Italia: il cinismo della borghesia sul dramma dell’immigrazione e le debolezze del proletariato a riconoscerlo come un suo problema

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1. La dimensione del fenomeno

L’immigrazione è un fenomeno che ha accompagnato la storia del capitalismo dalle sue origini: da sempre il proletariato è stato una classe di migranti[1]. Ma, negli ultimi anni, questa ha conosciuto un’accelerazione, in parte come conseguenza dell’acutizzazione della crisi economica, ma soprattutto a causa delle guerre: in Siria, in Iraq, nei differenti paesi dell’Africa, in Afghanistan, ecc.

A differenza delle precedenti ondate di migrazione di massa del secolo scorso, provocate anch’esse dalla miseria o da situazioni di guerra, ma dove la grande maggioranza dei migranti si integrava, più o meno rapidamente, nel paese che l’accoglieva, oggi avviene il contrario: la grande maggioranza dei migranti non possono più essere integrati, e vengono o respinti o raggruppati in campi di concentramento in cui vivono (ma sarebbe meglio dire sopravvivono) in condizioni penose e da cui cercano di fuggire dandosi a una esistenza di clandestinità (e a volte di vera illegalità).

La migrazione di massa di persone che fuggono dalla morte (poco importa se per la fame o la guerra) è dunque uno dei segni maggiori dell’avanzare di quel processo di sfaldamento della società che è in atto nella società, particolarmente dalla caduta del muro di Berlino nel 1989, e che noi abbiamo definito periodo di decomposizione. Ma occorre anche considerare che la degradazione sociale che essa induce costituisce a sua volta un motivo di un suo ulteriore aggravamento.

L’Italia è sempre stata un punto di arrivo dei migranti, ma negli ultimi due anni il fenomeno è diventato particolarmente importante, raggiungendo la cifra record di 181.436 sbarchi nel 2016 (dati del Viminale) e, secondo i dati dell’Agenzia ONU per i Rifugiati UNHCR, tra il 1 gennaio e il 31 maggio del 2017 sono già sbarcate 60.309 persone, corrispondenti a una crescita del 26% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso.

I migranti che arrivano in Italia vengono soprattutto dall’Africa, da paesi che o sono molto poveri, o vivono un’instabilità politica e sociale permanente (con tutto il carico di violenza che questo implica). All’inizio l’Italia era soprattutto un paese di passaggio per i migranti; solo una piccola parte di essi vi restava (il 6% nel 2012), ma con la chiusura delle frontiere (da parte di Francia, Austria e Svizzera) il numero di migranti costretti a restare in Italia è destinato ad aumentare in maniera significativa (nel settembre 2016, dei 160.000 migranti che dovevano essere trasferiti dalla Grecia e dall’Italia verso altri paesi europei, solo 5.000 lo sono stati effettivamente).

E’ evidente che questa brusca accelerazione ha creato problemi nel dispositivo di accoglienza (e di ridistribuzione) dei migranti, così come nella percezione del fenomeno da parte della popolazione.

2. L’atteggiamento della borghesia

Se in generale l’atteggiamento della borghesia italiana è sempre stato «morbido» verso l’arrivo dei migranti, questo atteggiamento è comunque differente in funzione della composizione del governo in carica: di destra o di sinistra.

Nei periodi in cui c’era la destra al potere (governi Berlusconi), il governo poteva permettersi un atteggiamento più «duro» nella gestione degli arrivi. In particolare, la legge Bossi-Fini prevedeva una politica di «respingimenti», soprattutto dei migranti «economici». Ma in realtà questa politica era molto di facciata, visto che i migranti continuavano ad arrivare senza che ci fosse una vera azione decisa di respingimento (bisogna anche ricordare che l’ultimo governo Berlusconi ci fu nel 2011, quando il fenomeno era ancora contenuto).

Con i governi di centro-sinistra (Letta e Renzi) la politica è cambiata in un atteggiamento più «aperto» verso l’accoglienza dei migranti, con anche l’organizzazione del pattugliamento del sud del Mediterraneo (messo su con la motivazione “ufficiale” di ridurre il numero di morti in mare).

