinato per realizzare la maggior estensione e unità possibile nella lotta. Solo un’ampia mobilitazione di fronte agli stessi attacchi è capace di far arretrare la borghesia. Ed anche se questa ritornerà inevitabilmente alla carica, questo è il solo modo per impedire ulteriori attacchi ancora peggiori. Ricordiamo ad esempio come, nel 2006 in Francia, i giovani studenti, in quanto futuri precari, sono riusciti ad imporre al governo Villepin il ritiro del Contratto di Primo Impiego[4].

Non è attraverso il susseguirsi di giornate di sciopero episodiche e sterili proposte dal sindacato che potremo fare questo.

Non è mettendoci nelle mani dei sindacati, questi specialisti del sabotaggio delle lotte e della divisione tra i lavoratori, che potremo stabilire un rapporto di forza rispetto alla classe dominante, ma prendendo noi stessi collettivamente l’iniziativa delle lotte, chiamando in prima persona DAPPERTUTTO a delle assemblee generali aperte a TUTTI i lavoratori, senza l’esclusiva di corporazioni o di settori, ai disoccupati, ai pensionati, agli studenti. E potremo farlo mantenendo il controllo di queste lotte nelle nostre mani attraverso il controllo permanente delle assemblee generali ed eleggendo delegati revocabili in qualsiasi momento.

Non c’è altra via possibile per imporre il nostro rifiuto ad un futuro che trascina l’umanità alla sua perdita e per costruire un altro futuro.

W./Eva, 26 settembre