Tensioni Imperialiste: il terrorismo conduce gli operai nelle braccia dello Stato

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Nel settembre del 1867, un gruppo di Feniani (nazionalisti irlandesi), membri dell’Irish Republican Brotherhood (Fratellanza repubblicana irlandese), fece saltare il muro della prigione di Clerkenwell a Londra per cercare di liberare un membro dell’organizzazione. L’esplosione, che non consentì del resto di liberare il prigioniero, causò il crollo di un vicino caseggiato operaio, uccidendo 12 persone e ferendo più di un centinaio di residenti.  A quell’epoca, Karl Marx e altri rivoluzionari sostenevano la causa dell’indipendenza irlandese, in particolare perché la consideravano come una condizione essenziale per spezzare i legami tra la classe operaia in Gran Bretagna e la propria classe dirigente, che usava allora la sua dominazione sull’Irlanda per creare tra i lavoratori inglesi l’illusione di essere dei privilegiati, e anche per separarli dai loro fratelli e sorelle di classe irlandesi.

Tuttavia, Marx ha reagito con collera all’azione dei Feniani. In una lettera a Engels scriveva:

L’ultima impresa dei Feniani a Clerkenwell è una cosa del tutto stupida. Le masse londinesi, che hanno dimostrato una grande simpatia per la causa irlandese, ne saranno furiose, e ciò le condurrà direttamente nelle braccia del partito al governo. Non ci si può aspettare che i proletari di Londra accettino di farsi massacrare a beneficio degli emissari feniani. Le segrete cospirazioni melodrammatiche di tale genere sono, in generale, più o meno destinate al fallimento [1].

La collera di Marx era tanto maggiore in quanto, poco tempo prima dell’esplosione di Clerkenwell, parecchi operai inglesi avevano partecipato a manifestazioni di solidarietà con cinque Feniani giustiziati dal governo britannico in Irlanda.

In questa breve citazione di Marx c’è un riassunto pertinente di due dei principali motivi per i quali i comunisti hanno sempre rigettato il terrorismo: il fatto che sostituisce l’azione di massa e autorganizzata della classe operaia con delle cospirazioni di piccole pretese élite; e il fatto che, per di più, quali che siano le intenzioni di coloro che compiono tali atti, il loro unico risultato è di consegnare l’indipendenza della classe operaia nelle mani del governo e della classe dirigente.

Il terrorismo ieri e oggi

Molte cose sono cambiate da quando Marx ha scritto queste parole. Il sostegno ai movimenti di indipendenza nazionale, che aveva un senso in un’epoca in cui il capitalismo non aveva ancora esaurito il suo ruolo progressista, si è, a partire dalla Prima guerra mondiale, inestricabilmente trasformato nel sostegno di un campo imperialista contro un altro. Per Marx il terrorismo era un metodo sbagliato usato da un movimento nazionale che meritava di essere sostenuto. Nella nostra epoca, quando solo la rivoluzione proletaria può offrire una via da seguire per l’umanità, i movimenti nazionali sono diventati essi stessi reazionari. Legate agli interminabili conflitti imperialisti che affliggono l’umanità, le tattiche terroristiche riflettono sempre più il deterioramento brutale che caratterizza la guerra oggi. Mentre una volta i gruppi terroristici prendevano di mira principalmente simboli e figure della classe dirigente (come il gruppo russo Volontà del Popolo che assassinò lo zar Alessandro II nel 1881), la maggior parte dei terroristi di oggi riflettono la logica degli Stati che conducono la guerra imperialista utilizzando gli attentati e gli omicidi  indiscriminati (come i bombardamenti aerei di intere popolazioni), colpendo una popolazione che è accusata dei crimini dei governi che li dirigono.

Secondo gli pseudo-rivoluzionari di sinistra di oggi[2], dietro gli slogan religiosi dei terroristi di Al Qaida o dello Stato Islamico, assisteremmo alla stessa vecchia lotta contro l’oppressione nazionale di quella che i Feniani avevano ingaggiato nel passato, e i marxisti dovrebbero sostenere oggi tali movimenti, anche se è necessario prendere le distanze dalla loro ideologia religiosa e dai loro metodi terroristici. Ma come Lenin aveva dichiarato rispondendo ai socialdemocratici che hanno usato gli scritti di Marx per giustificare la loro partecipazione alla Prima guerra mondiale imperialista: “Chi si richiama adesso all'atteggiamento di Marx verso le guerre del periodo progressivo della borghesia e dimentica le parole di Marx: "gli operai non hanno patria" - parole che si riferiscono precisamente all'epoca della borghesia reazionaria, superata, all'epoca della rivoluzione socialista - deforma spudoratamente Marx e sostituisce al punto di vista socialista il punto di vista borghese”[3]. I mezzi cruenti che utilizzano dei gruppi come l’ISIS e i loro simpatizzanti sono appieno compatibili con i loro obiettivi; questi non consistono nel far cadere l’oppressione, ma nel sostituire una forma di oppressione con un’altra, e cercare di “vincere” a qualunque costo la battaglia orribile che oppone un insieme di potenze imperialiste a un altro che li sostiene (come l’Arabia Saudita o il Qatar, ad esempio). E il loro “ultimo” ideale (il califfato mondiale) anche se è irrealizzabile quanto il “Reich di 1000 anni” di Hitler, è comunque un’impresa imperialista, che richiede misure ben sperimentate di rapina e di conquista.