Per quanto riguarda le forze che sono all’opposizione: Forza Italia attualmente tende a non esporsi troppo, anche se, come detto prima, quando era al governo sosteneva una politica di respingimento, ma mai veramente applicata; l’M5S anche su questo mantiene un atteggiamento opportunista che cambia continuamente, secondo le convenienze: per esempio il sindaco di Roma Raggi, che all’inizio del suo mandato proponeva delle misure di integrazione, di recente ha affermato di voler meno immigrati a Roma, e gli stessi deputati del M5S hanno cambiato la loro precedente posizione, più disponibile all’accoglienza, facendosi promotori di una proposta di legge per l’espulsione degli immigrati «irregolari»[2].

Resta la Lega che, come tutti i partiti populisti di destra, incita all’odio e alla xenofobia contro i migranti, in buona compagnia dell’altro partito di destra, Fratelli d’Italia.

Come spiegare questo atteggiamento apparentemente «morbido» verso l’immigrazione?

Ci sono diverse ragioni che possono essere alla base di questa politica:

  • Ragioni storiche: l’Italia è sempre stato un paese di emigranti (in particolare all’inizio del 20° secolo e durante il periodo successivo alla seconda guerra mondiale, ma ancora oggi: nel 2015, 107.000 italiani, secondo i dati ufficiali, più del doppio secondo altri calcoli, sono emigrati. Tra questi, il 38% sono giovani e tra questi giovani la grande maggioranza ha un diploma se non anche una laurea e un dottorato, quindi persone che non possono considerare gli immigrati come dei concorrenti per un posto di lavoro); questo rende più spontanea l'identificazione della popolazione con gli immigrati e quindi più difficile per la borghesia attivare delle politiche più dure;
  • Ragioni culturali: l'influenza della Chiesa cattolica e in particolare la presenza del Vaticano. Nella religione cattolica l'accoglienza è l'atteggiamento del «buon cristiano»: mettere in atto una politica più aggressiva verso i migranti potrebbe costare caro in termini elettorali, soprattutto in presenza di un Papa, come quello attuale, che cerca di salvare l'influenza della Chiesa cattolica puntando sulle questioni sociali più che su quelle religiose;
  • Difficoltà a contrastare gli arrivi: poiché i migranti arrivano dal mare è molto più difficile impedire il loro arrivo;
  • Necessità di avere un certo numero di arrivi per contrastare l'invecchiamento della popolazione: anche se l'Italia ha una forte disoccupazione (e quindi nell'immediato non ha un bisogno di mano d'opera come, per esempio, la Germania), il fatto di avere un basso tasso di natalità nella popolazione italiana rende utile la presenza di un certo numero di giovani coppie più disponibili a concepire bambini (qui è il futuro che è in gioco);
  • Avere della mano d’opera a basso prezzo: nei fatti, tra i migranti che restano in Italia, la parte che s’integra in un lavoro regolare è minoritaria rispetto a quella che è utilizzata in maniera irregolare e quindi mal pagata. L'esempio maggiore è costituito dai migranti che lavorano in agricoltura, che vengono pagati in nero a 20-30 euro al giorno e senza alcuna copertura assistenziale;
  • Il fatto che i migranti che sbarcano in Italia vorrebbero andare in altri paesi dell'Europa ha permesso alla borghesia italiana il «lusso» di presentarsi come «accogliente» (almeno fino a quando gli altri paesi non hanno chiuso le frontiere).

Ciò detto, bisogna subito aggiungere che questo volto accogliente è molto ipocrita: nei fatti, se non c'è una politica di rigetto dei migranti, non c'è neanche una vera politica d’integrazione. Sostanzialmente, si fanno arrivare i migranti sperando che essi continuino la loro odissea verso altri paesi, altrimenti vengono tenuti in vere e proprie galere e in condizioni che spesso sono peggiori di quelle delle prigioni stesse. Nei fatti i «centri di accoglienza» dei migranti sono spesso un affare per i diversi gruppi di clientele dei partiti politici. Se è vero che la permanenza dei migranti in Italia è un costo per lo Stato, bisogna anche dire che questi soldi servono a foraggiare questi veri e propri gruppi mafiosi, disarmati (e non)[3].

3. L’atteggiamento della popolazione

In generale la popolazione ha sempre spontaneamente mostrato un atteggiamento disponibile verso i migranti. Prima che il fenomeno della migrazione diventasse più consistente, era normale vedere sulle spiagge italiane passare degli africani che cercavano di vendere merce di diverso tipo (accendini, radioline, prodotti dell'artigianato africano, ecc.), o degli indiani (o pachistani) che vendevano bigiotteria artigianale; e anche nelle grandi città si avevano situazioni simili, con immigrati che esponevano la loro mercanzia sui marciapiedi. Di fronte a questa invasione (spesso rumorosa, ma anche gioiosa), l'atteggiamento delle persone era di simpatia, di accettazione della loro presenza; a volte si verificavano delle brevi conversazioni per meglio conoscere questi migranti (da dove vieni, come vivi, ecc.) e, soprattutto si metteva in piedi il gioco di mercanteggiare sul prezzo dei prodotti. A volte la simpatia era tale che se la polizia cercava di arrestare gli immigrati (o di impedire di vendere la loro povera mercanzia sequestrandola) le persone di passaggio intervenivano per difendere gli immigrati e permettere loro di scappare.

Anche quando gli sbarchi sono cominciati a diventare di massa, si è vista una tendenza spontanea della popolazione locale ad accogliere i migranti, dare loro da mangiare, da vestirsi, trovare loro un rifugio. L’isola di Lampedusa (uno dei luoghi privilegiati di sbarco per la sua vicinanza all'Africa) è diventata famosa per aver mantenuto questo atteggiamento per anni, con la popolazione che ha accolto un numero di migranti ben superiore al numero di abitanti dell'isola.

Evidentemente, quello di cui parliamo, è la manifestazione di una solidarietà umana e non di solidarietà di classe. La prima spinge ad aiutare perché si vede un essere umano in difficoltà, perché ci si riconosce in lui (empatia); la seconda viene dal riconoscimento dell’altro come un fratello di classe, che soffre per le stesse ragioni per cui soffri tu. La prima è un atto individuale, indirizzato ad altri in quanto individui, la seconda è un atto collettivo che si indirizza a quelli che sono i tuoi potenziali compagni di lotta. La prima è un atto che si ferma là, che non va al di là del conforto momentaneo dell’altro; la seconda è portatrice di un avanzamento nella lotta di classe, la sola che può risolvere per sempre i problemi degli sfruttati e degli esclusi[4].

Purtroppo oggi la solidarietà di classe fatica a manifestarsi. Se gli immigrati integrati in imprese regolari partecipano alle lotte, quando ci sono, in quanto compagni di lavoro, è più difficile per i lavoratori vedere nelle masse di immigrati in arrivo sulle coste italiane dei potenziali alleati e, quando sorgono manifestazioni di immigrati che protestano per ottenere miglioramenti alla loro situazione, non ci sono esempi (o sono molto rari) di lotte comuni che uniscano lavoratori italiani ed immigrati, foss'anche per rivendicazioni immediate. E’ il risultato della debolezza attuale della lotta di classe, che rende difficile l'unificazione delle lotte, e più ancora una riflessione sulle cause comuni dei problemi dei lavoratori indigeni e dei rifugiati.

In più bisogna aggiungere che oggi la situazione tende a cambiare in peggio:

  • Innanzitutto lo Stato ha cominciato a cercare di controllare gli arrivi dall’inizio; il pattugliamento del Mediterraneo significa che i migranti sono presi direttamente dalle forze dell'ordine borghesi e spostati nei differenti centri di accoglienza. Quindi essi sono immediatamente separati dagli abitanti locali, il che impedisce anche le manifestazioni di solidarietà spontanea. E in queste ultime settimane il governo italiano ha dato un’ulteriore stretta alla sua politica con l’accordo stipulato tra Italia, Francia e Germania che prevede che le navi di soccorso non possano superare le acque territoriali libiche e che tutte le organizzazioni non governative (ONG) che si dedicano al recupero dei profughi, per poterlo fare, debbano garantire tutta un serie di formalità su cui prima si soprassedeva. Inoltre, di fronte alla mancanza di collaborazione degli altri paesi europei, il governo Gentiloni ha anche minacciato di impedire gli sbarchi nei porti italiani alle navi delle ONG che raccolgono i migranti nel Mediterraneo. Tutto questo significa una stretta sull’immigrazione che non è ancora chiaro se derivi da una mossa tattica (spremere più fondi all’Europa) o dal fatto che non si riesce a gestire più la situazione. In ogni caso, va sottolineato il cinismo estremo della borghesia: per evitare di esprimere esplicitamente un inizio di disimpegno su questo piano, si creano le condizioni per rendere più difficile il soccorso ai migranti. Così, se i migranti moriranno ancora più numerosi a mare, è perché … manca un bollo alle ONG!
  • I migranti che sono accolti nei Cara passano il loro tempo senza fare niente, il che finisce spesso per abbrutirli, e comunque di certo non li fa sentire integrati; quelli che sono prigionieri nei Cie (centri di identificazione e di espulsione) che sono delle vere prigioni, perché i migranti ospitati dovrebbero essere espulsi) cercano di fuggire per darsi alla clandestinità (cadendo spesso nelle mani della malavita che li arruola nei traffici illegali). Per i bambini e i giovani migranti che restano in Italia non è previsto né una formazione scolastica né l'insegnamento di un mestiere; questi giovani e questi bambini in parte finiscono a raccogliere uva ed olive a 15 o 20 euro al giorno, un’altra finisce nella prostituzione, un'altra viene arruolata nei clan mafiosi locali che li usano come massa di manovra (dati riportati dall'Associazione Amici dei bambini), un’altra parte diventano ragazzi di strada e vive di elemosina (parliamo di bambini di 3 e 5 anni. «I bambini che arrivano in Europa per sfuggire alla guerra, alla povertà e alla repressione nel loro Paese, rischiano di essere vittime di tratta, di matrimonio forzato o sfruttamento sessuale ed economico, tra cui la donazione di organi, il traffico di droga e l’accattonaggio. Un numero preoccupante di questi bambini non viene mai ritrovato».[5]
  • La crescita del numero di migranti e la difficoltà crescente, per quelli cui viene riconosciuto il «diritto» di asilo, a spostarsi in altri paesi d'Europa, finisce col fare aumentare il numero di migranti che vivono ai margini della società, come barboni, come mendicanti, aumentando la degradazione sociale che è già uno dei segni caratteristici delle decomposizione.

Tutto questo rende un numero crescente d’immigrati dei «corpi estranei» nel paese, e, di conseguenza, anche la coabitazione e la solidarietà umana diventano sempre più difficili. Oggi, a fianco di manifestazioni di solidarietà che continuano, si cominciano a vedere anche delle manifestazioni di intolleranza verso gli immigrati, soprattutto nelle periferie delle grandi città (cioè là dove anche la vita dei locali è difficile).

Su questa situazione, creata dall'incapacità della borghesia di integrare nei cosiddetti paesi ricchi quelli che essa stessa costringe a fuggire dai propri paesi di origine, si inserisce la propaganda razzista e xenofoba delle forze populiste di destra, in particolare la Lega. Questo partito arriva ad organizzare delle manifestazioni contro gli immigrati, e lo fa in maniera subdola, cioè mettendo il dito sulle difficoltà degli italiani poveri che lo Stato «trascura per occuparsi dei migranti». «Prima gli italiani» è lo slogan con cui essa nasconde il suo razzismo e con il quale cerca di mettere i proletari indigeni contro gli immigrati.

L’impatto di queste campagne è ancora ridotto, ma in futuro esso non potrà che aggravarsi. L’unica alternativa è un risveglio della lotta e soprattutto della coscienza di classe.

Helios

 


[1] Il proletariato: una classe di migranti.

[2] Se non stessimo parlando di una tragedia, ci sarebbe di che sorridere: espulsione per gli «irregolari», ma chi stabilisce chi è «irregolare»? Gli stessi legislatori che poi vogliono espellerli!

[3] Vedi i recenti arresti di ndranghetisti in Calabria che controllavano il Centro di Accoglienza Richiedenti Asilo di Crotone, uno dei più grandi d’Europa, www.repubblica.it/cronaca/2017/05/15/news/_ndrangheta_smantellata_la_cosa_arena_68_fermi-165476854/

[4] Questa differenza ha una dimensione squisitamente politica. Va forse anche chiarita la differenza fra la solidarietà umana di cui abbiamo parlato e la «carità cristiana». La carità cristiana è qualcosa che viene dall'esterno dell’individuo: si fa la carità perché la Chiesa dice che in questa maniera si è un buon cristiano, perché si guadagnano delle indulgenze. La solidarietà di cui stiamo parlando è viceversa qualcosa che viene dall'interno dell'individuo, che è il frutto dell'empatia (e non di un imperativo categorico che viene dall'esterno), qualche cosa che fa parte della morale umana.

[5] Delphine Moralis, segretario generale di Missing Children Europe, l’organizzazione che ormai da anni si occupa soprattutto dei minori stranieri che arrivano senza genitori e in molti casi spariscono nel nulla. www.iodonna.it/attualita/in-primo-piano/2016/03/23/che-fine-fanno-i-piccoli-immigrati/?refresh_ce-cp.

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Rivoluzione Internazionale n°181