Divisioni reali e falsa unità

Marx aveva sottolineato che l’azione dei Feniani a Londra avrebbe portato a una rottura tra il movimento operaio in Gran Bretagna e la lotta per l’indipendenza irlandese. Questa avrebbe creato tra i lavoratori inglesi e irlandesi delle divisioni da cui avrebbe tratto vantaggi la sola classe dirigente. Oggi i terroristi islamici non nascondono il fatto che il loro obiettivo è precisamente creare divisioni attraverso le atrocità che praticano: la maggior parte delle azioni iniziali dell’ISIS in Iraq hanno avuto come bersaglio la popolazione musulmana sciita, che considerano eretica, con lo scopo di provocare settarismo e guerra civile. La stessa logica è dietro gli attentati terroristici di Londra o di Manchester: rafforzare il divario tra i musulmani e i non-credenti, i kefir (coloro che rigettano l’Islam) e dunque accelerare lo scoppio della jihad nei paesi centrali. È una testimonianza ulteriore che persino il terrorismo può degenerare in una società che si sta decomponendo.

Oltre all’estrema destra apertamente razzista che, come i jiahdisti, sostiene una sorta di “guerra razziale” nelle strade, la principale reazione dei governi e dei politici agli attentati terroristici in Europa consiste nel brandire la bandiera nazionale e proclamare che “i terroristi non ci divideranno”. Parlano anche di solidarietà e di unità contro l’odio e la divisione. Ma dal punto di vista della classe operaia si tratta di una falsa solidarietà, lo stesso tipo di solidarietà con i nostri sfruttatori che stabiliscono un legame tra i lavoratori e gli sforzi patriottici di guerra dello Stato imperialista. E, in effetti, tali appelli all’ “unità nazionale” sono spesso un preludio alla mobilitazione per la guerra, come avvenne dopo la distruzione delle Twin Towers a New York nel 2001, con l’invasione americana dell’Afghanistan e dell’Iraq. È di questo che Marx aveva parlato evocando i lavoratori spinti nelle braccia del partito di governo. In un’atmosfera di paura e di insicurezza, quando si è di fronte alla prospettiva di stragi imprevedibili nelle strade, nei bar, nelle discoteche, la risposta comprensibile di quelli che sono minacciati da tali attacchi è di esigere la protezione dello Stato e delle sue forze di polizia. In seguito alle recenti atrocità a Manchester e a Londra, la questione della sicurezza è stata di primaria importanza durante la recente campagna elettorale del Regno Unito, i conservatori sospettando il laburista Corbyn di essere troppo lassista di fronte al terrorismo, e Corbyn accusando May di ridurre il numero di poliziotti.

Di fronte ai terroristi da un lato e allo Stato capitalista dall’altro, la posizione proletaria è di rifiutare entrambi, di battersi per gli interessi della classe operaia e per le sue esigenze. La classe operaia ha un profondo bisogno di organizzarsi in maniera indipendente, di organizzare la sua difesa contro la repressione dello Stato e le provocazioni terroriste. Ma, tenuto conto dell’attuale debolezza della classe operaia oggi, questa necessità resta in prospettiva. Esiste una tendenza di molti lavoratori a non vedere altra alternativa che ricercare la protezione dello Stato, mentre un piccolo numero di proletari tra i più svantaggiati possono essere attratti dall’ideologia putrefatta dello jihadismo. E queste due tendenze compromettono attivamente il potenziale della classe operaia a prendere coscienza di se stessa e ad aut organizzarsi. In tal modo, ogni attacco terroristico e ogni campagna di “solidarietà” sponsorizzata dallo Stato in risposta a questo devono essere considerati come colpi contro la coscienza di classe e, infine, come colpi contro la prospettiva di una società fondata su una vera solidarietà umana.

Amos, 12 giugno 2017

 


[1] Estratto da K. Marx e F. Engels. Ireland and the Irish question (in inglese). Mosca, 1971, p. 150

[2] Vedere ad esempio :www.marxists.org/history/etol/writers/jenkins/2006/xx/terrorism.html, estratto dal giornale International Socialism, del gruppo trotzkista inglese SWP, primavera 2006.

[3] Lenin, Il socialismo e la guerra, 1915.

Questioni teoriche: